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De Amicis (MSFT) sulle aliquote e sulla situazione locale e nazionale

"Siamo già al sesto anno di recessione non curata"

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All’inizio del mese di dicembre scorso noi della Fiamma Tricolore avevamo già previsto che la decisione da parte dell’Amministrazione di aumentare le aliquote imu, era sbagliata. Per non essere confusi con nessun altro, gentilmente chiedo a tutti i cittadini di Senigallia, con calma, di leggere la delibera n. 57 del 18 luglio 2013 e di osservare i presenti e gli assenti alla votazione stessa, e soprattutto di ricordarsene nel maggio del 2015, anno delle prossime elezioni comunali, proprio per eliminare quelle opposizioni inesistenti, che non aggiungendo nulla al dibattito confermano la propria inutile elezione.

Ma non è questa l’intenzione del mio intervento. Mi rivolgo direttamente al Sindaco Mangialardi quale Presidente Anci della regione Marche che ha ribadito l’insostenibilità della politica fiscale del governo. Anzi sarei contento che in una prossima riunione nazionale dell’Anci, il sindaco di Senigallia si facesse messaggero delle nostre riflessioni.

Nonostante le cure di austerità di Monti, Letta & Compari il debito pubblico italiano è cresciuto dal 119 al 133% del Pil. Come mai? La BCE ha ridotto negli ultimi 12 mesi l’aggregato monetario M3 all’1,4% per mantenere l’inflazione al 2% che si è data come mandato. Cioè che cosa sta accadendo? In poche parole oltre alla sofferenza di milioni di disoccupati (che crescono), il fatto che Paesi indebitati come l’Italia subiscono la deflazione, il loro debito pubblico aumenta invece che diminuire per il cosiddetto effetto denominatore, in quanto il Pil essendo calante, il peso del debito cresce su una base che si riduce.

Ma perchéMonti-Letta-Alfano non si accorgono che ottengono l’effetto contrario di quello che predicano? Perché la disoccupazione di massa, per il pensiero liberale-liberista non rappresenta un problema, ma al contrario è il mezzo scelto per eliminare i differenziali d’inflazione. Mi spiego meglio: con milioni di disoccupati in più, i salari in Italia caleranno fino a trovare il livello di competitività con la Germania, e più in generale a livellare la diversa inflazione che c’è tra i Paesi del nord e quelli del sud Europa, tra cui l’Italia. Un altro modo di descrivere i differenziali d’inflazione è: con l’euro, la Germania opera con una moneta svalutata rispetto al Marco e quindi si avvantaggia (svalutazione competitiva), mentre l’Italia è costretta ad utilizzare una moneta troppo forte rispetto alla Lira e non potendo svalutare deperisce fino all’estinzione. Berlino produce meno inflazione interna perché la sua economia si è sviluppata più sulle esportazioni (di merci e capitali) che non sui consumi interni (che sono quelli che poi generano più inflazione). Dal 2000 ad oggi, in Italia l’inflazione è di 14 punti in più rispetto alla Germania. È come se un chilo di pane che costava allora 1 euro, oggi costasse 1,25 in Germania e 1,39 in Italia. Allora quale soluzione adottare? Creare disoccupazione di massa perché gli stessi per fame accetteranno salari del 30 o 40% inferiori a quelli tedeschi (o anche di più se necessario), 500 euro al mese poniamo e l’inflazione sarà equilibrata in tutta l’area perché in Italia il panettiere se vorrà vendere il pane all’occupato a 500 euro, dovrà far calare i prezzi. Dunque Monti-Letta-Alfano, in accordo con la Germania e la BCE ci costringono a quel che si chiama svalutazione interna: se uno Stato non può svalutare la propria moneta deve svalutare i propri lavoratori e deprezzarli, abbassandone i salari. È la stessa strategia che usò il Cancelliere Bruening nella Germania degli anni ’30: affamare i lavoratori per ottenere il calo dei prezzi.

Perché è sbagliata questa cura? La realtà dovrebbe essere più che evidente: quando il 30 o più per cento della popolazione non trova occupazione per mancanza di domanda di lavoro e la metà della gioventù non trova nemmeno lavoro in nero, si crea quello che ho cercato di spiegare più volte: è la qualità della forza-lavoro che si degrada; le competenze spariscono o emigrano; la desertificazione industriale propaga la desertificazione dei saperi tecnici e i luoghi dove essi si apprendono; si insedia l’incultura industriale e l’ignoranza produttiva dei non studio né lavoro che da noi sono già 3 milioni.

Siamo già al sesto anno di recessione non curata. E quanto dovrebbe durare questa cura sbagliata? Per questo chiedo al Sindaco Mangialardi, in qualità di Presidente Anci delle Marche di iniziare a livello nazionale, con i vertici del PD un dibattito, almeno per denunciare queste ricette liberiste sbagliate che di fatto stanno uccidendo il malato, il popolo italiano.

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