E’ stata emessa il 2 giugno la sentenza di ergastolo per il processo a Hosni Mubarak, ex-Presidente dell’Egitto, che per 30 anni aveva instaurato un vero e proprio regno nel paese dei Faraoni, prima di essere deposto in seguito alla sollevazione popolare del 2011, nata sull’onda della “primavera araba” che ha coinvolto e stravolto molti governi dei paesi del Nord Africa e del Medio Oriente.

Su Mubarak pendeva l’accusa che lo vedeva come vero e proprio orchestratore della repressione dei movimenti rivoluzionari di piazza Tahrir al Cairo, quartier generale della rivoluzione egiziana, in cui nel corso dei primi mesi del 2011 si sono concentrati sia i cittadini che hanno spinto per il cambiamento che gli uomini dell’esercito che hanno più volte aperto il fuoco sulla folla.

Ebbene, la sentenza per Mubarak non è stata quella che il popolo egiziano chiedeva a gran voce, ovvero la pena capitale, ma una condanna all’ergastolo: una decisione, quella della corte, che da molti viene vista come un favore ai Fratelli Musulmani, movimento che si è affermato alle recenti elezioni e che si discosta dallo spirito delle sollevazioni di piazza del 2011.

Per questa ragione, subito dopo la lettura della sentenza è andata in scena già nell’aula del tribunale la protesta dei parenti delle vittime di piazza Tahrir, che si è subito propagata in strada, richiamando proprio in piazza 10.000 manifestanti. Nel frattempo Mubarak, che ha seguito l’epilogo del processo sdraiato su una barella, è stato trasferito verso il carcere, ma dopo essersi rifiutato di scendere dal mezzo che lo trasportava, ha accusato una crisi cardiaca.