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E-commerce: rimozione dei vincoli per una maggiore competitività

Poca competenza da parte degli utenti e limiti legislativi fanno dell'Italia il fanalino di coda della UE

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Netcomm ha elaborato uno studio che esamina lo stato attuale dell’e-commerce e mette a fuoco le difficoltà legate agli acquisti digitali nel nostro Paese. Oltre a motivi legati al retaggio culturale, le aziende sono ostacolate da una normativa che deve essere semplificata.

Il primo dato analizzato sottolinea il basso numero di attività legate al commercio elettronico, paragonate alla media europea e ai potenziali clienti. Solo il 4% delle aziende italiane vende online mentre la media negli altri Paesi europei è più alta ma, soprattutto, tale percentuale è bassa se la si paragona al numero di acquirenti. I potenziali clienti, infatti, sono aumentati da 9 a 16 milioni tra il 2012 e il 2015. I negozi italiani non riescono ancora a sfruttare quel “made in Italy” che rappresenta un sigillo di garanzia e potrebbe assicurare introiti economici decisamente interessanti, in tutti i settori dell’e-commerce. Il fatturato di chi percorre la strada delle vendite online parla di aumenti a due cifre: si tratta di un incremento del 20% all’anno che ha interessato gli ultimi sei anni. Le aziende hanno di fronte un business reale ma alcune problematiche ne ritardano la digitalizzazione.

Le difficoltà che bloccano

La prima questione è di ordine culturale: un articolo del Sole 24 ore parla dell’Italia come del “fanalino di coda nella UE digitale” ponendola al 25° posto su 28 Paesi. Sono carenti, infatti, le competenze digitali: un terzo degli italiani non usa internet e chi lo utilizza non compie attività complesse, rallentando l’evoluzione del commercio elettronico. I negozi online trovano in queste problematiche gli ostacoli al loro sviluppo ma molti hanno ovviato alle difficoltà affidandosi ad aggregatori di e-commerce come  www.amazon.it o www.livingo.it che si occupano di promozione dei negozi partner. Un marketing personalizzato e diverse campagne assicurano ai negozi un target specifico, realmente interessato ai prodotti.

I limiti della legislazione italiana

Dal punto di vista fiscale e legislativo, le recenti disposizioni nazionali si rivelano restrittive per l’e-commerce. I vincoli che ne derivano ostacolano le importanti opportunità di sviluppo che il digitale rappresenta. Netcomm ha elaborato delle proposte per allineare le certificazioni fiscali riguardanti chi vende prodotti per corrispondenza in rete con un commercio elettronico indiretto e quelle di chi vende servizi digitali. Questa proposta del Consorzio è dettata dal fatto che la normativa riguardante il commercio elettronico indiretto è in linea con le disposizione sulla fatturazione europea dell’Iva, mentre quella inerente la vendita dei servizi digitali risulta penalizzante. Un altro punto debole riguarda i pagamenti effettuati tramite via informatica e telematica: in tema di sicurezza la legislazione italiana obbliga le aziende ad adottare il sistema di autenticazione “forte” ma, oltre alla Strong Authentication, andrebbero ricercate altre metodologie di autenticazione che renderebbero più semplice il rapporto commerciale con gli utenti stranieri.

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