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“Lo ‘Ius Soli’ è un diritto fondamentale”

Ass. S.O.S. Razzismo: "Educare i nostri giovani al valore dell’essere comunità e alla ricchezza della diversità"

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Adam e Ramy, neocittadini italiani

La vicenda di Adam e Ramy, neocittadini italiani, ha riacceso i riflettori mediatici sulla annosa questione dello “ius soli”. Tirate le somme dei favorevoli e dei contrari a concedere la cittadinanza italiana ai due ragazzi, hanno vinto i primi e le forze di governo, in piena campagna elettorale, hanno ceduto al comune sentire. Si è alzata anche la voce di qualche altra forza politica che ha timidamente riaperto il dibattito sulla proposta di legge dello “ius soli”, affondata dal precedente governo; vedremo se il tema rientrerà a pieno titolo nei futuri programmi politici.

Tornando ad Adam e Ramy, rispettivamente di origini marocchina ed egiziana, sono i due dodicenni di una seconda media di Crema che dal 24 marzo si sono ritrovati sulle prime pagine dei giornali, ospiti di varie trasmissioni televisive, al centro di interviste, come protagonisti-eroi di una sventata tragedia su un autobus scolastico.

Questa inquietante vicenda, letta in profondità, apre varie piste di riflessione. Noi, Associazione S.O.S. Razzismo di Senigallia, che lo scorso anno ha sostenuto la proposta di legge per lo “ius soli” giunta alle Camere, cercando di sensibilizzare la cittadinanza e di coinvolgere in particolare le scuole, proponiamo alcune considerazioni in merito a due aspetti della vicenda.

Il primo legato all’evoluzione dei fatti, il secondo di più ampio respiro. Lo “Ius soli” è stato concesso in via del tutto eccezionale a due ragazzi per il loro eroismo. Secondo noi, per come la questione è stata posta, è molto alto il rischio che la cittadinanza possa diventare merce di scambio per chi compie gesti eroici. Lo “ius soli” è un diritto, un diritto fondamentale, premessa indispensabile di ogni dovere, per una cittadinanza libera e consapevole.

L’umanità non ha bisogno di eroi, bensì cittadini responsabili e altruisti! All’eroe si contrappone il male, la forza malvagia dell’uomo, della Natura; questo non è educare all’impegno civile, al profondo senso del dovere, della giustizia, della solidarietà. L’eroismo è la faccia buona della medaglia, che, girata, mostra ingiustizie e violenze di ogni genere. Il reale desiderio di chi è tra noi e attende la cittadinanza è quello di essere considerato parte attiva del tutto, di vivere pienamente il senso di appartenenza a questo popolo, a questa terra, senza alcuna distinzione o privilegio.

Riteniamo piuttosto che, in questa vicenda, andrebbe valorizzato un altro punto rimasto in secondo piano: la capacità di tutti i ragazzi coinvolti di fare squadra. Sfidando la morte, intrappolati in un autobus cosparso di benzina, soli e indifesi, con scaltrezza e coraggio, insieme si sono salvati; e tra loro, i più intrepidi sono stati proprio quelli che noi chiamiamo “stranieri”, quelli che vorremmo tenere fuori dai nostri confini. Ma da soli, molto probabilmente, non sarebbero stati capaci di nulla.

Forse la maggior fatica del vivere li rende più attrezzati a reagire e a difendersi, tanto da richiamare i compagni all’unità per la difesa e per la sopravvivenza. Si sono salvati tutti insieme, senza esclusione di alcun genere, perché loro, nel momento che siedono l’uno accanto all’altro, si sentono uguali, non considerano il colore della pelle, la religione, lo stile di vita: questo è il messaggio forte che dovremmo recepire dalla triste avventura, cogliere la sfida e ridestarci per riprendere in mano la battaglia per lo “ius soli”. Educare i nostri giovani al valore dell’essere comunità, alla ricchezza della diversità, alla bellezza di camminare insieme sostenendosi a vicenda: su questo terreno ci impegniamo a costruire una cittadinanza nuova, che si contrapponga all’individualismo e al sovranismo.

Il secondo aspetto da sottolineare, secondo noi, è che, paradossalmente, per riaprire il dibattito civile e politico sul diritto alla cittadinanza si sia dovuta sfiorare una tragedia. E’ inaccettabile! Siamo stati brutalmente risvegliati sulla questione da ragazzi che, con forza e concretezza, senza alcun giro di parole, ci hanno messo, ancora una volta, davanti alle nostre responsabilità di adulti. Diversi di noi sono docenti e vivono quotidianamente a contatto con questi giovani; non ragioniamo di numeri, di percentuali, ma il nostro pensiero va immediatamente ai nostri alunni, di famiglie migranti, con un volto, un nome, una storia, privi purtroppo di cittadinanza italiana.

Con che spirito leggiamo e spieghiamo loro la Costituzione Italiana, i suoi principi fondamentali, le conseguenze pratiche nella loro vita di dodicenni? E’ molto alto il rischio che tutto ciò diventi terreno fertile per rabbia, indignazione, risentimento… e allora, addio sicurezza! Addio convivenza solidale e pacifica!

La trepidazione che abbiamo provato ascoltando e leggendo una simile notizia deve necessariamente trasformarsi in indignazione e impegno concreto perché “inclusione” non resti solo una parola al vento, una bandiera issata. Tutti gli Adam e Ramy, che ogni mattina entrano nelle nostre scuole, possano essere riconosciuti cittadini italiani, senza attendere l’occasione eroica e senza dimostrare audacia eccezionale. Non perdiamoci ancora una volta nel vuoto delle nostre argomentazioni da dimenticare la realtà, dall’alto, per assurdo, delle nostre esperienze! E’ necessario continuare a lottare per il riconoscimento di un diritto fondamentale e non abbassare la guardia, consapevoli che la strada dell’inclusione non può fare a meno di partire da qui.

da Associazione S.O.S. Razzismo

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