La droga della ‘ndrangheta dietro i locali notturni
Arrestati il "re della notte", Luigi Alessandroni, ed altre 34 persone.
Il “re della notte” Luigi Alessandroni, all’epoca titolare dell’Uselin de la comare, in manette per droga e per i suoi rapporti con i calabresi.La casa degli Spinelli fatta saltare in aria per una partita di cocaina non pagata.Mafiosi della ‘ndrangheta cammuffati da bancarellari.Due investigatori di Senigallia sospesi per le soffiate al clan. Eppoi: 245 pagine di accuse al mondo del divertimento anconetano, schiavo della polvere bianca e amarissima, trafficanti che diventano imprenditori grazie al vizio della coca che rende possibili affari d’oro nella provincia anconetana.Sono i retroscena della maxi operazione con cui gli uomini della sezione criminalità organizzata della squadra mobile diretta dal commissario Luigi Di Clemente (in collaborazione con le questure di altre quattro città) ha stroncato l’abbraccio mafioso tra Ancona e la famiglia Alvaro che da qualche anno controllava, in esclusiva, il traffico e lo spaccio di cocaina nella nostra zona.Quattro dei cinque fratelli Alvaro (difesi dall’avvocato Francesco Nucera) sono finiti in manette, il quinto è sfuggito alla cattura ma il cerchio attorno a lui si sta stringendo.Locali notturni utilizzati come copertura, luoghi di spaccio, in cui alla cocaina si mescolavano fenomeni di immigrazione clandestina e soprattutto di prostituzione.Ma anche armi e munizioni.Alcuni dati: 35 arresti, un’ottantina di indagati.Uno di questi è finito in manette grazie ad un messaggio mms via cellulare che ha permesso ad un agente di scovarlo in tempo reale a bordo di un treno a Lamezia Terme.Oltre al clan e ai suoi affiliati in carcere sono finiti anche presunti esponenti della malavita locale.Oltre a Luigi Alessandroni, detto “Pigi”, 35 anni di Senigallia, Fabio Cecchetti,39 anni di Ostra, detto “Bin Laden” (perchè difficile da scovare), tuttora recluso nel carcere francese di Nancy per altri reati, la commerciante anconetana Erika Ferini, 37 anni, fermata l’anno scorso perchè trovata in possesso di un notevole quantitativo di armi, oltre a diversi esponenti della famiglia di nomadi Spinelli e Di Rocco.Tre i locali sequestrati dagli inquirenti, due dei quali nel frattempo sono passati di mano, e ancora: atti intimidatori, attentati come quello dinamitardo che qualche mese fa ha distrutto la casa degli Spinelli a Pontelungo.Il loro errore era stato quello di non pagare il “pacco natalizio” sotto forma di 2,5 chili di cocaina fornito loro dai vertici dell’organizzazione criminale.L’operazione (denominata “Pajecu” che in dialetto calabrese significa montanaro) è scattata nella notte e gli arresti hanno riguardato altre città italiane, Milano, Cosenza, Reggio Calabria, Taranto, Rimini, Lodi, Palmi, Gioia Tauro e Lamezia Terme.Un’anno e mezzo di minuziose indagini hanno permesso di smascherare l’intero traffico e di troncare in’infiltrazione mafiosa che dal 2000 stava cercando di gettare le basi per il futuro.Da una parte la struttura famigliaria degli Alvaro (‘ndrina in gergo), originaria di Sinopoli in provincia di Reggio Calabria, dall’altra i rappresentanti locali con i quali i mafiosi hanno stretto un’allenza commerciale in modo da poter penetrare con maggior rapidità ed efficacia nel tessuto provinciale.L’incontro solenne per rinsaldare il sodalizio avvenne alla fine del 2002, quando in un ristorante di Chiaravalle ci fu la grande riunione a cui prese parte addirittura il grande vecchio degli Alvaro, Francesco, ultrasettantenne.Ma a quella Kermesse c’erano anche gli investigatori della squadra mobile che raccolsero prove ed indizi di un mosaico che ieri mattina si è concretizzato.Il giro della cocaina si alimentava grazie ai contatti diretti tra la Calabria e la provincia di Ancona.Il capo clan, Carmine Alvaro, 40 anni, aveva messo le tende ad Ancona dove gestiva una bancarella di abbigliamento e un negozio a Torrette.Era lui la base dove si appoggiava gran parte dell’organizzazione, ed era lui che aveva preso i contatti coi locali.La cocaina viaggiava dalla Calabria grazie ai corrieri sotto gli occhi dei fratelli di Carmine Alvaro (tra questi il latitante Antonio).Una volta nell’anconetano la sostanza stupefacente veniva immessa sul mercato direttamente all’interno di locali notturni della zona attraverso una rete di spacciatori e di procacciatori di contatti.Un giro sovvenzionato da diverse attività economiche ed imprenditoriali, specie nel campo della ristorazione.Il re del settore era Luigi Alessandroni, ai tempi gestore dei noti night club “L’uselin de la comare” e “La gatta” oltre ad altri locali e ristoranti come il “Marrakech”, ex “La Bastiglia” a Marina di Montemarciano.Tre locali che erano in realtà intestati ad ignari proprietari, mentre la gestione da parte dell’Alessandroni ne aveva permesso il controllo totale da parte del clan Alvaro.Le stesse armi sequestrate a casa della Ferini, al Pinocchio, sarebbero state conservate per rapporti di amicizia con il clan.
di Pierfrancesco Curzi


























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