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Senigallia: “Alberto Zavatti, un vero figlio del popolo”

"Come sindaco per la cultura (e non solo) ha fatto più lui, che tanti laureati, insegnanti..."- Intervista a Marco Severini, che ha scritto un libro sull'ex sindaco

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Lunedì 26 maggio, alle ore 18.00, presso l’Auditorium S. Rocco è stato presentato il libro di Marco Severini “Il figlio del popolo Alberto Zavatti”(1797 edizioni) in occasione di un’iniziativa organizzata dall’Anpi locale, dall’Associazione di Storia Contemporanea e dal Circolo Gramsci cittadino, iniziativa che incrocia due anniversari:
 

l’80° della prima investitura a sindaco del sarto senigalliese, protagonista della ricostruzione postbellica e il 110° della sua nascita. 
 
Intervenuti Mabel Morri, Fulvia Principi e l’autore del libro. 
Sono trascorsi 16 anni dalla pubblicazione del volume che ha consegnato alle generazioni del ventunesimo secolo una figura impegnata, sobria, così diversa dai tempi attuali: i maldestri tentativi di riprenderlo e imitarlo non sono andati a buon fine così, sfruttando nuove acquisizioni archivistiche e documentarie il professor Marco Severini (Università di Macerata) ha tratteggiato una nuova caratterizzazione del personaggio. 
 
Gli abbiamo chiesto in anteprima alcune domande:
Perché un nuovo libro su Zavatti?
Innanzitutto, non mi risulta siano più disponibili copie del volume collettaneo del 2009, che recava l’introduzione del professor Giovanni Sabbatucci, insigne storico della Sapienza di Roma scomparso lo scorso dicembre, un volume che mantiene tuttora la sua validità scientifica, anche se dovendolo scrivere oggi lo imposterei in maniera diversa.
In che senso?
In quel volume sono stati coinvolti storici professionisti, studiosi seri, e qualcun altro di cui avrei fatto (e farei oggi) volentieri a meno: la storia è una disciplina rigorosa, non s’improvvisa, non si acquisisce il metodo della ricerca, della narrazione e dell’interpretazione facendo un po’ di tuttologia o qualche lettura in pubblico. Anche il rapporto con la scrittura è una cosa importante per gli storici: c’è chi sa scrivere e chi invece no, eppure scrive lo stesso – legittimamente –, per i motivi più disparati. 
La previsione di Andy Warhol sui quindici minuti di notorietà si è rivelata azzeccata, ma ha dilatato a livello esponenziale il desiderio inesausto di essere presenti, di venir ritratti in una foto, di segnalarsi (oggi soprattutto sui social), di catturare il favore e le lusinghe altrui.
L’esatto contrario di quello che è stato Alberto Zavatti, un uomo che ha sofferto molto nell’infanzia e nell’adolescenza, ha conquistato con sacrifici e impegno la sua dimensione professionale e si è gettato nella scelta comunista e partigiana per contribuire a costruire un’Italia diversa da quella autoritaria e fascista. 
E, soprattutto, è rimasto immune dalle logiche del carrierismo e del personalismo che attraggono in maniera spasmodica. 
Per rialzarsi da un ventennio dittatoriale e dai disastri di una guerra mondiale, Senigallia aveva bisogno di una persona austera e determinata, anche priva di esperienza amministrativa, purché decisa a calarsi pienamente nel mandato di primo cittadino: quando nel 1964 questa esperienza finì, Zavatti venne eletto nel Consiglio provinciale,ma percepiva che la sua carriera politico-amministrativa era conclusa; una testimonianza riportata nel libro suggerisce che avrebbe potuto essere deputato a furor di popolo, cosa di per sé possibile, ma che Zavatti, a mio avviso, non avrebbe accettato; non amava i palazzi del potere centrale, oggetto di numerosi suoi viaggi e di non minori istanze solo ed esclusivamente nell’interesse della collettività. 
C’è un’intervista a Zavatti del 1963, riportata nell’ultima parte del libro, che si apre con alcune espressioni che fanno capire appieno l’uomo-Zavatti.
Che tipo di sindaco è stato?
Un “figlio del popolo”, amato dalla cittadinanza senza se e senza ma, inimitabile. Il suo girare per la città alle prime ore dell’alba per verificare che i dipendenti comunali entrassero in orario (la puntualità era una sua mania), per strappare i ciuffi d’erba fuoriuscenti dal selciato cittadino, la sua costanteattenzione per i ceti disagiati e più umili e per i bambini non ha più trovato riscontro nei numeri: nel 1952 il 23% del bilancio del Comune di Senigallia era riservato a queste categorie. Inoltre, scorrendo il lungo elenco dei sindaci di Senigallia, ha fatto di più per la cultura cittadina Alberto Zavatti, che prese la licenza all’Avviamento (più o meno corrispondente all’attuale licenza di scuola media) a 40 anni suonati (nell’unico frangente di pausa della sua guida cittadina), che tanti altri laureati, uomini di cultura,insegnanti e professionisti.
Ci spoilera altro?
No. Posso dire che mi ha profondamente colpito il fatto che glistudiosi locali si siano recentemente interessati di diversi aspetti, come i ponti, ma non di quel 1945-46 che ha costituito una svolta significativa, una profonda cesura nella storia senigalliese: allora, c’era uno spirito unitario che non si è più ritrovato nella vicenda cittadina così come in quella nazionale. 
Prima o poi torneremo ad avvertire l’esigenza di un nuovo spirito costituente. 
 
Dagli Organizzatori
 
Redazione Senigallia Notizie
Pubblicato Mercoledì 28 maggio, 2025 
alle ore 10:17
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