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C’era una volta Villa Torlonia… abbattuta nei giorni scorsi dalle ruspe

Nemmeno la Madonna di Loreto è riuscita a salvare la Villa ristrutturata nel 1931, dopo il terremoto del 30 ottobre 1930

Epigrafi che si trovavano sulla facciata di Villa Torlonia a Senigallia

L’antico portone d’ingresso a Villa Torlonia era sormontato da una pesante architrave in cemento armato posta a sostegno dei solai dei piani superiori parzialmente crollati durante il terremoto del 30 ottobre 1930 e ristrutturati a tempo di record.

L’architrave si sovrappone parzialmente alla parte superiore della lunetta semicircolare del portone e delle finestre anch’esse semicircolari al piano terra dell’edificio. Al di sopra dell’architrave, sotto la finestra centrale del piano superiore, fu posta una formella che raffigura la traslazione della Santa Casa di Loreto trasportata a volo dagli angeli. Si riproduce l’immagine più dettagliata gentilmente concessa dalla prof.ssa Marina Mancini, in cui ai lati della figura della Madonna con il bambino in braccio si leggeva la seguente iscrizione:

Sul lato sinistro dell’immagineSul lato destro dell’immagine
ANNVS

[TERRE] MOTVS

[MCM] XXX

POSVERV[NT] [VT]

CUSTODIET

MCMXXXI

Anno del terremoto 1930Posero perché custodisca 1931

Le lettere racchiuse tra parentesi quadrate ultimamente non erano più leggibili perché ricoperte da uno spesso strato di intonaco bianco.

 

Epigrafi che si trovavano sulla facciata di Villa Torlonia a SenigalliaIl terremoto del 1930 deve essere considerato un evento fondamentale per il successivo sviluppo edilizio di Senigallia e per il suo futuro assetto urbanistico. Quasi tutti gli edifici del centro storico della città furono decapitati del terzo piano e superiori, ma in questo caso con la ricostruzione fu aggiunto un secondo piano superiore, che era inesistente all’epoca in cui vi abitavano Luciano Bonaparte e la sua seconda moglie Alessandrina Bleschamp. L’edificio non compare nella mia ricerca “Il terremoto del 1930 e il Piano Regolatore e di ampliamento della città del 1931″, Biblioteca Antonelliana, Senigallia 2017, perché essendo edificio privato non figurava tra quelli comunali o pubblici da ristrutturare.

Ricordiamo che la ricostruzione a Senigallia fu velocissima grazie all’intervento dello Stato che prevedeva una copertura speciale dal 40 al 60% delle spese nei casi di restauri celeri da parte di privati, come in questo caso. La fattiva presenza di due personaggi, l’ing. arch. Gualtiero Minetti e il podestà Giovanni Monti Guarnieri, contribuì alla ricostruzione veloce della città.

Ma almeno in un caso la procedura di ricostruzione non fu tanto celere. Per lo Stabilimento Pio IX, ci vollero ben 17 anni prima che fosse approvato il finanziamento nel dopoguerra dal Ministero dei Lavori Pubblici e altri 10 anni prima che la ricostruzione (con ampliamento) fosse terminata. Si veda in proposito il mio studio (co-autori Paolo Formiconi e Donato Mori, Opera Pia Mastai Ferretti e Stabilimento Pio in Senigallia. Evoluzione storico-topografica dell’area della Maddalena e di Porta Colonna, con un capitolo sui servizi resi all’anziano, Fondazione Opera Pia Mastai Ferretti, Senigallia 2022, in particolare il cap. III, Il terremoto del 1930 e sviluppi edilizi successivi, pp. 93-108).

Commenti
Solo un commento
Glauco G. 2023-11-08 08:46:05
Molto più bello vedere le" rovine" che quell'inutile edificio. Come sempre detto..ci concentriamo su un rudere ma nessuno ha mai detto nulla sul "cosa ci faranno"...sono mesi e mesi che leggo pianti isterici a tutela di un edificio che oggettivamente era insignificante per tutta Senigallia...e nessuno che si preoccupa di vedere nasce l'ennesimo scatolone oppure piccionaia... vedremo!
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