Federico II nelle Marche
Un libro in vendita a Senigallia lo racconta
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Il grande Svevo percorse le Marche passando nella sua terra natia di Jesi nel 1240, come si è dimostrato per la prima volta nel recente saggio “Federico II Hohenstaufen di Svevia. La nascita a Jesi e il transito nelle Marche del terzo imperatore venuto «di Soave» (Par. III, 119)”, edito da Argalia Editore di Urbino, distribuito dalla libreria UBIK-Sapere di Senigallia,
realizzato da Ettore Baldetti, deputato della Deputazione di Storia Patria per le Marche, e presentato nella Biblioteca Comunale di Cagli, venerdì 28 novembre.
Infatti agli inizi di agosto del 1240, l’imperatore Federico II di Svevia, nato a Jesi nel 1194, alla guida del suo esercito attraversò le Marche dall’Ascolano fino ai confini settentrionali, allo scopo di punire il papa che lo aveva scomunicato per la seconda volta, pervenendo in una trafila di centri assoggettati o alleati, come Macerata e Jesi, per recarsi ad assediare Ravenna, dove giunse il 15 agosto. La percorrenza è documentata nelle lettere federiciane già edite nel 1859 nell’ “Historia diplomatica Friderici Secundi” e quindi nei “Regesta Imperii”, dove si legge che agli inizi di agosto 1240 l’imperatore lasciò l’assedio di Fermo per giungere a Ravenna il 15 agosto. Le città delle Marche fedeli a Federico II, anche per l’azione del figlio Enzo, re di Sardegna e vicario imperiale nella Marca, erano Macerata, Jesi, Cagli e Urbino, e l’itinerario più breve bypassante Ancona, città leader dei papalini, transitava per Macerata e Jesi, punti d’arrivo di due tappe di circa 35 km, percorribili dall’esercito in una giornata ciascuna. Nello studio viene altresì conferita una corretta interpretazione al terzo ‘vento’, come ‘venuto’, nel passo federiciano della “Divina Commedia” dantesca, essendo Federico in realtà il terzo sovrano svevo pervenuto in Italia in quanto altrimenti sarebbe stato il quarto, nonché documentata una memoria jesina secondo la quale l’imperatore avrebbe fatto visita alla città natale, rappresentata nel sipario del teatro comunale e testimoniata dal toponimo “Il passo dell’Imperatore”, situato presso l’Esino in direzione di Macerata.
Il tragitto, evitando di toccare il territorio litoraneo della guelfa Senigallia e delle inaffidabili città portuali delle Marche settentrionali anche per i rischi di attacchi dal mare, doveva proseguire poi verso il feudo ecclesiastico di Barbara, oggetto di un’incursione di truppe federiciane unitamente al limitrofo distretto appenninico di Roccacontrada odierna Arcevia, al fine di mettere in fuga o intimorire gli abitanti e aprire così un passaggio sicuro. L’itinerario imperiale poteva poi giungere nel castello filoimperiale di Montesecco di Pergola già protetto da Enrico VI, aggirando il potente comune di San Lorenzo in Campo, ospitante uno dei tre vicariati della Marca, tribunali pontifici zonali, e inoltrandosi quindi verso il medievale villaggio cagliese di Fenigli, alla volta di Acqualagna e della fedelissima Urbino. Se Macerata e Urbino costituivano delle sicure roccaforti ghibelline favorevoli all’imperatore, la natia Jesi, e in particolare Cagli, furono oggetto di attenzioni nei mesi precedenti: Federico nel 1239 invia una benevola lettera a Jesi, definita ‘mia Betlemme’, il re Enzo, figlio di Federico e vicario imperiale , risiedette in città nel gennaio del 1240 e spedì un privilegio a Cagli, alleata di Sassoferrato, imitato poco dopo dal padre, mentre Roccacontrada si sottomise. L’esercito imperiale partendo dalla valle dell’Esino e percorrendo un tratto dell’antica strada romana definita ‘Gallica’, verso la frazione di Acquasanta e Barbara, lambiva da oriente l’Arceviese e il Cagliese, sottomessi o alleati, mantenendo una certa distanza dai minacciosi centri portuali, prima di attraversare l’Urbinate e dirigersi a Ravenna.
I due diplomi spediti a Cagli, conservati in originale nel locale archivio comunale, un unicum per le Marche, erano muniti di sigilli con immagini autoreferenziali, in cui Enzo è raffigurato a cavallo, armato e dotato della corona regia con una torre sullo sfondo, indicante il proprio regno sardo di Turris e Gallura, mentre Federico risulta assiso con in mano il globo, cioè la Terra, sormontata da una croce, onde ricordare la sua universale autorità sul Sacro Romano Impero.

























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