Assoluzioni nel processo sul crack Banca Marche, il punto di Corrado Canafoglia
"Gli azionisti sono arrabbiati e delusi che dopo tutti questi anni la verità non sia stata accertata"

La Corte d’appello penale di Ancona ha assolto i vertici di Banca Marche, tra cui il direttore generale Massimo Bianconi, dai reati di bancarotta, false comunicazioni in bilancio e false informazioni contenute nel prospetto dell’aumento di capitale sociale 2012 di Banca Marche.
Il Crack Banca Marche ha coinvolto 44.000 azionisti, ha dissolto 8 miliardi € del valore stimato della banca per consegnarlo oggi nelle mani di Intesa San Paolo al costo di 0,33 €, ma soprattutto ha causato la chiusura di tante aziende marchigiane alle quali hanno chiuso i conti correnti nel periodo della crisi della Banca, senza considerare che oggi i marchigiani, imprenditori e privati, non hanno più una banca del territorio di medie dimensioni con la conseguente difficoltà d’accesso al credito.
Ripercorriamo alcuni passi importanti della vicenda:
- – Banca Marche e Medioleasing da agosto 2013 venivano commissariate da Bankitalia con l’obiettivo di salvarle, invece dopo 2 anni di commissariamento venivano messe in liquidazione coatta amministrativa e poi nel 2016 dichiarate in stato di insolvenza dal Tribunale di Ancona.
- – In tale contesto entra il decreto “Salva Banche” firmato dall’allora premier Renzi (Decreto Legislativo n. 180 del 16.11.2015), che introduceva novità giuridiche sconosciute all’ordinamento italiano ed in particolare la procedura del bail in, che prevedeva l’attività di risoluzione delle banche in crisi e nel novembre 2015 per la 1° volta nel panorama nazionale si applicava a Banca Marche, Banca Etruria, Cariferrara e Carichieti.
Il Decreto prevede l’intervento di Bankitalia, che attua un piano di risoluzione dei debiti, coprendo però con il segreto di ufficiotutta l’attività dei commissari nominati Banca d’Italia.
Quindi veniva azzerato il valore delle azioni di 44.000 risparmiatori e la banca veniva divisa in Good bank, che comprendeva gli attivi (proprietà immobiliari, rapporti creditizi in essere con la clientela, depositi) e veniva ceduta ad UBI per 0.33 €, poi confluita in San Paolo Intesa e Bad bank, che cura la liquidazione della Banca, senza però nulla riconoscere ad azionisti o creditori quale indennizzo o risarcimento.
Quello di Banca Marche (e Banca Etruria, Cariferrara, Carichieti) è un caso unico in Italia ed in Europa, posto che dopo, anche dopo le proteste dei risparmiatori e nell’ottica di recuperare la fiducia nel mercato, gli interventi di risoluzione sulle banche in crisi (es. Banca popolare di Bari) hanno previsto ristori per gli azionisti, ma soprattutto le banche sono rimaste in vita.
In questo periodo dopo una lunga trattativa con il Ministero dell’Economia e Finanze, insieme ad altri rappresentanti dei risparmiatori truffati su scala nazionale, abbiamo ottenuto la costituzione del Fondo Indennizzo Risparmiatori, con cui si è dato ristoro del 40% agli azionisti e sino al 95% agli obbligazionisti subordinati riportando nelle Marche circa 300 milioni di €.
Con il fondo indennizzo risparmiatori gli azionisti potrebbe riferirsi soddisfatti, ma ciò che è emerso nel processo penale del primo grado fa arrabbiare gli azionisti, oggi determinati a non fermarsi.
La rabbia degli azionisti sta nel fatto che non è possibile che dopo 9 anni di indagini e di processi non è stato dato un volto a chi ha distrutto la banca.
Non bisogna dimenticare che il processo penale a Bianconi & co. riguarda finanziamenti erogati per circa 400 milioni €, mentre il buco finale di Banca Marche ammonta ad oltre € 2,4 miliardi maturati durante il commissariamento voluto da Bankitalia.
Gli stessi commissari nominati da Bankitalia, Terrinoni e Feliziani, nel processo penale hanno riferito che durante il commissariamento non sussisteva lo stato di insolvenza della banca.
Peraltro durante il commissariamento Bankitalia concede a Banca Marche un prestito E.L.A. per € 4 miliardi, prestito che può essere concesso solo se vi è momentanea situazione di liquidità e non quando la banca si trova in stato di insolvenza in base all’art. 123 del Trattato di Lisbona.
Se la Banca fosse stato in stato di insolvenza Bankitalia non lo avrebbe concesso.
Questi sono solo alcuni elementi emersi durante l’istruttoria dibattimentale del processo penale che ha visto l’assoluzione di Bianconi e di altri imputati, elementi che non possono essere lasciati privi di indagini soprattutto per capire chi ha portato via un patrimonio così importante per il nostro territorio rimanendo nell’ombra.
Gli azionisti sono arrabbiati e delusi che dopo tutti questi anni la verità non sia stata accertata in una sentenza di un tribunale.
Tuttavia non hanno intenzione di mollare la presa ed intendono procedere in sede penale e civile per accertare che cosa sia accaduto durante la gestione commissariale.
Chiaramente dopo aver letto le motivazioni della sentenza della corte di appello di Ancona, che con tutta sincerità c’aspettavamo e non ci ha sorpreso dati gli elementi emersi durante l’istruttoria
Avv. Corrado Canafoglia – Unione Nazionale Consumatori e legale di 2500 parti civili
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