Un violino nella vita di tutti i giorni
Nel cuore delle Marche, la storia esemplare di un giovane musicista che sogna in grande. Foto e testo di Simone Luchetti

Jacopo è arrivato in studio con suo padre. Era venuto per un servizio fotografico: un ritratto con il suo violino, nulla più. Dal principio era serio ma attento, già assorto in un rapporto con lo strumento che sembrava andare oltre l’età. Con le prime riprese, avevamo già ottenuto ciò che ci serviva. Il lavoro, tecnicamente, era finito.
Eppure gli ho chiesto di suonare qualcosa, con la scusa di riprenderlo all’opera. La verità è che volevo ascoltarlo. Solo questo.
Mentre cominciava a suonare, però, ho percepito qualcosa di diverso. Non solo nella musica, ma nel modo in cui si preparava, nella cura con cui sistemava la posizione, nel silenzio che lasciava scendere tra un pensiero e l’altro. Così ho iniziato a fargli qualche domanda. Volevo conoscerlo meglio. Ne è uscita un’intervista non prevista, perché quel modo così intenso, e insieme leggero, di stare nel suo gesto mi aveva colpito.
E Jacopo ha cominciato a parlare. Di sé, della musica, dei suoi sogni. Lo ha fatto con parole chiare, con una maturità che non cerca di sembrare adulta. E a quel punto ho capito che quella storia meritava di essere raccontata. Perché dentro di sé ha tanto: la forza tranquilla della passione, la disciplina che non pesa, la voglia di crescere restando ragazzo.
Tutto è iniziato in quinta elementare. L’interesse è nato quasi per caso, ma la passione vera è esplosa dopo qualche mese. Un crescendo alimentato dall’ascolto di concerti dal vivo e dalla voglia di rivedere quei musicisti su YouTube, di capirli, di imitarli. “Ho sentito che doveva far parte della mia vita”, dice. E non è un modo di dire.
Oggi, in appena due anni, affiancato e seguito dal maestro Simone Grizi, ha raggiunto un livello che molti impiegano ben più tempo a costruire. Studia il Concerto in La minore di Bach, si misura con Paganini e Mendelssohn, ma non se ne vanta. Parla di questi brani come di sfide che fanno crescere. Racconta come Bach fosse all’inizio “un pezzo più avanti di me”, e di come lo abbia fatto suo in pochi mesi. “Anche se sapevo benissimo che non era facile”, aggiunge con quel tono asciutto di chi non cerca approvazione, ma senso.
La giornata è divisa tra scuola e musica. Due o tre ore di studio quotidiano, senza lamentarsi: “Se vuoi diventare qualcuno, anche se è difficile, devi impegnarti tanto. E io voglio diventarlo”. Lo dice con realismo, non con presunzione. E sottolinea: anche a scuola va bene. Il suo equilibrio è fatto di rigore e gioco, fatica e passione. Quando manca la motivazione, inventa variazioni, cambia prospettiva, trasforma l’esercizio in gioco. “Scale, arpeggi… diventa tutto un gioco”, ripete, come se fosse un segreto semplice.
Nel suo racconto c’è spazio anche per gli amici, per la normalità. “I miei compagni trovano bello che suoni, ma hanno interessi diversi. Quando suono davanti a ragazzi come me, se li conosco, sono tranquillo. Se non li conosco, do ancora di più”. È chiaro che non si sente né distante né speciale. Frequenta la scuola media “Marchetti” di Senigallia, nel corso musicale, dove si è esibito più volte. Quest’anno è salito sul palco anche con l’Orchestra Giovanile Marchigiana ARCUS, e ha vinto il primo premio come solista al Concorso Musicale Europeo “Città di Sirolo”.
Ma resta un ragazzo. Quando smette di studiare, fantastica. Pensa a cosa gli direbbe il violino se potesse parlare. “Forse mi darebbe voglia di suonare ancora… ogni violino ha un’anima diversa, forse vuole esprimere qualcosa lui stesso”. Il suo strumento è una riproduzione di uno Stradivari, costruita dalla liutaia Anita Russo di Cremona. Non gli ha dato un nome: “Per me è solo uno strumento. Ma ci credo, e me ne prendo cura”.
Alla domanda più difficile, quella che tocca il cuore della musica, risponde senza esitazioni. “Sì, mi è capitato di esprimere con il violino qualcosa che non riuscivo a dire con le parole. Anche il mio carattere, quello che mi piace, quello che sento”. E lo dice con un pudore che vale più di mille spiegazioni.
Il sogno? Fare il concertista. Non per essere il migliore del mondo, ma per essere conosciuto e apprezzato. “Mi piacerebbe suonare con qualcuno che ammiro…”. Intanto, continua a studiare per vocazione, non per obbligo. Perché, come dice lui stesso, “il modo in cui si fanno le cose fa la differenza. Anche più del risultato”.
E alla fine, se un amico volesse iniziare a suonare il violino? Niente frasi fatte. “Gli chiederei perché lo vuole fare. E poi gli direi di cercare un insegnante che lo capisca davvero”.
Foto e testo di Simone Luchetti






























The Marche is very dear to me. My father was born in Monteporzio, and many of my cousins live in Corinaldo, Senigallia and other areas in Italy.
Very inspiring! Bravo, Jacopo!
Con affetto grande a tutti! Veronica Polverart (Los Angles-California-US
Le Marche mi sono molto care. Mio padre è nato a Monteporzio e molti dei miei cugini vivono a Corinaldo, Senigallia e in altre zone d'Italia.
Molto stimolante! Bravo, Jacob!
Con affetto a tutti! Veronica Polverart (Los Angeles, California, Stati Uniti)
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