Dalla Terra al Magico: rito e cibi del solstizio d’estate
Nella notte di San Giovanni tra streghe e sprovengoli
Lo spunto di questo incontro parte dalla ricorrenza di San Giovanni, data immediatamente successiva al solstizio d’estate, tradizionalmente reputato un momento magico dell’anno. Una credenza secolare, ovunque radicata in Italia, perpetuava con rituali e superstizioni differenti la convinzione che in questa nevralgica fase solstiziale dell’anno le streghe o altre creature malefiche erano solite darsi convegno nella notte tra il 23 ed il 24 giugno. L’antica trattatistica sulla stregoneria ed anche il sapere popolare conveniva che queste donne oscure dotate di poteri demoniaci si dessero appuntamento attorno ad un antichissimo albero di noce nei pressi di Benevento. Ed esattamente con i frutti di questi alberi stregati, colti ancora verdi e madidi di rugiada nella notte di San Giovanni, si preparava il nocino, liquore considerato terapeutico, o anche il vino "nociato" e "nocellato". La tradizione marchigiana in questa notte di passaggio, carica di arcane presenze inquietanti, immaginava la figura di un folletto, talvolta maligno ma anche più bonariamente dispettoso, nominato "sprevengolo" (o anche "sprovincolo" o "sprovengolo". Vestito di un cappello rosso e calzate con scarpine guarda caso a guscio di noce, si presentava specialmente quando si aveva mangiato troppo, ed infatti spesso è quasi sinonimo di indigestione.
Contro le creature malefiche di questa notte magica il sapere popolare suggeriva un po’ ovunque l’impiego dell’aglio, ed un proverbio contadino suggerisce infatti "Per san Giovanni si sveglion le cipolle e gli agli". Molte altre erbe si raccolgono nella notte della vigilia di San Giovanni, con la convinzione che abbiano particolari poteri benefici e terapeutici grazie all’intercessione salvifica del santo: con queste "misticanze" raccolte si preparava un’acqua "magica", da impiegare per abluzioni reputate assolutamente rigeneranti e curative. Ogni località codifica di volta in volta differenti specie vegetali selvatiche con la medesima denominazione botanica volgare di "erbe di San Giovanni": a queste piantine la farmacopea popolare attribuiva pertanto un carattere purificatorio e prodigioso di panacea universale. Del resto durante tutto l’anno, con la complicità dell’ambiguo sapere popolare (spesso in bilico tra farmacologia applicata e pratiche magiche di matrice appunto vagamente stregonesca), molte di queste erbe venivano spesso anche aggiunte al pane: determinate foglie tritate, ma anche bacche, semi, radici si sposavano spesso alle pagnotte, facendo così nascere un cibo stuzzicante nel sapore, terapeutico negli effetti, propiziatorio nelle speranze più segretamente riposte (e spesso in grado di saziare molto di più, specialmente quando nei tempi di carestia si aggiungeva all’impasto "di fortuna" quelle erbe che intorpidivano i sensi e lenivano la fame più divorante). Era il classico "pane selvaggio", di cui scrisse l’italianista e storico Piero Camporesi. Sempre riguardo alle erbe "magiche" di San Giovanni, un’altra usanza contadina ricorrente consisteva nel raccogliere la rugiada stillata in questa notte dei miracoli, che veniva poi aspersa sul corpo con la convinzione che facesse crescere i capelli, favorisse la fecondità, curasse la pelle ed allontanasse le malattie. Una diffusa credenza nelle campagne attribuiva pertanto alla data di San Giovanni particolari proprietà soprannaturali, come anche divinatorie. Ad esempio in questa notte le giovani in età da marito erano solite predisporre alcune erbe o altri cibi per potervi compiere alcune pratiche misteriose, e potervi così leggere ed interpretare segni più o meno leggibili sulle possibilità (concrete o meno) di sposarsi entro l’anno. Ma non solo le questioni amorose andavano indagate in questi oracoli della natura: le condizioni climatiche registrabili nella giornata di San Giovanni erano più o meno propiziatorie per l’imminente annata di raccolti, e ad esempio un proverbio veneto sentenzia: "la note de san Zuane destina mosto, sposalizi, gran e pane". Per favorire le messi un’altra tradizione suggeriva di accendere i falò nei campi; del resto sono ormai maturi i campi di spighe e con esse i tempi per la mietitura e la successiva trebbiatura, ed infatti un antico proverbio maceratese raccomanda "San Gioanno", pija la farge e veni spundanno".
Di questi tempi di inizio estate le feste delle pratiche agrarie del raccolto del grano (autentici rituali campestri) celebrano appunto idealmente i frutti delle messi e delle farine, ossia la pasta ed il pane (ed anche i dolci) che trovano largo spazio nei pranzi e nelle merende delle "opere". Pietanze caratteristiche invece della ricorrenza di San Giovanni sono le lumache, il cui consumo in questi giorni onora antiche tradizioni di carattere ugualmente salvifico e propiziatorio, dovute alle suggestioni simboliche associate a questo animale.
L’incontro è alle ore 18,00 del 23 giugno 2005 al "Museo delle Terre Marchigiane" dopo la visita agli antichi oggetti della cultura rurale presenti nella Collezione Straccini si inviteranno i partecipanti ad una passeggiata con guida per la rituale raccolta delle noci verdi, e per conoscere così anche le erbe della flora tipica marchigiana, che la tradizione fa ricorrere nelle pratiche magiche di questa giornata. Al termine (19,30 circa), si cercherà di rievocare l’antica atmosfera della veglia della Natività di Giovanni Battista: presso la piazzetta antistante la Basilica ed avrà inizio una libera discussione sul tema della giornata. Tommaso Lucchetti, farà da moderatore ed esporrà il suo breve intervento sui cibi caratteristici di questo momento dell’anno con le loro caratterizzazioni magiche e simbologiche, ed anche sulle tradizioni alimentari legate a questa ricorrenza che nelle Marche come in tutta Italia vanno inevitabilmente ad incontrarsi anche con i sontuosi piatti delle feste della mietitura, la prima delle grande "opere" che inaugura il forsennato ciclo dei raccolti e dei lavori estivi nei campi. Contributi alla discussione saranno forniti da Fabio Filippetti, autore tra le altre pubblicazioni anche della "Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità delle Marche"; Valeria Miniati, Docente di Storia delle Tradizioni Popolari all’Università di Urbino, Luigi Speranzini storico e studioso locale nonché autore di diverse pubblicazioni. Gli interventi avranno come argomento le tradizioni popolari marchigiane ed illustreranno le superstizioni e le credenze magiche di San Giovanni, soffermandosi in particolare sulla figura fiabesca e leggendaria dello "sprovengolo".
La chiusura dell’appuntamento sarà affidata, tra i caratteristici fuochi accesi, alla cena dedicata alle pietanze legate alla festa di San Giovanni nelle tradizioni marchigiane e nazionali, curata da Massimo Biagiali del ristorante "Il giardino" di San Lorenzo in Campo.
Musica e balli tradizionali per chi vorrà ci accompagneranno nella notte più magica dell’anno in cui tutto può accadere…forse anche di vedere uno sprovengolo.

























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