Ponte Garibaldi: ieri levatoio, domani “a brugola”. Ritorno alla storia per guardare al futuro
Senigallia da sempre impegnata con l'acqua e le sue ardue sfide. Come quella proposta da Leonardo Maria Conti

Tra i disegni antichi e le proposte moderne, Senigallia riscopre la sua vocazione fluviale. Mentre gli ingegneri e gli architetti si confrontano sul nuovo progetto regionale, riemerge, da una mappa che riproduce la città in epoca tardo rinascimentale, l’immagine di un ponte levatoio sul Misa nel tratto urbano di Senigallia.
Una soluzione che fu adottata secoli fa, ma che ancora oggi prende piede (pur in altra forma), quando qualcuno propone di ricostruire il Garibaldi in modo tale che esso sia sollevabile con martinetti.
Una suggestiva coincidenza che invita a riflettere su come la città, nei secoli, abbia saputo adattare la propria architettura all’acqua e alle sue sfide.
A proposito di ardue sfide, riceviamo e pubblichiamo dal nostro lettore Leonardo Maria Conti un suo originale elaborato.
Proposta per la mitigazione delle piene del Misa in ambito urbano.
di Leonardo Maria Conti (Leofax)
In attesa delle vasche di laminazione che si stanno costruendo lungo l’asta fluviale, cosa succederebbe in caso di una piena improvvisa del fiume nel centro storico cittadino? Analizziamo la situazione attuale: Il ponte Portone, non ha il franco idraulico, anzi oltre agli attuali parapetti, sono stati posti dei muretti tra il marciapiede e la sede stradale. Nel caso che la piena voglia passare sopra l’impalcato, avremmo la stessa situazione del ponte del Corso, con l’effetto diga. I due ponti, Sanzio e Ferrovia, con le pile in alveo e il loro collo di bottiglia non aiuterebbero certamente il flusso dell’acqua verso la foce. Discorso a parte per il nuovo ponte Garibaldi, che se costruito a termini di legge, per il resto del corso del fiume, la situazione rimane tale e quale ad ora.
Ecco la mia proposta: Immaginiamo una piena al 50 per cento della sua capacità totale che attraversa il centro urbano, sfruttando tutta la grandezza e la profondità dell’alveo. In questo caso, il franco idraulico non servirebbe su nessun ponte, Garibaldi compreso, perchè le acque passerebbero tranquillamente sotto gli impalcati e la stessa piena non soffrirebbe del collo di bottiglia sui due ponti finali. Fantascienza direbbe qualcuno! E il 50 per cento rimanente? All’altezza del supermercato Conad di via Abbagnano, il fiume svolta a destra verso il ponte Zavatti. Dall’altra parte dell’alveo verso le vie Tevere-Metauro scaviamo una galleria di tipo ferroviario che sfocia sullo Stradone Misa lato Ospedale prima della curva dell’ex ponte Garibaldi.
Nella parte finale della galleria, sarà posizionata una turbina tipo mulino ad acqua, collegata ad un generatore che fornirà elettricità alla bisogna e impedirà alla seconda piena di uscire di colpo. In caso di presenza di tronchi in galleria potrà ruotare in maniera orizzontale e poi tornare nella posizione iniziale. La galleria ovviamente sarà di forma circolare e la turbina stessa munita di alette per farla girare, rallenterà il flusso dell’acqua verso l’alveo principale, come se fosse un contagocce.
Il portale della galleria lato Conad avrà un’apertura molto ampia per agevolare il transito della seconda ondata di piena. Alla base del portale, lato ponte Zavatti, sarà costruito un molo spartiacque, leggermente più alto degli attuali argini di terra munito di telecamera per il controllo della situazione in tempo reale. Il molo dovrà penetrare fino al centro dell’alveo come se fosse un coltello che taglia in due parti una torta, dividendo fisicamente il flusso della piena che in quel momento transiterà. Ovviamente il nuovo ponte Garibaldi potrà essere ricostruito dove era il precedente senza le pile in alveo.
Se questa proposta dovesse funzionare, innanzi tutto decade il problema del Franco Idraulico su tutti i ponti e staremo bene fino alla prossima Era Glaciale. Nel caso volessimo avere maggiori garanzie sulla piena stessa, sarebbe utile scavare l’alveo con una canaletta centrale, salvaguardando le fondamenta degli argini murati. Credo che un paio di metri sotto i ponti da quello ferroviario fino al ponte Portone potrebbero bastare. Ovviamente nel lato monte dello stesso, andremo a costruire uno scalino in calcestruzzo per impedire alle onde marine di penetrare verso l’interno dove vi sono i campi coltivati o eventuali falde acquifere.
Qualcuno potrebbe chiedersi: Ma il fango nell’alveo che andiamo a scavare dove lo mettiamo? Ecco la mia proposta. Come tutti sanno, la nostra spiaggia di levante compresa quella di Marzocca, non è protetta in caso di mareggiate. Oltre ai danni alle attrezzature balneari presenti, dobbiamo fare i conti con l’erosione della costa. Immaginiamo una casseruola per cuocere le lasagne. Ci inventiamo delle scogliere che non sono altro che casse di colmata lunghe un cinquantina di metri con uno spazio di 20 metri l’una dall’altra con un’altezza di 2 metri sopra il livello dell’acqua. Quando sono piene e raffreddate ci mettiamo dei massi sopra come se fosse un coperchio.
Nel caso dell’escavo del Porto della Rovere invece di andare a Fano per svuotare il cassone del Motopontone, risparmiamo un mare di soldi in gasolio e maggiori ore lavorative.
Aggiungo che il fiume Cesano ha un alveo pieno di ghiaia e potremmo sostituire a Marina Vecchia (Mameli) le scogliere presenti. Poi se a Marotta fossero interessati, nessuno gli proibisce di scavare anche il Metauro.


























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