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La finestra sull’albero

Senigallia, in tanti per il film "L'albero" all'arena Gabbiano. Presenti la regista Sara Petraglia e l'attrice protagonista Tecla Insolia

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Tecla Insolia e Sara Petraglia

L’albero, opera prima della regista Sara Petraglia, ha colto nel segno. Nell’arena ‘Gabbiano’ di Senigallia, martedì 15 luglio scorso, tante persone, tanti giovani hanno visto questa storia di vita inquieta, dipendenza da droghe e amori tossici anche loro.

In breve, la stessa della regista che con onestà e coraggio ha raccontato la sua tormentata giovinezza. Arrivata a Senigallia con l’attrice protagonista Tecla Insolia, talento allo stato puro, ha vissuto con entusiasmo questa tappa marchigiana “Una terra ‘santa’, le Marche, visto il mio profondo legame con Giacomo Leopardi”.

Arianna va subito al sodo: “Ci sono diversi tipi di dolore, ma uno solo si adatta perfettamente a quello che provano i personaggi del film: severo e trafittivo. Uno cronico, ovvero duraturo nel tempo. È una narrazione profonda e cupa, su diversi tratti di vita: amicizia, abbandono e dipendenza (non solo quella dalle sostanze). Da subito l’albero che troviamo come titolo ci appare come una figura enigmatica, ma piena di simbolismo”. Verrebbe da dire, l’unica certezza stabile, da contemplare, in un girotondo continuo di emozioni, cadute, partenze e nostalgie in cui due amiche si muovono con grande irrequietezza.
È ancora Arianna ad accompagnarci nella comprensione più profonda di questa storia: “Il centro del film è il rapporto tra Bianca e Angelica, descritte grazie a dialoghi, ricordi e monologhi. La prima è un personaggio stracolmo di ogni tipo di bisogno, mentre la seconda piano piano si allontana. Desidera scappare, trasferirsi a Milano dalla sua fidanzata. Quando lo fa, dopo la vacanza a Napoli, non torna più, ma è sempre presente nei pensieri dell’amica. Bianca, invece, rimane a Roma e si logora. La sintonia alterna che c’è tra loro, la vacanza fallita e la droga, troppa droga, parlano di un amore scarso, fragile nucleo delle loro ferite”.

Gli echi leopardiani, risonanti in tutto il film, ce li ricorda Giulia: “Leopardi è presente non solo visivamente attraverso un poster appeso in una stanza, ma anche tematicamente tramite riflessioni profonde e intense sull’infelicità, la morte e la malinconia. Quando Bianca legge in spiaggia all’amica Angelica “Il tramonto della luna”, il legame con Leopardi diventa ancora più esplicito e chiaro. Il senso della poesia e la solitudine che conferisce rispecchiano la situazione emotiva della stessa Bianca”.

“Ad un certo punto vediamo il film da un punto di vista in cui ci viene automatico provare pietà verso i personaggi – dice Arianna – verso Bianca, che vorremmo prendere per le spalle e scuotere per farle capire che è inutile smettere di sperare ancora prima di provarci. Vogliamo cercare di farle comprendere che è possibile fare qualsiasi cosa se lo vuole davvero e si sta rifugiando in un sentimento che difende (la tristezza), anche se lo nasconde parlandone negativamente e con sorrisi forzati. Potrebbe disintossicarsi dalla cocaina se volesse e quando la sua amica Celeste prova a convincerla, Bianca non è d’accordo ma alla fine si lascia trasportare e si libera di diversi pesi che la stavano facendo sprofondare”. Petraglia di ironia ne ha da vendere, come la sua Bianca: “C’è più vita al cimitero che in tutto il resto del film”, dice nell’intervista dopo la visione del film. Effettivamente l’unica parte serena del racconto la vediamo nel finale, quando Bianca e i suoi amici, compresa Angelica, si ritrovano al cimitero davanti alla tomba di Celeste. Non c’è alcun tipo di esagerazione nei sentimenti dei ragazzi, solo tristezza genuina nei confronti dell’amica morta per una malattia. Una scena breve, ma intensa”.

“Tecla Insolia ha rivelato durante l’intervista di rivedersi sempre di più nel personaggio a cui ha dato vita, eccetto fortunatamente la droga – aggiunge Arianna. La sua interpretazione è angosciosa, non scolastica. Aggettivi con cui possiamo anche descrivere l’opera stessa. Riescono a farci entrare nel loro mondo incolore ma autentico, dove ogni sorriso sembra sgretolarsi, come se fosse già deciso dall’inizio”.

Adriano fa sintesi di questo racconto per immagini: “L’albero è un film che parla del momento in cui si è abbastanza grandi da sapere cosa manca, ma troppo confusi per capire come trovarlo. È una riflessione sensibile sulla fragilità, l’identità, l’amore e il tempo che scorre senza dare risposte, con uno sguardo sincero e poetico su ciò che significa avere vent’anni oggi”.

Guarderemo gli alberi con occhi diversi. Forse, con quelli di chi, giovane o meno giovane, non rinuncia ad un’incrollabile, intensa e salvifica nostalgia di vita vera.

La giovane giuria dell’arena ‘Gabbiano’, partecipa all’iniziativa che coinvolge anche il pubblico presente in arena e per ogni appuntamento in cui c’è la presenza di registi/e, attori e attrici: la possibilità di esprimersi, attraverso una valutazione da 1 a 5 espressa in un cartoncino, su ‘sceneggiatura’, ‘film’ e ‘simpatia’.

“L’albero” si è portato a casa, come voto del pubblico presente in arena, un 3.97 di media sul film, un 4.09 per la sceneggiatura e un 4.12 per la categoria ‘simpatia’, ovvero la capacità dell’autore di sintonizzarsi con il pubblico e restituire con efficacia tutta la poliedricità del suo lavoro.

Ma attenzione, a questo voto andrà sommato quello della “giuria Giovani” dell’Arena Gabbiano che potrà confermare o modificare questa media e che avrà un peso specifico differente rispetto al pubblico. A fine estate verrà decretato il film che avrà avuto il maggior gradimento come media spettatori/giuria.

Siamo ancora all’inizio: prossimo appuntamento con i giovani giurati, voto del pubblico e gustoso apericinema, venerdì 18 luglio 2025. Sarà presente in arena il regista del film ‘Come gocce d’acqua’, Stefano Chiantini.

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