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Big Hollywood e le Avanguardie. Quello che la Grande Guerra significò per il Cinema

Introduzione alla Storia del Cinema: Gli anni Dieci e Venti in Europa

Storia del cinema

Nello scorso appuntamento abbiamo parlato del pre-cinema, citando influenti nomi come quello di Edison, Muybridge e Reynaud per poi finalmente giungere alla nascita della settima arte e ai primi passi mossi da essa, attraverso una veloce e didascalica esplorazione dell’operato dei Fratelli Lumière, e dell’eccentrico e geniale Georges Méliès, fino a nominare Griffith, accennandone solo appena l’importanza fondamentale che ebbe per la storia del cinema internazionale. In questa occasione, vorrei imbastire un percorso analogo, giungere a parlare della potentissima diva “Miss.Holly Wood” solo dopo averne accennato il pre- , dunque le condizioni che ne permisero l’ascesa internazionale nel mercato cinematografico. Non ci limiteremo a questo però, è mio desiderio infatti farvi conoscere sopratutto l’eccelsa reazione che l’Europa seppe attuare in risposta a quelle stesse disgraziate condizioni, attraverso le sperimentazioni e le avanguardie. E’ dunque giunto il momento di chiedervi di armarvi di pazienza ed interesse, non saranno pochi i concetti che affronteremo e i nomi che si incontreranno in questo approfondimento, ma vi assicuro che sarà la bellezza della Storia a ricompensarvi quanto meritate.

Europa – prima metà degli anni Dieci.

Artisti di differente provenienza si influenzano vicendevolmente e uno stimolante clima di concorrenza fa sì che sorgano novità tecniche e stilistiche che adottate in un Paese vengono presto assimilate dagli altri. L’Italia trionfa all’estero con i film appartenenti al filone storico-mitologico, che si conferma come genere per eccellenza del cinema nostrano. Tra i titoli principali ricordiamo Quo Vadis? di Enrico Guazzoni (1913) e Cabiria di Giovanni Pastrone (1914). Uno spettacolo colossale e grandioso quest’ultimo, nel quale avventura e passione si intrecciano alle maglie di un passato glorioso e solenne, il cui racconto e la cui rappresentazione è tesa a valorizzare un patrimonio culturale e paesaggistico italiano, con lo scopo di promuovere e favorire il sentimento identitario e patriottico in un periodo caratterizzato proprio dalla ridefinizione degli equilibri di potere degli stati europei. La pittura e la letteratura internazionale di fine Ottocento avevano dimostrato un nuovo e grandioso interesse per la romanità, evidenziando ancora una volta il potere e la risonanza della giovane industria culturale, capace di influenza il cinema e i gusti del pubblico. Non è quindi un caso che sia il nome di Gabriele D’Annunzio a sostituire intenzionalmente quello di Pastrone come autore di Cabiria, nonostante il poeta si fosse limitato alla composizione delle didascalie. Un secondo genere fortunato sviluppatesi in Italia in quel periodo fu il Cinema in Frack.

Se il filone storico-mitologico aveva portato all’adulazione del personaggio del “Forzuto”, come il Maciste interpretato da Bertolomeo Pagano (il quale ebbe tanto successo in Cabiria da arrivare ad ottenere una lunga serie di film basati sul suo personaggio), il secondo genere citato portò presto in auge la così detta “Diva”, attrice elegante e dal talento istrionico. A contendersi il titolo nel nostro paese in quel periodo erano le celeberrime rivali Lyda Borelli e Francesca Bertini.

Contemporaneamente in Francia, la Gaumont aumentò la produzione al contrario della Pathé che nel 1913 decise di limitarla enormemente per concentrarsi sulla distribuzione e sull’esercizio, settori di gran lunga meno rischiosi e più redditizi. Ad avere molto successo in Francia in quel periodo furono i Serial, caratterizzati da una particolare struttura ad episodi i quali terminavano sempre in un momento culminante dell’azione, spesso con i personaggi principali a rischio della propria vita, i così detti: cliffhangers, espedienti tutt’oggi fortemente utilizzati nella serialità che stimolano la curiosità dello spettatore inducendolo a tornare a vedere i successivi episodi. Nonostante il successo dei Serial, la scelta della Pathé si rivelò con il tempo decisamente infruttuosa, fu così che nel 1919 si trovò letteralmente schiacciata dalle grandi compagnie che producevano lungometraggi.

