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Gran finale per il festival organistico di Senigallia

Tanto pubblico anche per l'ultimo appuntamento col concerto di Giampaolo De Rosa

Giampaolo Di Rosa

Giovedì 16 agosto, nella chiesa Santa Maria della Neve – Portone di Senigallia si è concluso Il Festival Organistico Internazionale “Città di Senigallia”. E’ stata una serata di un livello inusitato, per qualità, chiarezza e complessità.


Il parroco del Portone don Giancarlo Giuliani ha dato il benvenuto al pubblico che aveva affollato la chiesa, portando i saluti del sindaco Maurizio Mangialardi che era fuori città. Don Giancarlo, che fra le tante responsabilità ha anche quella di essere il responsabile del progetto del Festival Organistico, ha sottolineato come l’ undicesima edizione del Festival, che si sarebbe conclusa di lì a poco, sia stata caratterizzata da un confronto fra musiche stabilmente inserite nel repertorio di tutti i grandi Festival nel Mondo con musiche che in qualche modo, per l’organo, sono ancora sperimentali.
Uno snodo importante di questo percorso e stato il doppio appuntamento che ha riportato a rivivere gli inediti di Giovanni Morandi, coniugando la classicità di un autore stimato e conosciuto dell’800 con la sperimentazione più assoluta rappresentata dall’anteprima mondiale di un inedito.

In questa ottica, è stata una punta avanzata iI concerto di Corinaldo che ha proposto un programma da Bach ai Genesis con una linearità e una coerenza sorprendenti.
Anche il concerto finale, e non poteva essere diversamente, si è inserito in questo progetto sperimentando fino a che punto si può portare, rimanendo lucidi e sobri, la struttura del “discorso” classico nella contemporaneità.

Giampaolo di Rosa ha voluto spiegare con la musica, non a parole, cosa intende per arte dell’improvvisazione. Il grande pubblico quando sente parlare di improvvisazione pensa subito al Jazz in cui il discorso viene frammentato e spezzato, in una parola destrutturato. Giampaolo di Rosa invece partendo da tema proposti dal pubblico ha dimostrato come da frammenti differenti per epoca e contenuto si riesca a costruire un discorso musicale strutturato di almeno quindici minuti.
E’ la riproposizione dell’arte della retorica, intesa in senso classico: l’arte del parlare con chiarezza e non come ormai per lo più s’intende, la retorica come arte del vaniloquio per non farsi capire.
Tutto il concerto si può interpretare come la preparazione della dimostrazione d’improvvisazione finale: dall’iniziale omaggio a Bach, il classico dei classici, a César Franck (1822-1890), Félix-Alexandre Guilmant (1837-1911) e Charles-Marie Jean Albert Widor (1844-1937).

I tre autori centrali del concerto sono tutti e tre francesi della seconda metà dell’800 e della prima del ‘900. Il periodo d’oro di un certo modo di intendere l’arte in una Francia, che in quel periodo tentava di imporre la sua egemonia culturale. Per i francesi allora come oggi il “discorso” ha una valenza strategica: tanto per intenderci, in Francia, una volta all’anno, la televisione trasmette un dettato, e tutta la nazione, compreso M. le Président de la République, torna virtualmente sui banchi di scuola per sperimentare a che punto conosce la propria lingua, creando un evento irrinunciabile per ogni transalpino che voglia sentirsi tale.

Giampaolo di Rosa partendo da l’inno eucaristico, “Signore, da chi andremo?”, a “All we need is love” e passando per il “Gloria di Loudes” ed altri tema, tutti proposti dal pubblico, ha creato un opera musicale unica e irripetibile eppure classica. Il pubblico ha capito, ha dimostrato tutta la sua ammirazione con insistenti applausi fino ad un bis ancora più ardito, ma questa volta scherzoso, concludendo una rassegna, che come ha detto il direttore artistico M° Federica Iannella, presentando l’ultimo concerto di questa XI edizione, “ci ha visto impegnati ad offrire cultura e divertimento sostenuti da qualità tecniche ed umane”.

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