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La corruzione negli appalti pubblici: intervista a Piero Di Caterina

Byoblu.com ospita l'imprenditore che ha fatto scoppiare lo scandalo di Sesto San Giovanni

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Onoranze Funebri F.lli Costantini
Piero Di Caterina, imprenditore di Sesto San Giovanni, intervistato da Byoblu.com

Come promesso, ecco portato nel blog Piero Di Caterina, l’imprenditore di Sesto San Giovanni che ha scoperchiato il cosiddetto Sistema Sesto, divenuto poi un caso da manuale e un filone giudiziario molto corposo. Nel video, Di Caterina spiega perché il DDL Corruzione è una foglia di fico e non può funzionare. E racconta di come e dove avvenga la corruzione nel nostro Paese.

LA CORRUZIONE NEGLI APPALTI PUBBLICI

Intervista a Piero Di Caterina, imprenditore di Sesto San Giovanni
MESSORA: Piero Di Caterina, imprenditore legato all’affaire Sesto, anzi direi l’imprenditore che ha fatto scoppiare lo scandalo. È corretto?

DI CATERINA: E’ corretto, sì.

MESSORA: Allora, Piero, tu sei qua perché venerdì 5 ottobre sei venuto a L’Ultima Parola di Paragone e cercavi di spiegare che cosa era la corruzione, essendone, direi, un discreto esperto.

DI CATERINA: Sì, l’altra sera ho accettato l’invito di Paragone a partecipare alla trasmissione perché volevo cogliere l’opportunità di cercare di far capire ad una parte degli italiani che cos’è effettivamente la corruzione. Quella sera volevo rappresentare agli italiani che erano in ascolto che il problema della corruzione in Italia è il problema che ci ha condotto in una crisi nella crisi. Mentre in tutta Europa e nel mondo c’è una situazione di crisi molto pesante, riferita nel mondo a fatti di natura finanziaria, in Europa a fatti di natura finanziaria e monetaria, in Italia abbiamo queste due gravissime problematiche, ma ne abbiamo una drammatica che è quella della corruzione. La corruzione che è stata sempre trattata dai media e dagli addetti ai lavori in maniera non molto trasparente per un motivo molto semplice. Stando ai numeri che circolano oggi nella comunicazione, le dimensioni sono molto molto importanti sono drammatiche. Parliamo di corruzione nell’amministrazione del danaro pubblico, cioè tutti i politici che contano, quelli che sono preposti ad amministrare il denaro pubblico, nello svolgimento della loro attività, nella maggior parte dei casi, attuano la corruzione e creano un danno enorme alla collettività. Da un po’ di tempo se ne sta parlando. Il Procuratore capo della Corte dei Conti un bel giorno ha tirato fuori un valore di 60 miliardi, ma è un valore, un numero ipotetico, un numero che non è basato su studi precisi, per il semplice fatto che studi precisi in Italia non se ne sono mai fatti e non si vogliono fare. Siccome per poterli fare avremmo bisogno che tutti i corrotti e tutti i corruttori dicessero esattamente cosa hanno rubato, e siccome i ladri non fanno interviste, oggi questo studio non si può fare. Io ho vissuto questo mondo da di dentro, perché di fatto sono entrato nel mondo delle pubbliche forniture e ho dovuto da subito combattere la corruzione, cosa che è molto molto complicata e cosa che tu puoi fare solo nel momento in cui sei entrato nel mondo delle pubbliche forniture e quindi hai accettato il primo livello di corruzione. La corruzione è un mostro a tre teste. Mi spiego. Questa volta la racconto partendo dalla terza testa, perché se partiamo dalla prima, non abbiamo il pubblico, ma si creerebbe immediatamente un’incomprensione, perché credo che in studio, da Paragone, i problemi siano sorti…

MESSORA: tu parlavi di corruzione buona e corruzione cattiva.

