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Fotografia: buttare una lenza…

Enzo Carli all'Acaf di Catania

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Enzo Carli

Attraverso gli amici dell’Acaf di Catania, che hanno invitato il Prof. Enzo Carli a intrattenere i soci per discutere sulla fotografia in genere, ho potuto avere l’opportunità di accertare che anche la fotografia continua a essere un mondo in continuo movimento.

Del Prof. Enzo Carli avevo sempre sentito parlare per interposta persona, anche ai tempi dell’ANAF, dove la sua era una firma autorevole nella fotografia dottrinale.

Con la sua facilità discorsiva e la piena padronanza della materia, l’argomento che veniva a trattare in Acaf riportava alle origini, con aspetti che sollevavano dubbi già sullo stesso dagherrotipo, primo procedimento fotografico per lo sviluppo di immagini messo a punto dal francese Louis Jacques Mandé Daguerre, da un’idea di Joseph Nicéphore Niépce e del figlio di questi, Isidore.

Il suo roteare intorno a altre opportunità per l’utilizzo di analoghe scoperte o prototipi similari del periodo, mai presi in considerazione per scelte essenzialmente politiche e affaristiche, presenti anche a quel tempo, lasciava un po’ facilmente intuire che in verità con la sua esposizione stava andando a costituire una serie di pretesti preparatori, per un confronto/dialogo che intendeva in qualche modo andare a suscitare.

Terminata la lectio, la levatura professionale e l’assolutezza di certe sue convinzioni non andavano a invogliare però a voler esporsi, anche per evitare il rischio di scoprirsi e incorrere in figure barbine. In qualche modo, però, il salomonico Pappalardo fece calare abilmente un suo ponte, onde consentire l’accesso alla fortezza inaccessibile palesata dal mitico Carli.

Gli argomenti addotti dal facilitatore, che enfatizzavano sulla necessità di un confronto continuo, per dirimere questioni e allargassero visioni e panorami, sono risultati utili a eliminare la classica soggezione che si viene sempre a creare tra un maestro e gli allievi intimoriti.

Sono pertanto nate delle domande e considerazioni che in breve hanno rivelato quello che forse in verità era stato il vero scopo del relatore: quello di ascoltare opinioni diverse dalle sue, che lo inducessero ad ampliare le sue esperienze accennate e le tante convinzioni; per inumidire e ricambiare acqua alla classica spugna che caratterizza menti, come la sua, di chi cioè è votato complementariamente a scienza e conoscenza. In questo caso mettendo anche in campo e in discussione suoi preconcetti già affermati, in ciò rivelandosi apertamente come quei classici eretici che vengono a chiedere – con fervore e nel caso specifico – quello che poteva essere il significato e il vero compito della fotografia.

Per un attimo ho rivisto uno di quei miei curiosi vecchi insegnanti che, pur mostrandosi burberi o accomodanti, rimanevano affascinati dalla freschezza delle idee degli altri, specie di noi giovani; affascinati dalle motivazioni (talvolta traballanti o poco sostenibili) che portavano i più irrequieti alla contestazione perpetua, magari più per contrapporsi alle generazioni mature che per proporre nuove visioni originali e credibili.

I conflitti generazionali sono sempre aspetti classici che si configurano in ogni epoca. Ci sono sempre stati e ci saranno sempre. Con azioni che si caratterizzano nella voglia di verificare, sperimentare, insinuare dubbi, indurre le parti al confronto.

L’eresia, di per sé, è forse una prosecuzione dei dialoghi giovanili mai interrotti, che vedono con molta diffidenza tutte le certezze, specie se omologate e assunte a religioni. E’ la sublimazione del dubbio come punto di partenza in ogni cosa.

Ecco, quell’Enzo Carli che si presentava nello streaming non era quindi un Solone che si parlava addosso, che nel suo excursus dottrinale era in certi momenti pure risultato soporifero. Si rivelava in pratica un ricercatore che fa di ogni occasione un pretesto per discutere, in un confronto alla pari e senza pregiudizi. Uno studioso che, nella circostanza, aveva buttato l’amo per cercare di vedere che tipo di pesci potessero abboccare in quel simposio. Ma tutto questo, non per fare prede o per raccogliere un consenso a tutti i costi, ma per articolare maggiormente il suo pensiero già espresso, rimodulandolo e rendendolo più comprensibile e possibilista rispetto ad alcune delle sue convinzioni più nette.

Provo così a chiudere per un breve attimo gli occhi, per immaginare in un baleno i suoi fitti dialoghi con quello che è stato per lui certamente un mentore: Mario Giacomelli, il geniale maestro. Così come gli incontri di loro due con pure presente Pippo Pappalardo, appartenente anch’egli al mondo dei possibilisti, anche lui dotato di ampie conoscenze che travalicano l’ambito fotografico e che è sempre portato al perenne dialogo su tutto; per scoprire sempre nuove posizioni, angolazioni, ombre e luci differenti anche diverse dalle sue poliedriche immaginazioni.

Del resto esporre le differenze rivela come siano tante e diverse le verità coltivate da ciascuno. Anche le false verità, che necessitano di verifiche o continui collaudi e revisioni. Astenersi dal mettere o mettere in discussione le proprie posizioni potrebbe solo arrecare danni, come spesso accade, anche in chi detiene o crede di detenere quelle certezze e che spesso le difende con ferrea fermezza e assoluta intransigente, rischiando di collocarsi statico o mummificato, pure se soddisfatto, in accomodanti e convenzionali templi pieni di polvere.

L’eresia dai cattolici – e non solo da loro – è sempre stata vista e vissuta come una posizione ideologica da temere e tenere lontana; senza mai considerare che potrebbe anche costituire, se approfondita nelle sue tesi, con spirito libero e una mente aperta, un’occasione per accertare la presenza e la valenza del sistema immunitario che dia sicurezza ed equilibrio, con la presenza di anticorpi che preservino dalla vanità – sempre deleteria – che genera e perpetua classificazioni, dottrine imbriglianti in appartenenze, e che – specie nel mondo del cattolicesimo – spinge a rinnegare o disconoscere i valori fondamentali dello stesso cristianesimo di base.

Mi accorgo che pericolosamente ci si sta però sempre più allargando e troppo dal seminato, sicuramente anche da quello che è stato l’oggetto dell’evento serale.

Ma, come ben si vede, emerge una verità, e questa volta verificata. E’ sufficiente buttare una lenza, anche senza canna e con un finto amo, affinchè – con l’ausilio di una sapiente pastura, che ben conoscono e confezionano i bravi maestri – si stanino nuove colonie di variopinti pesci che navigano nei mari che vanno a formare l’oceano globale.

Buona luce a tutti!

Toti Clemente

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