“Liste d’attesa: la soluzione, abolire il CUP”
Il Dott. Carlo Massacci propone: "Ripristinare filo tra medici di base e specialisti. Equiparare tempistiche tra pubblico e privato"
Il sistema organizzativo per le liste d’attesa non funziona, e non da ora; il problema principale non è la mancanza di medici, ma la sproporzione tra domanda ed offerta sanitaria.
Una buona parte dell’attività medica risulta essere guidata non da necessità reali, ma da una richiesta spropositata di visite mediche ed esami che in molti casi rispondono solo alle leggi, legittime peraltro, del mercato. La ripercussione negativa in un sistema sanitario pubblico e solidaristico è che le lunghe liste d’attesa, in condizioni economiche difficili per la nazione, da un versante mettono a rischio chi ha veramente necessità e dall’altro versante drenano risorse verso il sistema privato. Il problema però non si risolve immettendo più risorse nel Sistema Sanitario Nazionale, se non mi mette mano alla struttura organizzativa. Questa difficoltà del cittadino medio di accedere a quanto di diritto stabilito dalla Costituzione (coincidenza solo temporale?) è iniziata quando è stata attivato il sistema di prenotazione tramite CUP regionale.
Analizziamo il perché:
a) l’istituzione del CUP a livello regionale ha interrotto il filo comunicativo tra il medico di famiglia e lo specialista o ospedaliero o territoriale di riferimento. Il risultato è una richiesta di un numero elevatissimo di esami senza una preselezione adeguata.
b) la disgregazione di questa linea comunicativa di vicinanza (tra medico di famiglia e specialista) ha interrotto il processo virtuoso di comunicazione informativa e di cooperazione nell’intento di migliorare il livello di appropriatezza delle richieste. Con il Cup, se abiti a Senigallia ti può capitare di andare a fare un esame a Fabriano e viceversa, senza che i due medici abbiano la possibilità di scambiarsi un’opinione o addirittura di conoscersi. A volte un semplice scambio di opinioni fa risparmiare ore ed ore di esami inconcludenti.
Se queste sono le cause, le soluzioni dovrebbero consistere:
1. Ripristinare il filo diretto tra medico di famiglia e lo specialista di vicinanza (o ospedaliero o territoriale). Il medico di famiglia presenta un problema clinico e la sua urgenza in modo dettagliato e lo specialista “risponde” dopo aver visitato il paziente, programmato ed eseguito tutti gli accertamenti che ritiene necessari per arrivare ad una sintesi conclusiva. Il percorso così configurato è meno oneroso per il Sistema Sanitario Nazionale e più vantaggioso per il paziente.
2. Corretto rapporto tra regime di erogazione delle prestazioni istituzionale e quello in libera professione, come previsto dal Piano Nazionale di Governo delle liste d’attesa, ma mai applicato; in pratica deve essere garantita la stessa tempistica sia per l’attività istituzionale che quella in libera professione intraospedaliera. In pratica non è tollerabile che una prestazione venga erogata dopo mesi in attività istituzionale, ma il giorno dopo se la si richiede in attività libero-professionale.
3. Implementazione di un nuovo sistema sperimentale informatico che tenga conto delle due ipotesi di soluzione sopradescritte. Con i sistemi comunicativi odierni l’impresa non è certamente titanica.
È chiaro che è necessaria conoscenza approfondita del problema, lungimiranza e capacità di incidere sulle logiche di mercato che, più o meno inconsapevolmente, snaturano e rovinano il lavoro e la dedizione della maggior parte dei professionisti della sanità. Non vedo molto coraggio oggi da parte del governo regionale, come non ne vedevo nel recente passato. Per i diciotto anni che ho gestito un reparto…. qualche esperienza sul campo l’ho maturata.
Dott. Carlo Massacci
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