DI CATERINA: Esatto. Ho usato impropriamente questo termine perché ritenevo e ritengo che la gente comune per poter comprendere deve essere avvicinata al problema in maniera molto semplice. Se facciamo discorsi dotti corriamo il rischio di perdere tempo. Per farlo in maniera molto semplice dobbiamo arrivare ad un concetto del genere. Ma io partirei dalla corruzione gravissima, dalla corruzione che è ai massimi livelli del crimine e che è quella in cui un imprenditore e un politico si mettono d’accordo per predare soldi pubblici. Quindi truffa nelle pubbliche forniture, turbativa degli incanti, malvessazioni, appropriazione di contributi; questa è la corruzione criminale, la corruzione che dovrebbe essere punita con decenni di galera. In questa situazione in cui il politico e l’imprenditore sono d’accordo, in questa situazione in cui c’è un’associazione a delinquere, ovviamente la responsabilità gravissima è di tutti e due, salvo considerare una responsabilità maggiore in capo al politico, ma poi vedremo perché. Nella seconda ipotesi, nell’ipotesi in cui invece non c’è truffa nelle pubbliche forniture, non c’è frode di denaro pubblico, ma c’è l’esigenza dell’imprenditore di accedere al mercato che viene illegalmente circoscritto a pochi, in questo caso la corruzione si deve avvicinare perché se si vuole entrare nel mercato devi ottenere dal politico la possibilità di una condizione legale, più legale. Faccio un esempio. Negli anni ’80, avevo già creato un’azienda nei trasporti pubblici molto efficace, molto valida, un’azienda che produceva servizi di buona qualità a prezzi inferiori a quelli delle aziende pubbliche, in quegli anni lì non riuscivo ad entrare nel mercato perché il soggetto che abusa ancora oggi della sua posizione dominante teneva il mercato contingentato; c’erano pochi soggetti all’interno e gli altri fuori non potevano entrare. Per poter convincere la pubblica amministrazione a fare una gara ad armi pari, o quasi ad armi pari, ho dovuto chiedere al politico di tutelarmi. In questo caso, quando c’è questa tutela e quando tu per averla sei costretto a pagare, c’è comunque un fatto di corruzione perché tu riesci a combattere il “criminale” che contingenta il mercato, tu riesci ad abbattere questa barriera, ma comunque c’è un altro che non ce la fa perché non è riuscito ad agganciare il politico. Perché non è che un cittadino si alza la mattina e decide di andare a contattare un politico e pagare. Non è così. Il politico non si fa pagare da chiunque, non è folle al punto tale da rischiare gravi conseguenze per dei quattrini, quando i quattrini li può prendere senza rischiare. Quindi c’è comunque una situazione di illegittimità, secondo il mio punto di vista, che non dipende da te. E le responsabilità penali, in questo caso, sono quasi in maniera totale in capo al politico, tant’è vero che qui c’è una seconda connotazione della corruzione, qui c’è la concussione. Se io per accedere al mercato e competere con un soggetto monopolista che produce un bene o un servizio a mille, sono costretto ad agganciare il politico e a farmi tutelare, poi nel mercato io questo servizio lo faccio a ottocento, perché io sono sicuramente più bravo di un monopolista elefantiaco che comunque non riesce a raggiungere economie di scala e comunque deve produrre quattrini da distribuire ai corrotti. Mi sono spiegato? Quindi già qui c’è un vantaggio enorme. C’è ancora una situazione di crimine, ma il crimine è da imputare in capo al soggetto che attua la concussione. Ora è vero anche che in questo paese, siccome poi la Magistratura deve inquadrare correttamente i fatti criminali nei modi tecnici che ha a disposizione, il soggetto che accede a questa situazione poi sarà incriminato o per corruzione o per concorso in concussione. Le situazioni sono mille, la realtà è che tu puoi avere alle spalle situazioni di mantenimento dell’azienda che sono valore aggiunto per la collettività. Cioè, nella mia azienda non c’è mai stata assolutamente nessuna condizione di appropriazione di un solo euro di denaro pubblico, anzi noi abbiamo fatto risparmiare e abbiamo creato 200 posti di lavoro. Il problema è che la corruzione poi questi posti di lavoro li ha dimezzati, perché quando è saltato il sistema, quando poi io ho denunciato sono saltati certi equilibri, il sistema è saltato per tutelare il monopolista, il soggetto che abusa della sua posizione dominante. E non è capitato solo alla mia azienda. Nel tempo, dagli anni 2000 ad oggi, le circa 150 aziende private che in Lombardia facevano servizi di trasporto pubblico, si sono ridotte di due terzi, perché avanzando la crisi i soggetti monopolisti pubblici hanno pensato bene di far sparire le aziende private per due motivi, uno per eliminare il controllo possibile tra il privato e il pubblico. Se io sono il privato e costo 80 e tu sei il pubblico e costi 100, bisogna che io faccia attenzione a farti rimanere sul mercato, quindi adottando alchimie stranissime si sono fatte sparire carte, situazioni e sono spariti i due terzi delle aziende anche in modo drammatico; abbiamo avuto gente morta di crepacuore, abbiamo avuto imprese storiche fallite. L’altro motivo per cui si sono dovute far sparire queste aziende è perché aziende come la mia… io sono stato il primo e ancora oggi sto combattendo per questo, ho chiesto di vedere i conti dell’azienda pubblica monopolista. Perché l’azienda pubblica monopolista amministra un cassetto comune in cui finiscono tutti i biglietti e da dieci anni continuiamo a chiedere l’esibizione dei bilanci, ma non solo di quelli pubblicati dove si ragiona per raggruppamenti di cifre, lì si capisce poco, bilanci con gli allegati. Non riusciamo ad averli. Non riusciamo ad averli noi, non riesce ad averli la Magistratura, non riesce ad averli l’amministrazione che ha concesso i servizi. Questa è la realtà della situazione. Poi c’è il terzo livello di corruzione, che è quella buona. L’ho chiamata così giusto per far capire… Oggi faccio un esempio, così non scateniamo il putiferio, è la corruzione, tra virgolette, che in America si utilizza per finanziare i partiti, solo che in America è disciplinata, è prevista addirittura a livello di Costituzione, da noi no. Non lo ha fatto mai nessuno perché se avessero disciplinato questa corruzione avrebbero permesso a tanti di muoversi. Meglio lasciarla nell’illegalità e nell’ambiguo così poi dall’entry level, che è questo, si passa al secondo e al terzo livello. Ecco, questa corruzione è indispensabile. Le persone che dicevano che bisogna star fuori dicevano una cosa illogica e un non senso, perché se io sto fuori non faccio nient’altro che lasciare il monopolista che ruba da solo a rubare. Non so se rendo l’idea.