Seconda metà degli anni Dieci – Hollywood conquista il Mondo.

Sarà la Grande Guerra a favorire il dominio Americano nel mercato cinematografico internazionale, strappando ai paesi europei la manodopera e le fabbriche, quindi il personale cinematografico, ora impegnato al fronte, gli stabilimenti (come quello della Pathè, per esempio) ora costretti a produrre munizioni, e i teatri di posa adesso adibiti a caserme. Come è semplice intuirlo, la produzione cinematografica nei paesi europei coinvolti nella Prima guerra mondiale cessò quasi totalmente. Zero produzione non era sinonimo però di zero pubblico e zero domanda. Affatto. Venuta infatti a mancare la produzione locale, furono moltissimi i paesi che si rivolsero all’industria hollywoodiana per l’acquisto di film da distribuire in patria. Così fu che l’America riuscì ad accaparrarsi in breve tempo l’intero mercato, e grazie a questo, elevatissimi guadagni, che fecero accrescere rapidamente i capitali, quindi i budget, i quali resero spettacolari ed ineguagliabili (dal punto di vista dei set, dei costumi, delle illuminazioni..) i loro film. Seppure in Europa si continuò a produrre qualche opera, queste godevano di budget di gran lunga inferiori che le rendevano meno appetibili al pubblico. Competere alla pari con Hollywood diventò presto impossibile. I suoi Divi erano idolatrati in tutto il mondo, ed i registi non mancavano di apportare al cinema fondamentali innovazioni tecniche (stile di ripresa, costruzione della narrazione, montaggio). Il più famoso dell’epoca fu il già citato David. W. Griffith. Fra le sue opere, le due che è obbligatorio vedere e conoscere sono La nascita di una nazione (1915) e Intolerance (1916). I due principali e più amati generi del cinema americano erano la Slapstick comedy (Charlie Chaplin, Harold Lloyd, Fatty Arbuckle, Buster Keaton) ed il Western, i cui principali interpreti del tempo furono William S. Hart e Tom Mix.

Anni Venti – Francia e Germania divengono culle di Avanguardie.

Il dopoguerra ritrasse una Francia afflitta da una forte crisi economico-produttiva che non poté che coinvolgere anche il Cinema. Nonostante alcuni generi come il Serial o il Comico (Max Linder dopo essere stato ingaggiato in America tornò in patria e riottiene favorevole consenso di pubblico) continuassero ad avere un certo successo, le case di produzione francesi erano disposte a promuovere e finanziare sperimentazioni per assecondare il motivato desiderio di trovare un valido concorrente al cinema hollywoodiano. A beneficiare di questa drammatica situazione economica fu proprio il neonato movimento degli Impressionisti, una nuova generazione di autori che tra il 1918 ed il 1923 cercò di esplorare le possibilità del cinema come forma d’arte. I punti cardine della loro ideologia erano la fascinazione per la bellezza pittorica dell’immagine e l’indagine psicologica dei personaggi. A sostegno ed esplicazione della loro poetica ci furono saggi e manifesti, che furono necessari per promuovere la visione collettiva e comune del movimento. La tesi che sosteneva e muoveva le loro opere era la necessità di creare un’esperienza emotiva per lo spettatore: evocare e suggerire invece di mostrare esplicitamente. Impressionare.

Le attrezzature a disposizione di questi nuovi cineasti erano però “obsolete”, le case di produzione “povere” se paragonate a quelle americane, i budget “irrisori” al confronto di quelli hollywoodiani, e mentre i registi americani sperimentavano le possibilità offerte dall’illuminazione artificiale, i cineasti francesi lavoravano con la luce naturale. Anche gli studi, i teatri di posa, e di conseguenza i set erano ben differenti. Non disponendo di grandi spazi circostanti agli studi, i francesi (in parte anche per ottenere un maggiore realismo) si servirono spesse volte per le loro ambientazioni di antichi palazzi, vecchi edifici e castelli, o semplicemente di paesaggi naturali. Tra i principali esponenti ricordiamo Jean Epstein, Germaine Dulac ed Abel Gance.

