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Compartecipazione all’assistenza domiciliare: “L’assistenza ai disabili è un diritto”

Maria Chiara Paolini: "Dette varie cose che non credo facciano l'interesse delle persone disabili"

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Un commento
Maria Chiara Paolini

Una lettera aperta, un post sui social, un’ analisi per spiegare il punto di vista di chi con la disabilità vive e che non condivide la politica adottata dall’amministrazione senigalliese ma nemmeno il tono dell’Associazione Amici disabili che tramite l’Unione nazionale consumatori – Marche rappresentati dall’avvocato Canafoglia ha chiesto interventi repentini sulla sfera del sociale

L’analisi porta la firma di Maria Chiara Paolini che ribadisce ancora una volta con forza che “L’assistenza ai disabili è un diritto: non può esserci compartecipazione alle spese” a risposta della politica adottata dal Comune ma anche che il tono, le scelte linguistiche usate dall’Associazione la lasciano quanto meno perplessa. Ad accendere il dibattito la conferenza indetta dall’ associazione “Amici Disabili” in merito al regolamento che disciplina la compartecipazione alle spese per i servizi di assistenza domiciliare nata dai continui tagli statali ai servizi sociali su scala nazionale e, di conseguenza, locale.

Il Comune di Senigallia, la nostra città, ha deciso di aumentare la compartecipazione alle spese per i servizi di assistenza domiciliare alle persone disabili. Da un contributo di 15-20-30 € mensili iniziali di compartecipazione si arriverebbe a una spesa mensile fino anche di 800 €, insostenibile per quasi tutte le persone interessate. Nelle trattative, ancora aperte, si sta valutando un tetto massimo di 400 € mensili, insostenibili anche questi.

Non possiamo accettare il fatto che venga sdoganata la compartecipazione alle spese, quando l’assistenza per gli atti quotidiani è un diritto che non dovrebbe essere basato sulla disponibilità economica delle persone. Allo stesso tempo non posso non criticare alcuni concetti espressi nella richiesta dell’Associazione Amici disabili fatta tramite l’Unione nazionale consumatori – Marche rappresentati dall’avvocato Canafoglia, e il linguaggio utilizzato. Le parole sono importanti e sono state dette varie cose che non credo facciano l’interesse delle persone disabili. Vi elenco dei punti che secondo me sono problematici:

Si parla innanzitutto di ‘un servizio prima eccellente’ si dice che “il sistema dei servizi sociali fino ad oggi nel nostro territorio è stato estremamente elevato’, che ‘il nostro Comune ha sempre avuto una particolare attenzione verso la disabilità’. E ancora, si parla di ‘alta forma di civiltà dimostrata in questi anni dalla nostra comunità’. Ecco, io capisco l’importanza di sottolineare ciò che si è fatto di buono, ma così mi sembra di esagerare. Di Comuni davvero attenti alla disabilità qualcuno se ne trova, ma Senigallia non è tra questi. Ho ventisette anni e le ore di assistenza erogate dal Comune sono sempre state largamente insufficienti per le necessità mie e di moltissime persone che conosco.

L’associazione continua affermando che ‘l’educatore rappresenta spesso l’unico amico che i disabili hanno, per cui sarebbe devastante se una famiglia vi dovesse rinunciare’. Questa concetto è gravissimo e contribuisce a creare una cultura retrograda sulla disabilità. Concordo pienamente sul fatto che spesso si crea un ‘forte legame professionale, affettivo e di fiducia reciproca’ con educatori e personale di assistenza in genere, per cui è essenziale una continuità del servizio, ma non c’era bisogno di una frase che, seppur inconsapevolmente, sminuisce e degrada le persone disabili. Chi ha una disabilità può avere amicizie come chiunque altro. Se messo in condizione di farlo, ovviamente, il punto sta tutto qui: se non si ha l’assistenza per poter uscire di casa quando si vuole oppure un servizio educativo, farsi degli amici può effettivamente diventare complicato.

Poi si parla delle spese ingenti legate alla disabilità, e viene detto che ‘per una famiglia con figli normodotati ad un certo punto della vita le spese si riducono perché i figli spiccano il volo, per noi famiglie con la disabilità, invece, questo non accadrà mai’. Sono completamente d’accordo per la questione delle spese, è chiaro che la disabilità è legata a un onere economico, ma non se ne può più di questa retorica dei figli disabili che non spiccano il volo. Detto in questo modo è un po’ ambiguo, sembra quasi una conseguenza connaturata alla disabilità. I figli disabili possono spiccare il volo eccome, con un supporto adeguato. In quanto persone disabili siamo già sminuiti e sottovalutati in parecchie occasioni, non buttiamoci giù ulteriormente da soli. Cerchiamo tutti di cambiare qualcosa nella comunicazione, partendo anche da queste cose.

Nelle richieste dell’associazione, inoltre, si fa sempre riferimento ai genitori, alle ‘famiglie” che “non possono essere lasciate sole ad affrontare il problema dei propri figli disabili”, si parla addirittura de “i propri disabili’. Si menzionano sempre e solo genitori e figli disabili, ma… notiziona: a usufruire di questo servizio di assistenza a Senigallia sono anche persone disabili adulte, alcuni anche genitori a loro volta. È così difficile come concetto? Possibile che si debba rafforzare ancora l’immaginario comune per cui le persone disabili sono eterni ragazzi e eterni figli?

L’obiettivo dell’associazione è ‘che tutte le famiglie dei disabili paghino in base a quello che è il loro reddito, quindi operando una scelta estremamente democratica.’ Ora, si può dire tutto, magari si può dire che si tratta del male minore, ma non che questo sia estremamente democratico. Si sta parlando di famiglie normali, non certo di magnati del petrolio. Anzi, la disabilità è una delle principali cause di impoverimento: le famiglie spesso hanno un solo stipendio perché uno dei familiari tende a lasciare il lavoro per sopperire alla mancanza di assistenza. Quando poi si ha la fortuna di avere due stipendi è sempre in seguito a sacrifici e sforzi (sempre a causa della penuria di servizi), quindi è assolutamente ingiusto chiedere di compartecipare.

Le richieste terminano dicendo che ‘occorre uno sforzo comune, i genitori, le famiglie dei disabili sono pronti a fare sacrifici’. Chiariamo una cosa: loro parlano per se stessi sulla questione del fare sacrifici. Io non sono pronta a fare nessun sacrificio, e come me molte altre persone di Senigallia. Quello sollevato non è certo un problema che comincia ora, le ore di assistenza erano scarse già da prima anche senza questa compartecipazione onerosa.

Sono questioni complesse, ma quello di cui sono certa è che chiedere poco sperando di ottenere qualcosa è una scelta che porta ad ottenere pochissimo, o niente. Secondo la mia esperienza, più si chiede e più si ottiene”.

Commenti
Solo un commento
frulla_48
frulla_48 2018-11-09 16:39:10
Sono completamente d'accordo con Chiara e non è una ottima politica quella di mirare ad ottenere qualche cosa...i diritti se ci sono vanno tutelati. Noi come Comitato abbiamo proposto l'inverso di quanto pensato dai servizi sociali per senso di realta: 25% a carico delle famiglie e 75 % a carico del comune
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