MESSORA: Spieghiamola meglio, perché detta così sembra che vuoi rubare anche tu!

DI CATERINA: No, no, no, assolutamente no. Cioè se il monopolista da solo attua dei servizi in condizione di non trasparenza, se il monopolista può praticare i prezzi che vuole e i costi li può gestire in una maniera non chiara, se non c’è nessuno a lato che controlla è chiaro che è più libero. Quindi se io sto fuori non faccio nient’altro che fare un piacere a questo. È come la storia del dimezzare il numero dei politici perché spenderemmo di meno. È una grande bufala. Perché se noi anziché dimezzarli ne tiriamo via il 90%, li lasciamo lì in dieci e la cuccagna chissà dove arriverebbe. Il pagamento al politico di somme dovute per situazioni criminali è da condannare con decine di anni di galera. Quando c’è il primo livello di corruzione, quando cioè io arrivo al politico perché io ho bisogno a) di essere tutelato per accedere al mercato; b) ho bisogno di un altro servizio importantissimo. Qual è questo servizio importantissimo? La democrazia non è una situazione cristallizzata, ferma, la democrazia è un organismo vitale che deve crescere e cambiare tutti i giorni. Se io esercito la mia attività imprenditoriale o la mia attività lavorativa in un settore ho bisogno che il politico interpreti correttamente le leggi e me le applichi in modo corretto e me le cambi quando la legge non è più adeguata. Io col politico ci devo parlare, devo portare le mie istanze. È quello che succede in America. In America i lobbisti hanno i contatti costanti con i politici, portano le proprie istanze e chiedono il cambiamento delle leggi. In questa situazione un imprenditore non può fare a meno di questo.

MESSORA: Questo accade, a dire la verità, anche in Italia. Se vai nel “transatlantico”, a Montecitorio, è pieno di lobbisti.

DI CATERINA: Certamente. C’è un diaframma superato il quale il politico non si accontenta più del fatto che tu gli dai il piccolo finanziamento al partito ma chiede di più. Se noi facciamo un passo indietro e arriviamo al 1981, quando Berlinguer ha denunciato la questione morale, già allora c’era stato un profondo cambiamento nella vita illegale della politica. Berlinguer ha detto che i partiti vivevano di compromessi sporchi, che vivevano di corruzione e questo vuol dire che già allora i problemi erano importanti. È chiaro, probabilmente Berlinguer allora ha scatenato una guerra politica alla DC, che accusava, e probabilmente il PCI allora commetteva crimini meno gravi di quelli della DC. Personalmente, secondo le riflessioni che ho fatto io allora, credo che il Partito Comunista praticasse già la corruzione, ma la praticava in una modalità più corretta sul piano sociale, cioè gli interessi erano quelli del gruppo, del partito, quindi c’erano maggiori controlli reciproci e maggiori freni inibitori. È difficile fare il ladro quando sei in gruppo, se nel gruppo ci sono tante persone oneste. Credo che nella DC e quindi nel centrodestra allora ci fossero invece già comportamenti molto molto gravi che portavano sia all’arricchimento personale che a contatti col mondo della criminalità organizzata. Io, per quello che posso ricordare, contatti con la criminalità organizzata allora a sinistra erano molto inferiori rispetto a quelli che avvenivano al centro e a destra. Voglio dire che già allora la corruzione veniva praticata dalla DC con rituali e atteggiamenti ideologici molto vicini a quelli che si trovavano nella chiesa, cioè: fai tutto quello che vuoi ma fallo sott’acqua, non fartene accorgere e andiamo avanti. Dopo il ragionamento di Berlinguer comunque sono andati avanti fino al ’92 quando è scoppiata la prima tangentopoli e già lì c’era stato un cambiamento importante, nel senso che si era arrivati addirittura a codificare i comportamenti e a stabilire listini sulle percentuali sulle pubbliche forniture. Questo è stato un fatto molto grave. Sappiamo tutti cosa è successo nell’era di Tangentopoli, non si è capito bene perché è successo.