Sempre in Francia si svilupparono negli anni Venti altre due avanguardie cinematografiche: il Surrealismo ed il Dadaismo, nato nel mondo dell’Arte nella Zurigo del 1915 come risposta allo smarrimento e alla perdita di senso provocati dal conflitto mondiale. I dadaisti erano affascinati dal collage e dalle composizioni bizzarre. La loro volontà era spazzare via i valori tradizionali, e sostituirli con una visione del mondo all’insegna dell’assurdo. Tra i principali film dadaisti ricordiamo Entr’acte di René Clair (1924) che il pittore e scrittore francese Francis Picabia descrisse così: <<Entr’acte non crede in molte cose, se non forse nel piacere della vita; crede nel piacere dell’invenzione e non rispetta nulla, oltre al desiderio di scoppiare a ridere>> (Cit. in Rudolf E. Kuenzli, Dada and Surrealist film, p. 5.). Altri due importanti titoli sono Anémic cinéma di Marcel Duchamp (1926) e Fantasmi del mattino del tedesco Hans Richter (1928), il primo mostrava dei dischi circolari fatti roteare, ed il secondo, degli oggetti che si ribellavano al loro normale funzionamento, come tazze frantumate che si ricomponevano o cappelli che prendevano vita e si mettevano a volare, tutto ciò facendo scorrere la pellicola al contrario. Ad influenzare fortemente il Surrealismo furono invece le recenti scoperte nei riguardi della Psicoanalisi. Gli artisti appartenenti a questa avanguardia attribuirono alle possibilità dell’inconscio maggiore importanza, cercando di tradurre in immagini il linguaggio incoerente dei sogni, abbandonando completamente il pensiero conscio e razionale. Di certo il film simbolo del Surrealismo cinematografico fu Un chien andalou di Luis Buñuel (1929), realizzato con la fondamentale collaborazione del pittore Salvador Dalí. Con questo film i due artisti vollero immergere lo spettatore in un’atmosfera onirica, (pare infatti che il regista si fosse basato sui sogni fatti da entrambi), in cui il desiderio erotico riveste un ruolo fondamentale. Un’opera questa, intessuta di situazioni che si succedono secondo una logica propria più del linguaggio poetico che del modello tradizionale di racconto cinematografico. I personaggi (senza nome e identità) fluttuano in un tempo e in uno spazio non ben definiti. L’anno successivo Luis Buñuel diresse un’opera talmente provocatoria che fece ovviamente scandalo al punto tale da essere proibita per decenni: L’âge d’or.

Inquadrabile fra le avanguardie artistiche che negli anni Venti svilupparono un tentacolo nel fronte cinematografico, è l’Espressionismo, manifestatosi in Germania (pittura e teatro) nei primi del ‘900 rappresentando una convinta reazione al realismo, facendo largo uso di ampie campionature di colori luminosi non realistici contornati di nero, distorsioni estreme, figure allungate e spesso grottesche. I suoli inclinati e gli edifici incurvati tipici della pittura espressionista risultavano piuttosto complessi da ottenere nelle scene di un film girate in esterni, per questo motivo si faceva largo utilizzo di ricostruzioni in studio. Tra i principali titoli del movimento ricordiamo Il Gabinetto del dottor Caligari di Robert Wiene, Nosferatu il vampiro di Friedrich Wilhelm Murnau, Golem di Wagener e Boese, I Nibelunghi, Metropolis e Il dottor Mabuse, di Friz Lang.

Sempre in Germania, parallelamente all’Espressionismo, si andava affermando il Kammerspielfilm, che prendeva il nome da un teatro da camera aperto dal regista Max Reinhardt. Questo genere cinematografico prevedeva atmosfere intimiste, pochi personaggi la cui psicologia era il vero centro focale dell’opera. Le storie erano ambientane nel presente, e coprivano un tempo relativamente breve in cui questi intensi drammi emotivi, dalle atmosfere claustrofobiche e le conclusioni drammatiche venivano sviscerati.

