Quel curioso legame tra Senigallia e ‘Frankenstein’
Il Prof. Cremonini richiama un interessante episodio storico-letterario dei primi ‘800

In queste settimane, complice sicuramente la recente versione cinematografica del regista Guillermo Del Toro, ora nelle sale, vi è un ritorno di attenzione verso uno dei romanzi più controversi, affascinanti ed inquietanti della letteratura ottocentesca, il ‘Frankenstein’ di Mary Shelley.
Se il racconto è a tutti ben noto, forse è meno conosciuto il legame che collega, pur se indirettamente, questo famosissimo testo alla città di Senigallia: esso è tuttavia riconducibile ad un fatto storico ben attestato.
Si tratta della permanenza a Senigallia del medico e scienziato bolognese Luigi Galvani, ben conosciuto soprattutto per la teoria che porta il suo nome, il Galvanismo appunto, che studia la contrazione muscolare del corpo morto indotta da correnti elettriche.
In Via Maierini, su di una gradevole abitazione tipica di un centro storico marchigiano, in nulla differente da altri simili edifici, campeggia una lapide, sulla quale sta scritto: Qui sorgeva la casa dei fratelli Vennarucci che passata ai fratelli Battaglioni ospitò dal 14 al 18 maggio 1789 Luigi Galvani, il quale sul pesce torpedine del nostro mare eseguì positivi esperimenti dell’elettricità in collaborazione col discepolo e amico Giuseppe Battaglioni medico comprimario di Senigallia.
Poco ci importa che la data certa del soggiorno galvanico sia il 1795, quel che davvero conta è che un tassello del galvanismo e delle teorie ad esso collegate sia connesso, in maniera inscindibile, con la piccola città adriatica di Senigallia dove abbondava il così detto ‘pesce tremulo’, ossia quella torpedine che così bene si prestava alle ricerche dello scienziato bolognese.
Come si sa, il pesce torpedine produce delle scariche elettriche percepibili anche all’uomo. Quale era dunque l’interesse di Galvani in tutto questo? Da ben prima del 1795 lo scienziato bolognese aveva cominciato a sperimentare gli effetti dell’induzione di corrente all’interno dei corpi morti: famose le sue zampe di rane, agganciate per mezzo dei nervi a degli uncini, essi stessi collegati a delle semplici balaustre ferree che, colpite dal fulmine in tetre notti di tempesta, restituivano il moto alle rane morte grazie al passaggio della corrente elettrica.
Lo scienziato Galvani si spostò dalle rane alle torpedini proprio per provare la sua teoria, confutata dal Volta, secondo la quale vi era dell’energia elettrica residua nei cadaveri, laddove Volta adduceva il movimento post mortem di questi solamente al passaggio di corrente esterna al cadavere stesso. Ed il mare adriatico era, allora, ricco di torpedini, così la prima e più ovvia scelta di Galvani fu quella di usare i pesci del mare di Rimini e di Senigallia, entrambi centri situati nello Stato Pontificio.
Come poi tutto questo si colleghi alla letteratura, per modo che si potrebbe dire che senza Senigallia non avremmo il romanzo ‘Frankenstein’, è interessante quanto curioso. Il Galvani, che morì nel 1798 e perciò pochi anni dopo il suo soggiorno a Senigallia, aveva un nipote, accademico anche lui, che ne prese in carico l’eredità spirituale e scientifica non senza condirla di un risvolto spettacolare che forse l’illustre zio non avrebbe gradito.
Giovanni Aldini, questo il nome dello scienziato, riteneva possibile trasferire le teorie dello zio dalle specie animali a quella umana, di modo che si mise alla ricerca di cavie su cui operare questi esperimenti che, peraltro, egli organizzava in pubblico, a metà tra la dimostrazione scientifica ed il fenomeno da baraccone.
Poiché negli Stati Pontifici la pena di morte era praticata soprattutto per decapitazione, Aldini non poteva servirsi dei cadaveri dei propri concittadini finiti sotto la scure del boia; né, del resto, le autorità pontificie, per le quali il corpo manteneva una inviolabile sacralità anche dopo il trapasso, potevano permettere lo scempio di un cadavere, pur se di condannato alla pena capitale.
Il salto di qualità Aldini lo fece trasferendosi a Londra: l’uso della sentenza per impiccagione gli permetteva da un lato di conservare un cadavere ‘intatto’ mentre dall’altro il disinteresse tutto protestante per il corpo del morto gli garantiva una notevole libertà di movimento nell’uso di questi poveri resti mortali.
Ed è a Londra che la giovane signora Shelley, intellettuale femminista ante litteram e donna mossa da interessi poliedrici, dovette assistere ad una delle dimostrazioni dell’Aldini: unendo a ciò il famoso viaggio che portò la futura scrittrice sul Lago di Ginevra insieme a Byron e al di lui medico John William Polidori (l’autore della novella The Vampyre, vero antesignano del più famoso Dracula di Bram Stoker), che le permise di scambiare informazioni con il giovane e tormentato scienziato anglo-italiano, si può perfettamente capire che l’ispirazione per le teorie del Barone Victor Frankenstein sono legate indissolubilmente all’Italia ed alle figure di Galvani ed Aldini.
Non si vuol essere troppo presuntuosi nel sostenere, pertanto, che forse la storia della letteratura non potrebbe annoverare un romanzo come ‘Il moderno Prometeo’ se il dottor Galvani non avesse passato qualche giorno nella piccola e ridente Senigallia.


























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