MESSORA: Ma come si avvicinava l’imprenditore a questo mondo? Cioè c’era qualcuno che ti tirava dentro? C’era l’amico imprenditore che ti diceva “guarda, devi pagare. Parla con quel politico”? C’era il politico che ti faceva capire? Cioè, spieghiamo un po’ alla gente.

DI CATERINA: Come si avvicina l’imprenditore ancora oggi. Innanzitutto la corruzione si attua nelle stanze del potere. Cioè, la gente che uno va in Comune e va nei corridoi, oppure va al Ministero e dice “Sindaco, Ministro, voglio pagare!”. Non è così. Voglio dire, ti fanno o ricoverare alla neuro o ti arrestano. Uno deve riuscire ad entrare nelle stanze del potere. Quando entra nelle stanze del potere deve riuscire ad attuare condizioni favorevoli di relazione: la cena al ristorante, l’aperitivo, la serata nel locale, i convegni, le riunioni. Deve conquistare la fiducia del politico perché comunque chi decide se attuare la corruzione è sempre il politico. Cioè io non conosco imprenditori, almeno delle prime due categorie, la buona e quella della concussione o della corruzione per ottenere fatti leciti, che si alzano al mattino e vanno in giro a offrire soldi a destra e a manca. Non ne ho mai visti. Io ho visto invece tantissimi politici nella mia vita che nei luoghi e nelle condizioni protette cominciano a farti la pacca sulla spalla e a dirti “tu guadagni tanto. Bravo. Però, sai, anche noi abbiamo bisogno”, cominciano a guardarti l’orologio e a dirti “oh, che bello! Di che marca è?”, “un Rolex”, “eh, piacerebbe anche a me ma non me lo posso permettere”, cominciano a dirti “sai, mi ha offerto una bottiglia di champagne un mio amico. È favolosa!”, “sì? Beh, lo bevo anch’io quando capita. Ma di che marca era? Perché a me piace questo”, “no, no, la marca buona è questa qua”. Mi sono spiegato? In quel momento si crea la situazione di intimità che, ripeto, l’imprenditore che ha la necessità di portare avanti la sua azienda, l’imprenditore che ha la necessità di portare a casa il lavoro per i propri dipendenti, non vorrebbe vivere ma deve farlo, perché se rimane fuori dal gioco è finito. Quindi uno può partire, creare un’azienda valida nel settore privato, poi accedere per la prima volta a qualche attività marginale del settore pubblico, perché – attenzione – noi stiamo parlando di situazioni importanti; in situazioni marginali si riesce ad entrare. Quando entra nelle situazioni marginali, siccome le imprese sono come la società, sono organizzate per una crescita continua e all’infinito, se non riesci poi a garantirtela questa crescita i tuoi dipendenti vanno incontro a momenti complicati, l’azienda va incontro a momenti complicati.

MESSORA: C’è anche dell’ostruzionismo, magari.

DI CATERINA: L’ostruzionismo arriva poi, l’ostruzionismo arriva quando tu sei entrato in questi giri che diventano sporchi, perché nel momento in cui tu finisci sotto ricatto costante, in una condizione di soggezione e non puoi sganciarti è già un giro sporco. In quel momento, se tu decidi di stare fuori sei finito. Se poi tu denunci sei addirittura morto.

MESSORA: E tu come hai fatto? Qual è stato lo scatto che ti ha fatto dire “adesso basta!”. Cosa è successo? Qual è stato l’elemento chiave, la chiave di volta.

DI CATERINA: Lo scatto è stato quello che questa grande azienda pubblica che esercita la posizione dominante ci ha aggredito, ci ha aggredito con modi illegali, modi criminali e noi ci siamo ribellati, abbiamo denunciato. Io ho cominciato a denunciare agli inizi degli anni ’90. Ovviamente per denuncia intendo istanze precise fatte all’autorità politica, nella fase iniziale. Perché uno che fa impresa non è che si alza la mattina, denuncia mezzo mondo e chiude. Voglio dire, io devo anche lavorare. Però io le mie istanze agli organi preposti ad amministrare il mio settore le ho fatte, ma con la dovuta gradualità. Già sono sempre stato considerato un imprenditore in costante situazione di criticità verso queste questioni e dovevo cercare di…

MESSORA: “Autorità politica” intendi il capo partito?

DI CATERINA: Autorità politica è l’assessore ai trasporti della Regione, l’assessore trasporti della Provincia e gli assessori dei trasporti dei Comuni o il sindaco.

MESSORA: Quindi tu già dall’inizio degli anni ’90 mandavi lettere, comunicazioni dicendo “signori, guardate che accade questo”.

DI CATERINA: Certamente.

MESSORA: Risposte?

DI CATERINA: Allora, nel 1997, quando io faccio il salto da corruzione buona a corruzione di finanziamento più pesante, illegale, oggi debbo dire…

MESSORA: E’ illegale anche la prima.

DI CATERINA: No, non è illegale.

MESSORA: non è illegale la prima forma di corruzione?

