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Dalla Societas Raffaello Sanzio Buchettino a Fano

Alla Palestra Venturini dal 6 al 20 febbraio 2005

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clicca per ingrandireSi entra in un grande stanzone di legno, ci si arrampica nel proprio letto, qualcuno si mette sotto le coperte. La narratrice, seduta al centro, illuminata solo da una lampadina, inizia a raccontare la favola: "Venite, venite: c’era una volta…".
Si apre nel più classico dei modi la geniale creazione della Socìetas Raffaello Sanzio, Buchettino, tratto dal Pollicino di Perrault, in scena alla Palestra Venturini dal 16 al 20 febbraio, appuntamento della sezione Contemporanea di Fano Teatro, stagione di prosa del Teatro della Fortuna organizzata dall’Assessorato alla Cultura in collaborazione con l’AMAT – Associazione Marchigiana Attività Teatrali.
La narratrice è impersonata da una bravissima Monica Demuru, fornita di eccellenti doti vocali, grande mimica e gestualità puntuale. La regia teatrale è di Chiara Guidi, quella sonora di Claudia Castellucci (così come l’adattamento), i rumori dal vivo sono opera di Federico Lepri e Carmen Castellucci e l’ambientazione è di Romeo Castellucci.
Lo spettacolo fu dapprima realizzato per un pubblico infantile ma il successo e gradimento riscossi da parte del pubblico adulto ha fatto sì che fosse inserito nei cartelloni delle stagioni maggiori. L’allestimento è a dir poco insolito, un’enorme camera da letto con cinquanta comodi lettini, muniti di cuscino e coperte, dove gli spettatori si sdraiano per ascoltare il racconto. L’intera camera si trasforma in cassa di risonanza di tutti gli eventi che vengono via via narrati portando le tracce acustiche di tutto quello che succede. E’ quasi buio, e l’unica attività percettiva disponibile è quella dell’orecchio che, in questo modo, potenzia la capacità di cogliere i suoni provenienti dai quattro lati, dall’alto e dal basso. Ogni immagine è messa in penombra, le figure vengono allontanate, a favore dell’ascolto e delle immagini interiori. La narratrice racconta la sua storia, la storia del bambino piccolissimo, dei suoi fratellini, e dei loro genitori talmente poveri che decidono di abbandonare i figli nel bosco. E la favola avviluppa l’ascoltatore, lo trascina, lo emoziona e spaventa. In un gioco di rumori cui la stanza di legno fa da risuonatore armonico, in un gioco di voci e di suoni che danno l’ambientazione reale e concreta della storia, la narratrice si fa anche protagonista, presta il suo corpo ai personaggi: diventa il padre e la madre, l’orco…
E si sta lì, nascosti dalle coperte, ad ascoltare. Protetti dal legno solido della camera, scossa da tuoni e rimbombi mentre tutto resta "al di fuori", sopra le teste degli ascoltatori.

Pubblicato Martedì 15 febbraio, 2005 
alle ore 10:37
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