Skunk Anansie a Senigallia: sotto la luna, rock viscerale tra rabbia, energia, consapevolezza
Un concerto che scuote Piazza Garibaldi: set serrato, classici immortali, brani inediti e una Skin incontenibile tra birra, cori e un messaggio politico potente - Le FOTO di Simone Luchetti

Piazza Garibaldi si accende di luci, birre e aspettative. Sopra la Cattedrale, una luna al tre quarti osserva la folla raccolta già dalle prime ore della sera, come una sentinella di pietra e luce.
L’inizio è previsto per le 21, ma a scaldare l’aria ci pensano i Couchgagzzz, giovane band pugliese dal suono ruvido che mescola punk, garage e sfumature indie. Un live d’apertura sporco e sincero, che conferma la vitalità di una scena alternativa italiana sempre più presente anche su palchi di prestigio.
Gli Skunk Anansie si fanno attendere qualche minuto in più a causa di un problema tecnico alla barriera di sicurezza sotto palco, risolto rapidamente dai tecnici. Poi le luci calano di colpo, un buio denso che inghiotte la piazza mentre il light design tesse un dark mood pulsante per l’incipit. E quando Skin compare, è un’esplosione: entra con la sua energia inconfondibile, la falcata sicura, la pelle nera occasionalmente illuminata da stralci di luce, accolta da un boato liberatorio che scuote ogni centimetro di Piazza Garibaldi.
Parte l’intro di My Greatest Moment, seguita a raffica da Charlie Big Potato, Because of You e An Artist is an Artist, primo singolo del nuovo album The Painful Truth, pubblicato di recente. Sin dai primi brani, il suono è compatto e tirato: la sezione ritmica picchia senza sbavature, la chitarra di Ace graffia con la sua timbrica inconfondibile, mentre la voce di Skin squarcia l’aria con precisione chirurgica.
Il concerto prosegue con I Believed in You, Love Someone Else e God Loves Only You, ma è su Hedonism – il brano che nel 1997 li consacrò al grande pubblico internazionale – che la piazza esplode davvero: Skin lascia che siano le voci dei fan ad aprire il ritornello, creando un momento di commozione collettiva che vibra nell’aria calda.
Dopo Shame, altro estratto dal nuovo album, arriva You’ll Follow Me Down, a seguire Weak, cantata come un inno, e I Can Dream, durante la quale Skin scende tra il pubblico trasformando la piazza in un’unica onda sonora.
Il live corre veloce con Twisted (Everyday Hurts), Animal (inedito recente) e l’energica Yes It’s Fucking Political. In Tear the Place Up, spazio alla chitarra di Ace per un assolo ruvido e diretto, mentre Skin sale sulla pedana del batterista per colpire i tom insieme a Mark Richardson. Il brano sembra chiudersi in un silenzio carico di tensione, ma riparte subito in un crescendo che travolge fino al primo saluto: un semplice “buonanotte” che anticipa i bis.
Dopo qualche minuto di buio e attesa, Skin, Ace, Mark e il bassista Cass Lewis tornano sul palco con una birra in mano. Attaccano Secretly, poi Skin alza il calice verso la folla e grida “Cheers!”, dando il via all’omonimo brano dal nuovo album. Subito dopo esplode Highway to Hell degli AC/DC, tributo che manda il pubblico in delirio.
In chiusura Little Baby Swastikkka e una dedica al popolo palestinese, conclusa con un perentorio: “We are all fucking equal.” L’ultimo brano, Lost and Found, sigilla la serata con la stessa energia incendiaria con cui era iniziata.
La forza degli Skunk Anansie sta nella capacità di coniugare un rock diretto e viscerale con melodie immediate e testi che non hanno paura di prendere posizione. Sin dagli esordi, il loro sound è stato definito clit-rock dalla stessa Skin: un mix di alternative rock, punk e metal, con sfumature soul nella sua voce. Se la sezione ritmica attinge al grunge e al funk metal anni ’90 (si pensi ai primi Red Hot Chili Peppers o ai Rage Against The Machine per l’approccio chitarristico di Ace, seppur meno funk-oriented), la vocalità di Skin ha radici nella black music e nel gospel, riplasmate in una forma graffiante e militante. Un crossover sonoro e identitario che li ha resi, a metà anni Novanta, una delle band britanniche più innovative, capaci di parlare tanto al pubblico rock quanto a chi cercava testi di rivolta e autodeterminazione.
Piazza Garibaldi non registra il sold out, ma l’afflusso è più che buono. Il caldo estivo non soffoca, anzi amplifica l’energia che scorre tra le persone fino all’ultimo applauso, chiudendo un evento che conferma gli Skunk Anansie come una delle band più potenti, autentiche e necessarie del panorama rock internazionale.
Testo e foto di Simone Luchetti



























































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