DI CATERINA: Assolutamente no. Io posso finanziare il partito, lo registro negli atti e non c’è nessun problema.

MESSORA: Ma è illegale nel momento in cui questo finanziamento fa discendere l’appalto o la partecipazione a questo…

DI CATERINA: Questo è ovvio. Ci mancherebbe altro.

MESSORA: Però, dici, non è dimostrabile.

DI CATERINA: No, oggi la corruzione in Italia – e questa è la conseguenza del grande fallimento – si persegue nel momento in cui si scopre la mazzetta. Quindi una situazione totalmente obsoleta, perché la mazzetta dagli anni ’90 poi si è cercato di farla sparire, perché se io devo rubare e so che se mi prendono e trovano la mazzetta sono condannato, la mazzetta non la faccio trovare più. Poi è cambiato il mondo, la globalizzazione del giro dei soldi…

MESSORA: Adesso arrivano le fatture sulle Isole Cayman.

DI CATERINA: Nel libro che stiamo cercando di scrivere con Laura Marinaro ho cercato di spiegare queste situazioni, per quello che ne so io, ma ci sarà sicuramente gente che ne sa più di me ma non le dice queste cose. Nel 1997 il Comune di Cinisello Balsamo doveva assegnare i servizi di trasporto pubblico. Io ero molto interessato, io ero già un concessionario di pubblici servizi a Segrate, che avevo preso nel 1987, dieci anni prima. Ero molto interessato e contattai il Sindaco, contattai il presidente del Consorzio trasporti che sul territorio svolge il ruolo di mobility manager, stazione appaltante, contattai gli assessori, perché ci tenevo parecchio a questo contratto. Avevano già predisposto che questi servizi venissero assegnati all’ATM senza gara. Abbiamo i documenti, non è fantasia. Lì io mi sono avvicinato maggiormente al politico e il politico ha chiesto. Siccome mi ha chiesto finanziamenti e siccome io ero nella totale convinzione di fare del bene alla collettività, perché se ATM fa dei servizi a 1000, lo ripeto, e io li faccio a 800 e i miei sono di qualità superiore, chi è che ci guadagna? Ci guadagna innanzitutto la collettività, poi ci guadagnano i fattori della produzione dell’azienda e poi ci guadagna l’imprenditore.

MESSORA: E teoricamente ci guadagna il partito che ha i soldi per fare politiche sociali.

DI CATERINA: Il partito in quel momento era in grave difficoltà, perché dopo tangentopoli evidentemente i flussi finanziari erano calati enormemente, per arrivare a chiedere ad un imprenditore che aveva 200 milioni di contratti pubblici un sostegno molto forte. Io mi sono reso disponibile. Non ho mai tirato fuori un euro dalla mia azienda io. La mia azienda non ha mai pagato un euro di tangenti né buone né cattive. Io ho sempre dato a queste situazioni quattrini miei personali, portati nelle mie tasche dopo averci pagato le tasse. Questa è la mia realtà. E non è una realtà non attestabile, perché la Finanza è stata sei mesi nella mia azienda e non ha trovato niente. Quindi se avessero trovato in azienda da me delle porcherie, a quest’ora non sarei qua a raccontare.

MESSORA: Quindi questo politico ti ha chiesto dei finanziamenti?

DI CATERINA: Era la mia parte politica. Io sono un imprenditore di sinistra. Mi sono reso disponibile, certamente. Sono anche convinto che ho fatto bene. Certo, ho fatto l’errore di non inquadrarli correttamente nelle situazioni previste dalle norme. Voglio dire, anche nei pasticci che si sono verificati mi ci sono trovato perché ero convinto di fare correttamente e invece ho preso uno svarione. Ma questo capita. Poi comunque queste situazioni dovranno essere esaminate e giudicate dalla Magistratura. Io adesso sto avendo le prime soddisfazioni dalla Magistratura, perché da quando ho sollevato il polverone…

MESSORA: Ma poi cosa è successo? Ti sei accorto che di questi soldi poi se ne faceva una destinazione d’uso che non era concordata, pattuita, che non era quella che pensavi? Cosa è successo?

DI CATERINA: No, quel periodo lì si è chiuso. Poi non è che uno tutta la vita può continuare.

MESSORA: Ti sei reso disponibile e basta.

DI CATERINA: Io i primi anni del 2000 ho esaurito questa situazione di finanziamento. Ma i miei erano un po’ i finanziamenti speciali, perché i finanziamenti mi era stato promesso che dovessero ritornare indietro, infatti poi li ho richiesti indietro. Io ad un certo punto ho detto “scusate, quando tornano indietro questi quattrini? Io ve li ho prestati”. Poi succede che del sistema Sesto cambia il mondo. C’è una degenerazione veramente allucinante non solo nei miei confronti, nei confronti di un altro grande imprenditore. Cioè a Sesto si crea la condizione che non chiedono più solo finanziamenti, chiedono tangenti, l’imprenditore col cappio al collo è costretto a pagare, paga, e a Sesto si è realizzato il paradosso.

