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Mozione in Consiglio, Massimo Bello risponde ad Attilio Casagrande

"Non possiamo riconoscere la Palestina come Stato perché al momento non lo è"

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bandiera palestinese, Palestina
Vorrei tranquillizzare l’amico Attilio Casagrande, a cui mi legano stima e amicizia per aver condiviso con lui almeno dieci anni di impegno consiliare. Egli nelle file di Rifondazione comunista, io in quelle di Alleanza nazionale.
 

Casagrande afferma di avere seguito il dibattito consiliare sulla mozione ma, spero, abbia letto anche i diversi comunicati stampa diramati all’indomani del voto dell’aula sulla mozione, tra l’altro ritirata dai proponenti e presentata come risoluzione, che si discuterà nella prossima seduta di aula del Consiglio, calendarizzata per il 28 agosto. Casagrande ha saputo dribblare il merito dell’argomento, soffermandosi genericamente sui soliti “luoghi comuni” di una certa sinistra, fortemente ideologizzata e depositaria della verità assoluta.
 
Secondo Casagrande, le istituzioni non devono essere sempre rispettate, non sono sacre, intoccabili e inviolabili, e oltraggiarle è del tutto lecito perché nella cosiddetta “critica politica” tutto è consentito. In altre occasioni, a parti invertite, sarebbe stato lo stesso Casagrande ad affermare l’esatto opposto! Delle due, l’una: o le istituzioni necessitano sempre di rispetto, oppure ben venga anche la critica politica insultante! Al contrario di Casagrande, io credo che qualsivoglia assemblea elettiva meriti rispetto e che l’esercizio del diritto alla critica non può eccedere quei limiti imposti dal buon senso, dall’educazione, dal rigore istituzionale e dall’ordinamento.
 
Casagrande trova strano che io mi appelli ai regolamenti e alle leggi. Aristotele scriveva che “lo Stato di diritto nasce da un sogno, un sogno antico quanto il pensiero politico; il sogno che a governare siano le leggi, non gli uomini; è preferibile, senza dubbio, che governi la legge, più che un qualunque cittadino e, secondo questo stesso ragionamento, anche se è meglio che governino alcuni, costoro bisogna costituirli guardiani delle leggi e subordinati alle leggi (Politica, III, 16, 1287a). E quando presiedi un organo di governo, qual è appunto il Consiglio comunale, ma vale anche per qualsiasi assemblea elettiva, la norma diventa fondamentale nella gestione di una seduta di aula. E il rispetto per quella istituzione non può prescindere dalla legge.
 
Comunque, tornando al merito della questione, Casagrande afferma che “i consiglieri hanno dimostrato un preoccupante livello di disinformazione ed impreparazione nei confronti della vicenda palestinese”. 
 
Allora, colgo l’occasione per dirgli che nessuno è contrario a riconoscere lo Stato di Palestina, ma prima di riconoscere un’entità statuale come tale sarebbe bene che vi sia uno Stato di Palestina. Altrimenti, è improbabile che la comunità internazionale possa riconoscerlo come tale, secondo il dettame del diritto internazionale generale. E, in questo, l’amico Casagrande, appare fuori luogo, quando afferma il contrario, dimostrando un approccio del tutto ideologico alla questione israelo-palestinese. “Riconoscere” qualcosa che ancora non esiste, significa non aiutare la nascita dello Stato di Palestina, ma soltanto mistificare e strumentalizzare un tema così delicato, complesso e carico di implicazioni geopolitiche.
 
“Riconoscere” uno Stato non è un atto ideologico. È un atto giuridico e politico estremamente serio, che richiede conoscenze diplomatiche, valutazioni strategiche e un equilibrio che nel dibattito consiliare e fuori dalla seduta, francamente, è mancato. Ciò non significa non parlarne, ma farlo con cognizione di causa. Il “riconoscimento” non crea lo Stato perché il riconoscimento non è un “prerequisito” per l’esistenza dello Stato stesso. Per essere Stato l’entità deve avere effettiva capacità di esercitare il potere sul proprio territorio e sulla propria popolazione. Il” riconoscimento” non è un atto costitutivo dello Stato, il quale può esistere se possiede alcuni requisiti fondamentali, secondo il diritto costituzionale: un territorio definito, una popolazione permanente, un ordinamento statuale e una organizzazione di governo effettiva e indipendente.
 
Chiedere, quindi, il riconoscimento di uno Stato, che ancora non c’è, rappresenta soltanto una risposta ideologica ad una questione che, invece, richiede equilibrio, onestà intellettuale, conoscenza del diritto e responsabilità. Altrimenti, si corre il rischio, in questo modo del tutto approssimativo e ideologico, di semplificare e di polarizzare ulteriormente la discussione.
 
Oggi la Palestina, purtroppo, non è uno Stato unitario, né nei fatti né nel diritto. Oggi, la Palestina ha due “governi” separati: l’uno in Cisgiordania sotto il controllo dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP); l’altro sulla Striscia di Gaza nelle mani di Hamas (organizzazione terroristica). Quindi, siamo di fronte a due territori separati, con due “autorità”. E, allora, chiedo all’amico Casagrande quale “Stato” vorrebbe riconoscere? Quello che non garantisce lo stato di diritto, che perseguita i cristiani, che educa alla violenza e all’odio, anche contro Israele, oppure quello che è definito un mero organismo di governo transitorio? Perché è questa la riflessione che tutti noi dobbiamo avere il coraggio di fare, senza dimenticare ovviamente l’orrenda e spropositata reazione, altrettanto esecrabile, del governo israeliano di Benjamin Netanyahu all’attacco terroristico di Hamas a Israele del 7 ottobre 2023.
 
Infine, Caro Casagrande, mi piacerebbe vedere la tua stessa enfasi per gli oltre cinquantasei conflitti esistenti al mondo, che da tempo insanguinano territori, massacrano popolazioni inermi, calpestano i diritti umani e provocano morti, fame e disperazione!
 
Massimo Bello
Presidente del Consiglio Comunale di Senigallia
Massimo Bello
Pubblicato Venerdì 8 agosto, 2025 
alle ore 9:21
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