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La scuola di Pace di Senigallia condanna l’offensiva della Turchia

"Niente può giustificare un attacco armato ai civili"

Siria, immigrati, immigrazione, profughi

La Scuola di Pace “V. Buccelletti” di Senigallia condanna con forza l’incursione delle truppe turche nel nord-est della Siria, avvenuta in questi ultimi giorni.

Nessun argomento di natura politica, economica o strategica può giustificare un attacco armato contro la popolazione civile. Risulta, inoltre, ancora più grave e barbaro questo attacco, perché rivolto contro un territorio già devastato da tanti anni di guerra.

In Siria si combatte e si muore dal 2013. Sul terreno si sono inizialmente scontrati l’esercito siriano, fedele al presidente Assad, e l’esercito della Siria libera, che mirava a rovesciare il suo regime dispotico. Successivamente, sono intervenuti i miliziani del califfato dello Stato Islamico di Iraq e Siria (ISIS), che hanno portato terrore e morte alla popolazione già stremata. Nel nord-est della Siria, l’ISIS è stato contrastato dalle milizie curde, che da anni lottano per ottenere il riconoscimento di uno stato curdo, di impostazione laica e democratica.

Sul terreno i curdi, assistiti dall’intelligence e dall’aviazione statunitense, sono riusciti a sconfiggere l’ISIS, mentre più a sud le truppe di Assad, con l’ausilio dell’aviazione russa, hanno sostanzialmente sconfitto l’esercito della Siria libera, lasciando sul terreno morte e devastazione, soprattutto nella zona di Aleppo, assediata e bombardata per lunghi mesi. La Turchia di Erdoğan, appartenente alla NATO ma con legami sempre più forti con la Russia, in questi anni di guerra ha minacciosamente disposto le sue truppe lungo il confine con la Siria, al fine di evitare un’eccessiva supremazia dei curdi e quindi di ostacolare il loro progetto di indipendenza.

Assente, sotto qualunque profilo, l’Europa, nel suo insieme e relativamente ai suoi stati membri. L’unica preoccupazione dell’Europa, soprattutto dopo l’estate del 2015, è stata evitare l’arrivo sul suo terreno dei profughi siriani. Per evitare questo arrivo, ha preferito chiedere a Erdoğan di ospitare 3,6 milioni di profughi nel campi in Turchia, in cambio di una compensazione di ben 6 miliardi di euro. Una tempesta perfetta per il popolo siriano, che è stato caricato di tutte le contraddizioni geopolitiche del nostro tempo. In Siria si sono combattute varie guerre, di diversa natura militare e con diversi obiettivi politici, ma nessuno ha vinto. Gli unici a guadagnare sono stati i mercanti di armi e i paesi che fabbricano le armi, tra cui anche l’Italia. Sconfitto, ma non piegato, il popolo siriano, ancora una volta costretto a scappare da città assediate, da terreni minati ed ora dalle truppe di assalto turche. Smarriti e disperatamente in cerca di futuro i bambini siriani. E milioni di profughi, in Turchia, vivono di fatto in una situazione di reclusione, senza possibilità di recarsi in paesi più sicuri, dove poter condurre una vita dignitosa. Ora addirittura Erdoğan minaccia di inviare in Europa migliaia di profughi siriani, se l’Europa provasse ad ostacolare il suo piano di invasione del nord-est della Siria, in terreno curdo.

Come si può accettare un ricatto simile? Cos’altro deve succedere perché l’Europa e l’Italia cambino realmente e efficacemente rotta? La Scuola di Pace di Senigallia, in linea con la Rete Disarmo e gli altri organismi di coordinamento tra gruppi e associazioni che credono nella Pace, rivolge una appello a tutti i responsabili politici, nazionali e internazionali, perché prevalgano le ragioni del soccorso umanitario, della solidarietà e dell’accoglienza di quanti hanno vissuto assedi e deportazioni. Cessi, anche unilateralmente da parte dell’Italia, la fornitura di qualunque tipo di armamento, comprese le munizioni, alla Turchia e a tutte le milizie armate. Intervenga, con decisione e con una strategia di lungo termine, l’ONU per imporre una tregua immediata e per definire una processo che porti alla formazione di una Siria libera, pacificata e democratica. Facciano un passo indietro le due superpotenze, USA e Russia, e antepongano le ragioni della popolazione che soffre ai loro interessi nazionali. Sia posta, nelle dovute sedi internazionali, la questione della formazione di uno stato curdo. Tutti i responsabili dei crimini di guerra vengano individuati, processati dal tribunale internazionale e incarcerati, secondo quanto prevedono le leggi.

E scendano in piazza, uomini e donne dei paesi liberi, giovani e adulti, fino a quando non sarà avviato un processo di Pace in Siria.

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