MESSORA: Quindi tangenti personali, nelle tasche direttamente del politico.

DI CATERINA: Non possiamo saperlo, perché la richiesta è sempre quella, che servono al partito. Non c’è un politico che dice “dammi i soldi che me li metto in tasca”. Cioè c’è un rituale che si recita, c’è una recita a soggetto “dai, dacci una mano”, “Abbiamo bisogno”, “Ti faccio fare un grande affare però pensa a noi”. Nelle esperienze personali che ho io non ho mai trovato un politico che mi ha detto “dammi i soldi che me li metto in tasca”. Non glieli avrei dati. Anzi, personalmente a me hanno sempre chiesto soldi che servivano per la pro loco, che servivano per il partito, che servivano per la festa.

MESSORA: C’era quel consigliere comunale che se li faceva consegnare nei pacchetti di sigarette.

DI CATERINA: Questo, certo, è capitato. Ma, credimi Claudio, questo è un po’ il fatto marginale e il fatto da poveracci, gravissimo, che va combattuto, ma sono pronto ad affermare all’infinito che se esistono questi fatti marginali è perché il capo, il Sindaco non ci sta attento o è costretto a lasciar fare. Perché se lui fa cose ben più complicate, è costretto a lasciar fare queste piccolezze agli altri, è sotto ricatto anche lui. È un po’ quello che succede in questi giorni per le questioni drammatiche del contatto di alcuni personaggi con la delinquenza organizzata. I vertici, i politici dicono che non ne sapevano niente. A me viene un po’ anche da ridere, voglio dire.

MESSORA: Quasi tutta la Giunta è finita dentro. Di Formigoni è difficile immaginare che…

DI CATERINA: A me viene da ridere, perché è come se io dicessi nella mia azienda che le disgrazie che mi sono capitate sono la conseguenza del comportamento illegittimo e sprovveduto dei miei dipendenti. Non è così. Le responsabilità sono mie. Anzi, i miei dipendenti, che sono persone capacissime e intelligenti, hanno capito che mi sono fatto in quattro anche per loro. Però non c’è nessuno che ha detto “è colpa mia”. Ci mancherebbe altro! Tu mi hai detto di lavorare, io ho lavorato bene, quando uno lavora male bisogna riprenderlo, devo starci attento, insomma.
Quindi questo è un po’ il quadro della corruzione nel nostro paese. Io poi arrivo, ripeto, al punto in cui considero a Sesto San Giovanni, ma anche a Milano per la questione di ATM, anche a Segrate per la questione di ATM, a Sesto mi occupo di trasporti e di edilizia, negli altri Comuni mi occupo solo di trasporti, arrivo a non sopportare più questa condizione di corruttela e di concussione diffusa, questo malaffare generalizzato e mi ribello, comincio a denunciare ancora una volta, fare istanze ai primi cittadini, agli assessori, che sono pubblici ufficiali. Io ho letto sul tuo blog che un giovane dice “ma Di Caterina sta dicendo delle storie, perché lui ha fatto delle lettere. Sarebbe dovuto andare alla Procura della Repubblica”. Io probabilmente sono fatto all’antica, io so che quando c’è un problema vado dai Carabinieri, vado dalla Polizia, vado dal Sindaco. Sono queste le autorità che poi hanno l’obbligo. Certo, anch’io in qualità di incaricato di pubblico servizio, non solo avrei potuto andarci ma ho l’obbligo anch’io di farlo. Ma io volevo coinvolgere sul territorio tutti i soggetti responsabili, perché ero consapevole al massimo che poi sarebbero insorte le difficoltà che si hanno nel denunciare questi costumi di malaffare e di crimine ai Magistrati. Qui poi il discorso diventa infinito. Voglio dire, io a Segrate, partendo dal 2006, arrivo a fare denunce precise e circostanziate e le invio alla Polizia, alla Finanza, ai Carabinieri, al Sindaco, ai Vigili Urbani, perché mandandole a cinque sono quasi sicuro che se uno vuole insabbiare, gli altri ci stanno anche attenti. Lì succede il paradosso. Non solo le forze di polizia non indagano e non fanno i controlli che io avevo chiesto di fare, demandano al Sindaco, che io avevo denunciato in comportamenti scorretti nell’assegnazione della gara, e questo fa dei controlli farlocchi, falsi, chiedendo al competitor “scusa, Di Caterina dice che stai facendo queste cose che non vanno bene” e quello dice “No, no, vanno benissimo!”. E lui scrive alle forze dell’ordine “guardate che abbiamo chiesto e ci hanno assicurato che è tutto a posto”. Quindi siamo alla farsa.

MESSORA: Quindi il tessuto marcio non soltanto a livello imprenditoriale, politico, diciamo anche all’interno delle forze che dovrebbero tutelare e verificare questo sistema.

