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Da Diritti al Futuro le riflessioni che portano a dire 5 NO ai referendum sulla giustizia

"Abrogare in questo modo porta a snaturare il principio delle leggi stesse. Rischio di ricadute gravi anche sulla nostra città"

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Referendum sulla giustizia del 12 giugno 2022 - Fac simile schede

Condividiamo con i cittadini che ci seguono alcune libere riflessioni sulla tornata referendaria del 12 giugno 2022.

Siamo molto delusi che il quesito sull’Eutanasia Legale “Liberi fino alla fine”, al quale abbiamo contribuito direttamente con la raccolta di firme e, che rappresenta “materia viva”, vicina al sentire comune trasversale, passaggio indispensabile di civiltà e dignità della persona, sia stato dichiarato inammissibile dalla Consulta lo scorso febbraio.

Riguardo i 5 quesiti per cui siamo chiamati a esprimere il nostro parere, tutti conveniamo che la giustizia italiana vada senz’altro riformata, ma certamente non avverrà con questi referendum e con i partiti che li appoggiano.

Abrogare in questo modo porta a snaturare il principio delle leggi stesse

La nostra Costituzione prevede l’adozione del referendum abrogativo. L’uso corretto di questo strumento è l’abrogazione di leggi che si ritengono sbagliate, non il taglio di parti di leggi, come sta avvenendo stavolta, per ottenere risultati diversi dal principio della legge stessa. Il referendum deve essere abrogativo e non una forma surrettizia e impropria di legiferare. Le riforme, anche le più necessarie, devono essere concepite organicamente, discusse e approvate dai rappresentanti dei cittadini nel Parlamento. Inoltre, se si tratta di argomenti complessi e molto tecnici, c’è il forte rischio che gli elettori si orientino sulla base delle indicazioni dei partiti e non nel merito dei quesiti specifici.

In questo caso l’urgente miglioramento e la velocizzazione della giustizia italiana devono passare dalle aule parlamentari, non dalle forzature referendarie. Secondo noi, è da deprecare la demagogica utilizzazione di referendum distorti in chiave antiparlamentare, che mina alle basi il sistema complesso delle nostre istituzioni. La discussione è antica, ma mai come in questo caso è attuale.

Non si vuole migliorare la giustizia, ma indebolire la magistratura

Il quadro della politica e dell’etica pubblica in Italia è catastrofico. Il fatto che alcune forze politiche abbiano proposto dei referendum non per migliorare la giustizia italiana, ma per indebolire la magistratura, è molto pericoloso. La giustizia italiana, come tutte le burocrazie di questo paese, funziona male. Le cause sono molteplici e occorre che il Parlamento e le forze politiche le affrontino e si impegnino per una rapida e radicale riforma.

L’obiettivo generale è chiaro: aumentare ulteriormente l’impunità, in particolare per i crimini dei potenti che meglio possono avvalersi di interpretazioni capziose e negatrici del diritto. Particolarmente gravi sono l’abolizione della Severino con l’intento di riportare i corrotti in Parlamento e il depotenziamento indiscriminato della custodia cautelare, che aggrava l’insicurezza dei cittadini e non migliora le garanzie di libertà. Il vero problema è quello della eccessiva durata del procedimento (indagini + processo), ma questi referendum non sciolgono (né potrebbero) tale nodo. I referendum su separazione delle funzioni e metodo di votazione del Csm presentano aspetti di grande problematicità. Si tratta di questioni che richiedono soluzioni attente e calibrate votate in Parlamento.

Un referendum che in fondo mira a polarizzare le posizioni

La verità è che anche questi quesiti referendari hanno l’obiettivo non solo simbolico di punire la magistratura. In effetti, si vuole dividere il paese in una truffaldina scomposizione tra sedicenti “garantisti” e cosiddetti “giustizialisti”. La Giustizia deve essere davvero efficiente e uguale per tutti, senza privilegi e impunità.

L’assurdità di questi referendum, sedicenti garantisti, è dovuta poi al fatto che tra i proponenti c’è quel partito che in Italia ha più di tutti lucrato vantaggio elettorale strumentalizzando casi di criminalità; ha trasformato il sangue in consenso, un partito “giustizialista” o “garantista” a seconda di chi sia il presunto colpevole. Se sono immigrati, la condanna è istantanea, non solo senza appello, ma proprio senza processo; se invece i presunti colpevoli sono propri membri o rappresentanti della sua base elettorale ecco diventare improvvisamente e graniticamente garantista.

Rischio di ricadute gravi anche sulla nostra città

La Lega locale si è mostrata molto attiva con i suoi banchetti nell’invitare al voto referendario. Noi vorremmo porre la vostra attenzione su un quesito, il primo, in particolare, l’abolizione del decreto Severino, che, lo ricordiamo, prevede l’incandidabilità, l’ineleggibilità di rappresentanti del governo e di amministratori locali e sindaci in caso di condanne definitive. Aggiungiamo che se passasse il secondo quesito, che cancella alcuni casi in cui è possibile applicare le misure cautelari, ovvero la reiterazione di delitti della stessa specie, sarebbe festa e fiera per corruzione, peculato ecc. La pulce all’orecchio, con la pioggia di danari del PNRR e del PINQUA, mai visti, che riguarderà la nostra città, di cui ancora sappiamo ben poco, nonostante i proclami sulla stampa, ad uso e consumo della cittadinanza che deve restare convinta che qualcosa di buono sono capaci di fare, ci invita a vigilare che non origini crepe in cui si possa insinuare corruzione e criminalità, oltre che dispendio inutile di denaro pubblico.

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