Quando l’Espressionismo ebbe fine, lasciò il posto alla tendenza della Nuova Oggettività, vicina al realismo e tesa all’analisi sociale. Caratteristica principale dei film appartenenti a questa corrente era l’utilizzo di un’ambientazione urbana e come protagonisti, personaggi borghesi che per una serie di vicissitudini si ritrovano a vivere immersi nell’ambiente poco rassicurante della strada, e qui hanno modo di conoscerne gli abitanti più miseri: prostitute, ladri, truffatori. Il regista più celebre fu Georg W. Pabst.

Impressionismo ed Espressionismo: Le principali differenze di Stile.

Secondo gli Impressionisti, il cinema vantava la capacità di introdurre lo spettatore ad una visione della realtà altra dalla quotidiana esperienza. <<Ogni cosa esistente nel mondo vive un’altra esistenza sullo schermo>> scriveva Kirsanov, per spiegare il concetto di Photogénie, ovvero quella qualità che distingueva l’immagine filmica dall’oggetto originale. I film impressionisti ponevano l’accento sulla soggettività dei personaggi, spesso tramite immagini mentali, come allucinazioni, sogni o ricordi, suggeriti tramite effetti ottici che modificavano la visione dell’immagine. Molto utilizzate anche le tecniche della sovraimpressione, del flashback e del ralenti. L’obbiettivo primario dell’Espressionismo tedesco invece, era quello di esprimere le emozioni più vere e profonde, scavando al di sotto della superficie del reale. Questi film ricorrevano a storie molto spesso ambientate nel passato e ricche di elementi di fantasia e di orrore, ma anche esotici. Il gabinetto del dottor Caligari diretto da Robert Wiene, si dimostrerà infatti un’opera cardine per lo sviluppo e l’evoluzione del cinema fantastico e horror. Ambientato in un futuro distopico è invece Metropolis, mentre Il dottor Mabuse, sempre di Fritz Lang, è ambientato nel presente, e pone in essere una satira sulla decadenza della società tedesca contemporanea.

Di notevole importanza per gli Impressionisti, era il Ritmo, che sorgeva dalla contrapposizione tra i movimenti e le inquadrature, e tra la lunghezza di quest’ultime. Il ritmo rendeva il cinema più vicino alla musica che a qualsiasi altra arte. Dopo le sperimentazioni effettuate con La rosa sulle rotaie di Abel Gance, e Cuore infedele di Jean Epstein, il montaggio veloce divenne un vero e proprio marchio di fabbrica del movimento impressionista. Il montaggio nei film Espressionisti, appariva invece molto semplice, avvalendosi di soluzioni tradizionali come il campo/controcampo e il montaggio alternato. Ad essere particolarmente curata nell’Espressionismo, era la recitazione degli attori, fatta di gesti ampi, espressioni grottesche, posture incredibilmente esagerate, ciò che di più lontano poteva esserci dal gesto quotidiano; compreso il trucco pensatissimo che andava a sottolineare ed accrescere lo stile allucinato del film. Gli attori si muovevano a scatti, compiendo gesti improvvisi. Tutte le componenti dell’immagine filmica dovevano apparire obbligatoriamente antinaturalistiche. Le emozioni di personaggi erano espresse in maniera estrema, e i loro corpi non erano altro che elementi visivi, importanti tanto quanto la scenografia (abitazioni ogivali, scalinate incurvate ed irregolari, eccesso di decorazioni), sfruttata come fosse a sua volta un organismo vivente. Molti degli ambienti e degli oggetti erano dipinti direttamente su tela, in modo da accrescere la sensazione di bidimensionalità tipica della pittura espressionista. Nella maggior parte dei casi si sfruttava un tipo di illuminazione artificiale, proveniente da fonti laterali o frontali per meglio sottolineare le relazioni tra le figure ed il decòr. Frequente l’uso di giustapporre forme simmetriche o distorte, ma simili all’interno della stessa inquadratura. Anche per gli Impressionisti era di fondamentale importanza la componente scenografica, e proprio per questo motivo, non era raro che i registi chiamassero a collaborare alle scenografie famosi architetti o artisti. Molto frequente era l’uso del decòr modernista e delle ambientazioni reali. L’illuminazione degli oggetti era spesso valorizzata da filtri o elementi trasparenti.

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