DI CATERINA: Negli ultimi dieci anni lo sport preferito della politica italiana è stato quello di ridurre alla fame le forze di polizia e privarle delle corrette possibilità di lavoro, secondo il mio punto di vista, e continuare a martellare ai fianchi la Magistratura privandola delle risorse strutturali necessarie e mettendole in una condizione anche di criticità psicologica. Perché se io faccio il Magistrato e devo sentirmi dire che sono pazzo, che sono incapace di vestirmi perché ho un calzino rosa e uno bianco, che…

MESSORA: Poi magari ti mandano in Sudamerica in missione speciale.

DI CATERINA: Che forse ho scheletri negli armadi e che se sono una PM ho passato il mio tempo a baciarmi sulla scrivania, tu capisco che qualche problema poi a livello di Magistratura viene fuori. Noi oggi se abbiamo questa situazione di corruzione drammatica è perché i Magistrati sono stati messi nella condizione di stare nell’angolino, non hanno potuto fare il loro lavoro. Infatti se noi torniamo al 1992, quando è scoppiata Tangentopoli, l’occasione che si era creata dopo questa bomba che scoppiò è stata completamente persa. Non solo, ma la politica – non di Berlusconi, bisogna essere onesti – si è immediatamente attivata per creare delle leggi pro corruzione, perché fu attuata una riforma di un articolo di Codice Penale che di fatto ha permesso di rubare a gogò, cioè l’abuso in atti d’ufficio è stato depenalizzato ed è stato perseguibile solo in presenza di vantaggio patrimoniale, presenza della mazzetta. Siccome la mazzetta ormai non si toccava quasi più, c’è stata la possibilità di rubare e di fare quello che si è voluto.

MESSORA: Questa legge anticorruzione che sta per passare adesso ti convince?

DI CATERINA: Assolutamente no. Io voglio vedere adesso cosa viene fuori, ma anche questa è una legge pro corruzione. Cioè, se tu cerchi chi ha già pagato e chi è in un rapporto di corruzione e poi se denuncia lo condanni, come sta venendo fuori con questa legge… E’ questa la novità, cioè io denuncio e sicuramente mi prendo tre anni. Questo è pazzesco, è folle. Perché io se sono vittima e mi sento vittima, io devo andare da un PM e innanzitutto il PM mi deve ascoltare, perché qui c’è un problema anche da considerare, io debbo constatare che questa obbligatorietà dell’azione penale è obbligatoria fino a un certo punto. Perché sulla mia pelle ho vissuto e sto vivendo che ho denunciato fatti gravissimi, perché se io denuncio che l’azienda monopolista fa sparire 100 milioni all’anno ma ce ne sono altre di cose in questa azienda da vedere, perché potrebbero essere 200, 300. Se è vero quello che dice la Corte dei Conti – e io condivido ma il valore per me è più alto – e cioè che le pubbliche forniture pagano un 40% in più, due sono le cose: o sono degli incapaci o stanno rubando. Allora se è vero quello e se è vero che io ti ho detto che ci sono 100 milioni che vedo sparire, io penso che in un paese normale dovrebbe scattare l’esercito, blindare questa situazione e fare un’analisi, una TAC, e verrebbe fuori il marcio. Questo non viene fatto. Quindi qualcuno mi dovrebbe spiegare, in qualità di cittadino, perché non c’è questa presa immediata di posizione. Cioè noi vediamo che nella lotta alla criminalità organizzata, la lotta alle mafie, abbiamo dei personaggi che sono dei segugi eccellenti, che sono capaci, partendo da un’intercettazione telefonica, a tirarti fuori delle matasse e a sbrogliarle. Perché non lo fanno per la corruzione questo? Non hanno le leggi per farlo? Bene, i Magistrati dicano all’opinione pubblica che bisogna ribellarsi e far fare le leggi per fare questo. La corruzione non si può eliminare in una democrazia, perché tutte le democrazie sono sieropositive. Se io ho la tua delega a rappresentarti e a fare i tuoi interessi, e se questi interessi alcune volte li faccio all’interno della stanza del potere, se non sono obbligato a rendere trasparente il tutto – e qui ci sarebbe da discutere sulla trasparenza – è facile che io qualche piccolo abuso prima o poi lo faccio. Può andare dal fisiologico abuso della cena a base di pasta e fagioli e mi sta bene, quando poi si arriva invece al caviale non mi sta bene più; a base di Barbera mi sta bene, quando poi si arriva allo champagne non mi sta bene più.

MESSORA: Basterebbe notare che qualsiasi ordinamento giuridico in uno Stato funziona quando ha dei meccanismi di controllo.

DI CATERINA: In Italia non c’è controllo, è impossibile controllare. Quindi la democrazia, nascendo sieropositiva, ha bisogno costantemente di un controllo fortissimo per tenere bassa la stima della corruzione. Se tu non controlli… Quindi secondo il mio punto di vista è impensabile ipotizzare una democrazia vergine. Abbiamo dei piccoli esempi nel nord Europa, ma sono situazioni molto piccole per dimensioni e per culture forse che sono possibili in quanto avanti centinaia di anni rispetto a noi.

