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Senigallia, Arvultùra: “Ricostruiamo l’Emilia dal Basso”

Iniziativa di solidarietà a sostegno dei caseifici colpiti dal sisma del 20 e 29 maggio 2012

Raccolta ordini parmigiano reggiano terremotati Arvultura

In questi ultimi anni ci hanno abituato, o stanno lentamente cercando di farlo, allo stato d’emergenza. Già quello che per etimologia è un evento che ricorre improvvisamente e quindi anche in maniera straordinaria, è diventato all’ordine del giorno delle cronache nazionali e locali.

E’ proprio “l’ordinaria straordinarietà” dell’evento che lo rende sempre più spesso un vero e proprio “cavallo di troia”, uno stato d’eccezione o meglio d’interregno, dove tutti gli assetti politici, decisionali e di partecipazione vengono completamente sospesi e sostituiti dalla lobby speculatrice dell’emergenza.

Seduta a capotavola della grande abbuffata sta la Protezione Civile, assieme ai costruttori “amici”, agli investitori “amici”, ai politici conniventi e a quanti hanno un interesse economico nella non-risoluzione dello stato d’emergenza. Le calamità – tutte – ma nello specifico il terremoto, diventano quindi un lauto piatto nel quale arricchirsi e abbuffarsi creando un’economia di mercato precisa, speculatrice e bieca che nulla ha a che vedere con la solidarietà.

Con questo non ci riferiamo assolutamente alle migliaia di volontari, uomini e donne che donano il loro tempo e le loro competenze in aiuto delle popolazioni colpite dalle calamità; piuttosto ai Bertolaso di turno che sostituendosi ai governi locali instaurano il sistema mafiosotutta emergenza – niente partecipazione“.
All’interno di tale stato d’emergenza la lobby della ricostruzione ha tutto concesso; gestisce gli appalti e la ricostruzione e quindi l’economia di quei territori. Inoltre stabilisce l’andamento dell’ assistenza primaria, l’aspetto sociale e partecipativo della popolazione. Nel sostituirsi completamente alla sovranità popolare di chi abita nei territori colpiti, la lobby non solo gestisce l’immediato ma programma e ricostruisce un futuro a sua immagine e somiglianza, dove anche l’assetto urbanistico altro non è che l’espressione di una società piramidale, specchio dell’economia capitalistica che ci vuole consumatore e non produttore, isolato e non centrale, marginale alle decisioni e non al centro del processo decisionale.

Pensiamo alle New Town dell’Aquila e all’immagine aberrante di chi addirittura alle 3.32 rideva di una disgrazia che per sempre, anche se ci auguriamo di no, cambiava il volto, le condizioni sociali e le vite dei cittadini abruzzesi. Ricordiamo con molta rabbia i racconti che all’indomani del terremoto aquilano ci fecero gli abitanti delle tendopoli; divieto di assemblea e di volantinaggio nei campi, l’ingresso controllato con un vero e proprio checkpoint “militare”, zone interdette e un assetto bellico degno di una zona di guerra.

Con l’Aquila ancora negli occhi e la sua ricostruzione mafiosa in mente, in seguito al sisma che ha colpito l’Emilia abbiamo iniziato subito a ragionare su come e quale potesse essere l’aiuto più coerente e più concreto da poter portare, diffidando dalle raccolte fondi tramite degli SMS, concerti giganteschi e fondazioni bancarie. Abbiamo inserito questo ragionamento all’interno della sperimentazione sulla Filiera Corta, perché abbiamo ritenuto che questo potesse essere un meccanismo capace di scardinare l’impianto “Bertolaso” alla radice, proponendo un modello economico e di relazione sociale completamente antitetico.

E’ una relazione diretta che si instaura tra il consumatore e il produttore, che li porta fuori dalla mera dinamica alienante del mercato globale e li “costringe” a conoscersi, a stimarsi e fidarsi reciprocamente mettendo a pari importanza gli “interessi” di entrambi. Credere in questa relazione significa affermare l’esistenza di un’altra economia, nuova (anche se le esperienze dei gruppi di acquisto solidale esistono già da decine di anni), sana, libera da una mera logica di profitto per il profitto e solidale.

Per questo dal 1 al 10 di giugno abbiamo avviato la raccolta delle prenotazioni per il parmigiano terremotato, registrando un enorme successo, e in soli 10 giorni siamo arrivati a 3000 kg per un valore di circa 33 mila euro. Abbiamo scelto accuratamente le due cooperative-caseifico con le quali relazionarsi; il primo della zona di Campegine (RE) Latteria Sociale Lora e l’altro Caseificio Sociale 4 Madonne di Lesignana di Modena (MO). Con loro abbiamo parlato ripetutamente, siamo stati sul posto di persona, instaurando una relazione al di là della mera contingenza del parmigiano. Ci siamo fatti raccontare le loro storie che ci hanno permesso di capire molto ma ancora più importante abbiamo trovato la conferma che cercavamo rispetto alla scelta dell’acquisto collettivo. I caseifici stanno ripartendo, questo grazie all’aiuto di moltissimi che stanno acquistando il parmigiano; questo ha permesso di avere a disposizione liquidità necessaria per poter affrontare immediatamente parte dei lavori di ripristino dei magazzini di stagionatura danneggiati dalle scosse.

Quello che sembrava impossibile si sta realizzando, come per noi poteva essere inimmaginabile donare 33.000 mila euro per i terremotati, invece l’unione di quasi 2000 famiglie che hanno voluto credere in questo progetto ci riporta ad un risultato unico. Siamo lo spazio Autogestito Arvultùra, il Mezza Canaja e il Collettivo studentesco, siamo la parte di questo paese che da anni si è messa in cammino per cambiare il futuro, siamo l’alternativa, unica e possibile e questa crisi. Questa è la nostra differenza.

Questa la capacità di mettersi in discussione e di portare un cambiamento costruttivo; che non sia momentaneo o “emergenziale” ma che sia reale e dignitoso. Collaborare con chi con forza e coraggio cerca di ricostruire il proprio futuro mantenendo la propria dignità di lavoratore e cittadino, è per noi essenziale. Difendere la propria terra dalla speculazione il nostro primo pensiero, che si tratti di quella post sisma o di quella affetta dell’urgenza della grande velocità. Riconoscere e difendere con le unghie ed i denti quel Bene Comune che la crisi ci vuole negare. In questo caso, la nostra capacità di essere solidali.

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