Il C.S.A. Mezza Canaja domenica 12 in Via Carducci
"Rompiamo l'assedio dei pregiudizi"
In questi ultimi tempi i temi della legalità e della sicurezza sono stati al centro del dibattito politico nazionale, occupando spesso le prime pagine di Tg e quotidiani e com’era logico aspettarsi, anche Senigallia non è stata da meno.
Legalità e sicurezza sono ossessivamente, paranoicamente e continuamente presenti in ogni parte della vita socio-politica cittadina, dalle prime pagine dei giornali locali fino ai discorsi ufficiali di buon anno.
Sicuramente gran parte del merito va agli "insicuri di sempre", ovvero ai commercianti, per i quali al calare delle vendite si dovrebbe rispondere con un aumento della polizia, logica, a nostro parere, alquanto bizzarra se non inquietante; eppure prevedibile.
Quello che invece un po’ ci stupisce è che la giunta di centrosinistra che ci governa, non solo trovi il tempo per agitare continuamente le bandiere della legalità e della sicurezza come principale argomentazione politica – evidentemente il modello "Cofferati-Pisanu" sta facendo scuola – ma che, in data 08/11/’05, abbia approvato all’unanimità un progetto denominato "Legalità ed integrazione nel rione Porto", che di legalitario non vede mancare nulla, ma d’integrazione non ha neanche la "i", anzi , come già alcuni hanno coraggiosamente detto, rischia di assumere derive xenofobe se non razziste.Sicuri che ghettizzazione, repressione ed ancor di più xenofobia e razzismo non facciano parte del vocabolario politico della sinistra cittadina, vorremmo, per l’appunto, porre alcune domande a quei partiti che questo progetto l’hanno votato ed a tutte quelle realtà associative che, probabi lmente a loro insaputa, a questo progetto hanno aderito.
Ci e vi chiediamo quale integrazione possa mai essere portata avanti con la videosorveglianza, (9.000.00 euro per tre telecamere) , con i controlli polizieschi (30.177 euro, stanziati dalla Regione, per 2 vigili 350 giorni l’anno per controllare gli assembramenti, gli esercizi commerciali e i phone center), con i dissuasori (2.000.00 euro spesi, ad esempio, per panchine o altre strutture in cui è scomodo sedersi onde evitare il famigerato bivacco) e con una non meglio precisata banca dati per schedare, controllare e quindi reprimere i "non-bianchi"?
Ci e vi chiediamo se 4 portabiciclette, 8 panchine, 4 fioriere, insieme ad iniziative d’animazione (spettacoli, manifestazioni, mercatini e incontri) ed a non meglio precisati "mediatori culturali", invece d’integrare realmente, non rischino d’apparire come arroganti e pretenziosi "portatori d’obbligata e superiore civiltà" e quindi di recitare il ruolo della comparsa nel vecchio gioco del "bastone e della carota".
Ci e vi chiediamo se, in un mondo d ove la legalità ha sempre meno a che fare con le forme più elementari di giustizia sociale, non possa essere tendenzialmente pericoloso perseverare nella loro separazione? Non pensate che così facendo le tensioni ed i conflitti invece di risolversi, peggiorino o addirittura si moltiplichino.
Ci e vi chiediamo se, in realtà, sotto l’ammiccante ed invitante espressione "riqualificazione urbana" non si nasconda la lenta ed inarrestabile intenzione di rendere più bello ed abitabile il quartiere porto – che è cosa buona e giusta – non per chi ci abita già, ma per chi, a lavori ultimati, potrà permettersi i costi esorbitanti delle abitazioni "riqualificate".
Ci e vi chiediamo se la logica e diretta conseguenza di queste politiche, ovvero il fatto che nessun migrante, ma anche molti italiani, potranno permettersi quelle cifre e saranno così, guarda il caso, costretti ad andare altrove, invece di risolvere il problema, non lo spostino semplicemente e drammaticamente altrove. Uno sgombero senza l’utilizzo della forza pubblica è "dire qualcosa di sinistra"?
Infine, ci e vi chiediamo se non possa essere un inquietante e pericoloso precedente sacrificare porzioni più o meno consistenti della nostra libertà in cambio di un non chiaro e precisato aumento della percezione della nostra sicurezza.
Sono solo domande, domande il cui scopo è essenzialmente quello di far riflettere. Domande fatte da chi pensa che l’integrazione sia un percorso difficile, duro, contraddittorio e non privo di scontri e conflitti, che però nessun controllo e nessuna repressione potranno mai evitare del tutto. Domande che possono trovare una risposta solo incontrandosi con le diversità, accettandone anche i rischi, perché solo così è possibile conoscersi e riconoscersi.
Per questo, per "rompere l’assedio dei pregiudizi", domenica 12 febbraio, dalle ore 18.00 alle 20.00, saremo in Via Carducci con musica, cibo e parole da con/dividere con chi ci abita, che sia migrante – regolare o clandestino, italiano o altro!
Domande che invitano la giunta, i partiti e tutto il mondo dell’associazionismo coinvolto in quest o progetto a fermarsi, perché, a volte, ritirarsi non significa tornare indietro ma ricominciare!
C.S.A. 1/2 CANAJA

























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