MESSORA: Io volevo farti fare un po’ il politico. Cioè volevo chiedere a Di Caterina, in conclusione di questa chiacchierata che penso volga al termine, che cosa serve secondo lui in questa democrazia, in questa Italia per risolvere o quantomeno mitigare fortemente il meccanismo perverso della corruzione? Cioè lui che cosa farebbe? Innanzitutto che sistema vorrebbe? Vorrebbe un sistema italiano dove ci sono delle leggi e non si può assolutamente avere dei privilegi o tutelare i propri interessi nelle forme che invece accadono negli Stati Uniti oppure vorrebbe un sistema dove le lobby sono legali, come negli Stati Uniti, secondo lui è più sano? Qual è il Di Caterina pensiero?

DI CATERINA: Il Di Caterina pensiero è che io vorrei un paese in cui la legalità fosse attuata a livelli molto molto più alti. Quindi in questa situazione, in questo momento, non posso che pensare ad una fortissima alleanza con i Magistrati e con le forze dell’ordine. Le modalità da adottare bisognerebbe discuterle. La realtà che io imprenditore quando vedo che c’è del marcio debbo avere la possibilità di andare a bussare ad una porta che non è quella del Sindaco, perché se il Sindaco è nella condizione più marcia possibile ed immaginabile, non può darmi risposta. Perché nel nostro paese dovremmo tutti renderci conto che lo spirito di legge non è garantito dai giudici, come in America, per esempio, nel nostro paese è garantito dai politici che amministrano. In America il Magistrato vive in un regime di Common Law dove il Giudice, oltre ad applicare la legge nella maniera più corretta, applica anche il comportamento del buon padre di famiglia. Se tu hai preso una sbronza ti condanna a bere acqua per una settimana, se tu hai preso una sbronza e hai sporcato la strada, pulisci la strada. Da noi non è possibile. Da noi esiste un sistema delle leggi che è impostato, credo, sul Civil Law. Questa è una garanzia di erogazione di servizi di giustizia ad alto livello.

MESSORA: Il Common Law in realtà è la possibilità per il Magistrato di fare giurisprudenza, cioè le sentenze diventano norme poi.

DI CATERINA: Come da noi nel diritto amministrativo. Solo che nel diritto amministrativo questo fenomeno ha portato a situazioni che fanno mettere le mani nei capelli. No, io mi riferivo invece alla possibilità che il giudice, nel Common law, oltre che a fare giurisprudenza, assume i comportamenti del buon padre di famiglia, a dire “guarda, tu stai sbagliando. Questo non lo devi fare e ti dovresti comportare in questo modo. Ti condanno a questa pena diversa dal carcere”. Cioè questo crea nell’opinione pubblica anche un’esigenza di corretto comportamento e di corretto bisogno di legalità. Da noi questo non c’è, perché la nostra giustizia non funziona, quindi c’è un problema, la giustizia arriva dopo X anni e il crimine viaggia alla velocità del suono. Nel momento in cui ho denunciato, tra sette anni saprò se ho ragione o se ho torto, se sono innocente o se sono colpevole, ma oggi vengo escluso dal sistema, io divento uno da tenere fuori, perché non sono più affidabile. Come si fa a chiedere i soldi a uno che ha denunciato che ha pagato? Mica è matto il politico! Poi sono un pericolo per tutto il sistema della corruzione. Parlo e quindi metto in crisi. È evidente che il nostro sistema è zoppo per una precisa volontà della politica che ha interesse a mantenerlo così com’è e quindi a portare avanti il marciume, che non è solo negli appalti pubblici. A me si drizzano i capelli quando penso a quello che è successo nella trattativa Stato-mafia. Se fosse vero, come purtroppo comincio a credere sia vero, che lo Stato ha fatto saltare per aria due magistrati che volevano portare una ventata di pulizia nella nostra società, è drammatico, è da rivoluzione. Questo è da rivoluzione. Spero che si possa fare pacifica, ma ho i miei dubbi, perché quando di mezzo c’è uno Stato che si rivolge a quelli che adoperano il tritolo, una rivoluzione civica e pacifica comincia ad essere un po’…

MESSORA: Tu hai deciso di mettere tutte queste riflessioni, più altre approfondite, in un libro. Innanzitutto perché l’hai fatto?

DI CATERINA: Pur non essendo capace di scrivere libri, io sono capace a scrivere lettere commerciali molto bene, ma racconterò un po’ il sistema della corruzione italiana, racconterò un po’ la possibilità di ridurre la corruzione e racconterò sulla possibilità di trovare soluzioni per il cambiamento.

Trascrizione a cura di Maria Laura Borruso
Tratto da Byoblu.com

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Il video con l’intervista

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