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Nonno Cicalino – 1 parte

di Roberto Marconi

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Nonno Cicalino: lo chiamavamo così noi ragazzini dell’oratorio perché, per avvisare del suo arrivo, faceva il verso di un uccellino strano, talmente strano da assomigliare molto alla sigla di "tutto il calcio minuto per minuto" di Enrico Ameri. Non si esibiva con teatralità, sebbene si dicesse che aveva lavorato al "Piccolo" di Milano: era stato invece colto da una malattia che lo aveva portato, me lo aveva raccontato il mio amichetto Angelo, a fare cose strane e oscure senza essere cattivo: solo non ci stava più con la testa, ecco tutto.
Io sapevo solo che non dovevo parlargli: me lo aveva detto mia madre con tono perentorio ed intimidatorio:
-E’ matto e se gli parli ti attacca la malattia!-
Tanto bastava per spaventarmi: ero tutto preso in quel periodo dal diventare il bravo bambino che i miei desideravano che diventassi, a compensazione, forse, delle sofferenze e dei dispiaceri che provocava loro mio fratello maggiore Valerio.
Valerio era tanto più grande e misterioso! Non lo avevo visto mai o forse lo avevo visto quando ero piccolissimo e ora non potevo ricordare altro se non una agendina di pelle nera che mi aveva lasciato frettolosamente in mano prima di sparire dicendomi:
-Questa è mia: me la devi ridare quando torno e se la leggi o la fai vedere a qualcuno ricordati: diventerai matto e ti chiuderanno nel manicomio!-
Cosa fosse il manicomio non osavo ancora chiederlo, ma il fatto che sia mia madre che mio fratello, ognuno all’insaputa dell’altro, mi prospettassero come la peggiore delle sventure quella di diventare matto, mi convinceva che niente di peggio al mondo potesse effettivamente succedermi.
Quella domenica pomeriggio faceva un po’ caldo: non un caldo normale…un caldo che mi faceva sentire la faccia in fiamme e le tempie completamente disubbidienti e decise ad uscire senza permesso dalla testa. Angelo, dallo guardo sempre obliquo e dal maglione sempre bianco e sempre a collo alto, anche a fine aprile, aveva due anni più di me e mi aveva fatto partecipe di un segreto che lui non aveva mai rivelato a nessuno.
-Quando fumi queste sigarette, allora sì ,puoi dire di essere diventato grande!-
-Sigarette? Ma quelle che usa mio padre sono diverse…queste sono molto più grosse e l’odore non è lo stesso!-
-E certo! Quando tuo padre fuma le sigarette davanti a te usa quelle normali, ma quando è da solo, fuma queste che sono proibite e che i bambini non conoscono: le fa una maga che si chiama Mariuana… me l’ha detto uno che ha molti più anni di mio padre e anche di tuo padre-
Io volevo diventare grande in fretta perché quella cosa di essere un bravo bambino non mi sembrava una bella idea e poi io ancora non lo ero diventato neanche per metà: mia madre mi rimproverava spesso per questo e mi chiudeva in cantina al buio dove c’era la legnaia, i ragni, i topi e i mostri che non avevo mai visto, ma che dovevano esserci di sicuro perché tutti se ne dichiaravano convinti e a me scendevano le lacrime.
Avevo aspirato il denso e dolciastro fumo di quella specie di razzetto con compostezza. Era un momento importante e non volevo sembrare stupido.Io sapevo usare la cerbottana e quindi potevo usare allo stesso modo quel diverso razzetto: solo che invece di soffiare con forza avrei dovuto aspirare con calma…tutto facile, tranne il mal di testa conseguente.
-Che fai più tardi Angelo?-
-Accompagno nonno Cicalino al cinema: mi dà cinque mila lire-
-Caspita che fortuna! Puoi comprarci 50 pacchetti di figurine Panini senza chiedere i soldi ai tuoi genitori!-
Le parole mi erano uscite di bocca incontrollabili…ma ripresi subito una certa lucidità:
-E se poi ti attacca la malattia dei matti?-
-Sei stupido, sei proprio stupido…ciao io devo andare-
Non potevo accettare di essere stupido: io studiavo molto per dimostrare che ero intelligente e ora Angelo, che era più grande, mi giudicava stupido perché affermavo quello che mi diceva sempre la mamma.

Fine 1 parte

di Roberto Marconi

Redazione Senigallia Notizie
Pubblicato Venerdì 24 settembre, 2004 
alle ore 15:52
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