Virginio Villani : “I selciati storici vanno tutelati come un bene culturale”
Italia Nostra Senigallia: "Su via Pisacane esigenza di conciliare stabilità del fondo con conservazione di caratteristiche storiche"

I vecchi selciati in pietra arenaria sono uno degli elementi tipici dei centri storici marchigiani e costituiscono una componente insostituibile della scenografia urbana.
La selciatura era eseguita con conci quadrangolari di grosse dimensioni poggiati su un fondo di sabbia e ghiaia e disposti a spina di pesce con un andamento convesso verso il centro in modo da favorire il deflusso delle acque verso le canalette laterali. La pietra proveniva in genere dalla montagna di Cingoli o dall’entroterra Pesarese.
In alcuni paesi collinari o di montagna sopravvivono poi anche esempi più antichi di pavimentazione, realizzata con ciottoli di pietra o con mattoni in laterizio, una tecnica questa molto usata in passato nei centri minori, fin da quando la mattonatura delle strade avanti le proprie abitazioni era addirittura un obbligo imposto dagli statuti comunali. Attualmente le pavimentazioni in mattoni sono una rarità e sopravvivono solo in qualche centro storico minore, per lo più in piazzette e vicoli pedonalizzati, dove si armonizzano perfettamente con le facciate in laterizio degli edifici.
Molte di queste antiche pavimentazioni sono venute meno sotto l’incalzare dell’asfalto o dei lastricati in cubetti di porfido (i cosiddetti sampietrini), meno costosi e più resistenti, ma molto più anonimi e certamente meno coerenti con il contesto dei centri storici. A questa tecnica si è incominciato a ricorrere, sia per la rarefazione della pietra arenaria locale e delle maestranze capaci di lavorarla, sia soprattutto per i costi minori e per la maggiore resistenza alle sollecitazioni del traffico. Così i cubetti di porfido, disposti a coda di rondine e posati su un fondo di cemento, secondo tecniche, materiali e disegni del tutto estranei alla nostra tradizione, sono diventati spesso una componente del nostro paesaggio urbano storico, alterandone inevitabilmente l’aspetto originario. In un secondo tempo si è ricorsi, almeno nella nostra città, a materiali provenienti da fuori regione o addirittura di importazione, simili nelle dimensioni delle pietre a quelle tradizionali, ma diversi per colore e struttura, tanto che sono soggette a sfaldarsi più facilmente.
Se però la messa in opera di nuovi selciati secondo questa o altre tecniche moderne può trovare una sua giustificazione, soprattutto economica, in strade e piazze fuori del centro storico o non pavimentate in precedenza, assolutamente non accettabili appaiono le tante sostituzioni operate sui vecchi selciati, anche parziali, quando in occasione degli interventi per la posa di cavi e tubature si procede a riparazioni frettolose e sommarie, magari con asfalto o cemento, rinviando sine die il ripristino del selciato originario e finendo così per favorire la dispersione del materiale fino a rendere inevitabili ampi interventi di rifacimento.
I selciati storici dovrebbero rientrare nei manufatti da tutelare allo stesso modo delle architetture, conservandoli integralmente, evitando la dispersione del materiale lapideo e reintegrandolo quando necessario con pezzi la stessa tipologia. Per conservarne l’integrità sarebbe opportuno che fosse estesa anche alla loro tutela la stessa normativa prevista ad esempio per gli intonaci e le coperture dei palazzi storici, con l’obbligo di usare per i rifacimenti ed i restauri un materiale della stessa tipologia: in questo modo tornerebbe anche ad essere conveniente una limitata produzione dei selci di arenaria locale, di cui disporre per le integrazioni. Si tratterebbe di una spesa maggiore, ma comunque contenuta, perché la quantità necessaria per reintegrare il materiale mancante sarebbe modesta. Quanto alla tecnica della posa in opera, il metodo cambia necessariamente a seconda dello spazio da selciare, a seconda cioè che si tratti di aree esclusivamente pedonali o aperte al traffico.
A Senigallia ci sono ampie porzioni di strade, come via Cavallotti o il lungo Misa dalla parte dei portici o parte di via Marzi in piazza Simoncelli, in cui il lastricato, più o meno storico, è stato coperto dall’asfalto; solo la pavimentazione di Porta Mazzini è stata ripristinata recentemente con grande giovamento dell’immagine del monumento. Che dire poi della pavimentazione del Corso, rinnovata circa mezzo secolo fa con i cubetti di porfido (sampietrini), una pavimentazione del tutto incoerente con la tradizione e con il contesto storico. Il problema non è solo la scelta del materiale, ma anche quello delle maestranze qualificate, delle regole dell’appalto e della sorveglianza per la loro applicazione, cosa non avvenuta ad esempio nei lavori di sostituzione del selciato in via Testaferrata una decina di anni fa, dove solo il tratto iniziale fra i portici e piazza Garibaldi presenta un fondo rispettoso della tipologia tradizionale e soprattutto si mantiene stabile a distanza di anni, mentre nel resto del tracciato dopo la piazza la pietra arenaria già dopo pochi mesi il fondo mostrava cedimenti e sconnessioni tuttora evidenti.
Tutto questo discorso in previsione dei lavori di rifacimento del selciato di via Pisacane, annunciati dagli scavi eseguiti per i sottoservizi. E’ un selciato gravemente sconnesso per le sollecitazioni del traffico e quindi è urgente un suo rifacimento. Ma si tratta di una strada destinata a sostenere anche per il futuro il passaggio non solo di auto, ma anche di mezzi più pesanti per il rifornimento delle attività commerciali e quindi si pone l’esigenza di conciliare la stabilità del fondo con la conservazione delle sue caratteristiche storiche. Innanzitutto andrebbe limitata la portata dei mezzi pesanti; poi la progettazione e la conduzione dei lavori dovrebbero avere la cura di adottare tutte le tecniche necessarie a garantire la solidità del fondo stradale senza ricorrere all’impiego di materiale lapideo diverso da quello tradizionale.
Virginio Villani


























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