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L’Esperanto in Ancona

Partecipa al Congresso anche il Vescovo di Senigallia

Si è aperto ieri mattina a Portonovo il 71° Congresso Nazionale di Esperanto.
Il Congresso, che si protrarrà fino domenica 31, prevede un programma intenso e molto interessante dal titolo “Culture di Pace”. Quattro saranno gli incontri che si susseguiranno durante le cinque giornate a cui interverranno anche numerosi ospiti tra cui Giuseppe Orlandoni, Vescovo di Senigallia nonché Presidente della Commissione della Conferenza Episcopale Italiana, Teresa Strada, Presidente di Emergency, Ivo Osibov, Segretario Generale della Associazione Universale Esperanto e Attilio Ascani, volontario in Africa e rappresentante del centro volontari delle Marche. Questi gli ospiti previsti questo pomeriggio sul tema ” Culture di Pace”, domani la parola passerà alle donne sull’argomento: “Donne e Guerra”. Domani pomeriggio si registreranno invece testimonianze su “I deboli e le Guerre” per poi finire sabato mattina con “Economia di Pace” e l’assemblea generale della F.E.I.(Federazione Esperantista Italiana).
Ma molti probabilmente potranno chiedersi come mai ancora l’esperanto? E ancora, i più piccoli, cos’è l’Esperanto?
E’una lingua, una cultura, un modo di sentirsi umani oltre le differenze nazionalistiche, esseri viventi dello stesso pianeta. Nel 1954 la Conferenza Generale dell’UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura) affermava che la lingua universale era mezzo per vincere le ingiustizie: “…poiché le guerre cominciano nella mente degli uomini, devono nella mente cominciare le difese della pace…”.
Nel 1887 il medico polacco L.L.Zamenhof dava vita al progetto di una lingua universale, basata essenzialmente sulle lingue neolatine e germaniche, che accomunasse tutti gli individui indistintamente. In quegli anni la Polonia e il proprio multietnico popolo (vi erano polacchi, russi, tedeschi, ebrei, bielorussi, lituani…) era diviso da continue lotte intestine.
Nasce così l’Esperanto.
Certo, si può obiettare che non è una lingua da sola a disgregare i vari conflitti in atto nel mondo, e infatti tutt’ora sono innumerevoli, ma di sicuro non si può negare il forte valore del dialogo, della parola e della cultura nelle società umane. Ciò che più di ogni altro fenomeno distingue l’uomo dagli animali è la parola, che poi diviene espressione, letteratura, mezzo di comunicazione nonché luogo di autoidentificazione di un popolo e di una nazione. Se poi consideriamo i vari modi di parlare, la comunicazione provoca anche classificazione, divisione e spesso pregiudizi. La lingua internazionale, diversa da ogni lingua esistente, si ripropone di rompere o, meglio, di convertire questo sistema mentale spontaneo che lega l’espressione alla provenienza, alla condizione sociale, al grado di cultura e quindi ad una classificazione degli individui e tenta di concretizzare il sentimento di universalità in un processo quotidiano per ogni uomo: il linguaggio.

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