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“Casermoni al porto di Senigallia, altra deriva culturale, politica e amministrativa”

"Anche stavolta i nostri timori si sono avverati"

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Scrivevamo due anni fa che i vecchi edifici dell’ex Italcementi lungo il lato nord della darsena antica in sobrio stile novecentesco, alcuni poi degradati nel tempo, conservavano allo spazio circostante il suo sapore di antico approdo di mare e costituivano l’ultima testimonianza del porto storico.
 

Perché – ci chiedevamo- abbatterli e trasformarli e non invece restaurarli, valorizzandoli anche a fini turistici per quello che rappresentavano? Magari realizzando un ampliamento della cubatura sullo spazio retrostante e non sul lato est?
Esprimevamo, come già in altri casi, i nostri dubbi sulla parola “riqualificazione”, parola magica usata per gli interventi sul costruito storico, che dovrebbe significare miglioramento, ma che in sostanza serve solo ad abbellire una operazione di pura edilizia speculativa, in cui il miglioramento architettonico ed estetico difficilmente viene raggiunto. Ma riqualificare può anche significare conservare e restaurare per valorizzare le potenzialità, in questo caso di quello che restava della parte abitativa dell’antico porto cittadino, conservandone l’architettura di contesto per destinarla a funzioni connesse con forme varie di potenziamento dell’offerta turistica e commerciale. 
Ma così non è stato e i nostri timori si sono avverati.Dall’operazione di “riqualificazione” sono usciti due palazzoni informi più simili a caserme, che ad un ridente complesso residenziale vicino al mare. L’architettura è sempre in qualche modo cosa pubblica! Di consegua ogni architetto, ma anche e soprattutto ogni Amministrazione Pubblica, hanno la responsabilità di quello che lasciano; le facciate degli edifici riguardano tutti e anche le dimensioni, i materiali, i colori ecc.. Il nocciolo della questione quindi è che si è perso nella ricerca del solo profitto il dovere civile del decoro pubblico da offrire alla comunità in cambio del permesso di usufruire di uno spazio pubblico per proprie finalità, trasformandone per lungo tempo l’immagine  
E quindi non sorprende che in questo, come in altri casi, non sia mai possibile – o meglio non si voglia- trovare soluzioni di architettura e non di sola edilizia in aree importantissime del nostro tessuto urbano. Il danno a nostro avviso è fatto e resterà lì per molti decenni. Diversa la realtà nell’area del tanto contestato – da chi? – Piano Cervellati, dove viene rispettata la tipologia architettonica postclassica e primo-novecentesca a vantaggio della conservazione del decoro e della identità urbanistica. Il che dimostra che c’è “buon governo” solo quando ci sono “buone leggi”, come notava il nostro Machiavelli. Lasciando da parte altre considerazioni, tra cui quelle importantissime sulle opere di urbanizzazioni pubbliche connesse al massiccio intervento (quali?), non resta che concludere che siamo nel pieno di una pessima deriva culturale, politica ed amministrativa.
 
Prof. Virginio Villani
Italia Nostra Senigallia
Pubblicato Lunedì 22 settembre, 2025 
alle ore 12:45
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