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Tutto il pianeta in piazza. La Città Futura aderisce alla Marcia Globale per il Clima

"Quello che è sul tavolo di Parigi ci riguarda, tutti! Come cittadini e come abitanti di Madre Terra!"

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Marcia Globale per il Clima

La conferenza sul clima è anche una conferenza sulla pace per due ordini di ragioni: fermare il riscaldamento globale significa diminuire i rischi di conflitto per le risorse; e nello stesso tempo sostituire le fonti fossili con l’energia pulita e l’efficienza vuol dire ridurre il rischio di nuove guerre per il petrolio“.

(Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo Greenpeace Italia)

Domenica 29 novembre 2011, milioni di uomini e di donne si mobilitano in tutto il mondo per chiedere ai rappresentati dei governi, che il 30 novembre si riuniranno a Parigi, di trovare un accordo per il clima che possa assicurare un futuro giusto e sostenibile a tutti gli abitanti di questo pianeta.

Anche La Città Futura di Senigallia aderisce alla Marcia Globale per il Clima Quello che è sul tavolo di Parigi ci riguarda, tutti! Come cittadini e come abitanti di Madre Terra! Perché è in gioco la nostra sopravvivenza su questo pianeta!

L’influenza dell’uomo sul sistema climatico è dimostrata con ricadute disastrose su tutti i continenti ed è colpa dei combustibili fossili che continuiamo a bruciare.

Con la concentrazione di biossido di carbonio che è aumentata a livelli senza precedenti l’atmosfera e gli oceani si sono riscaldati, la quantità di neve e di ghiaccio è diminuita, il livello del mare si è alzato, la desertificazione sta interessando sempre nuove aree, si ripetono con frequenza sconosciute fenomeni meteorologici devastanti, e questo, lo sappiamo, accade sempre più spesso anche nel nostro Paese!

A maggio, secondo l’Agenzia americana per gli oceani e l’atmosfera, la concentrazione d’anidride carbonica in atmosfera era di 404 parti per milione, ben al di sopra, quindi, del livello di sicurezza (350 parti per milione) indicato dal Comitato intergovernativo per i cambiamenti climatici, l’IPCC, per stare entro il limite di un aumento di 2°C della temperatura media globale rispetto all’era pre-industriale.

Tale limite dei 2°C è stato posto dall’ IPCC come confine da non superare per evitare effetti caotici e disastrosi del clima.

Una vera e propria svolta epocale per le concentrazioni di CO2 in atmosfera, un livello che non era mai stato raggiunto negli ultimi 23 milioni di anni ed è il segnale evidente che il riscaldamento globale sta procedendo più velocemente di quanto si pensasse e molto più in fretta delle mancate risposte che fino ad oggi sono venute dai governi e dal sistema economico del nostro pianeta.

Come ha scritto la rivista Science: “Oggi noi respiriamo un’aria che nessuno dei nostri antenati dell’intero genere Homo ha mai respirato“.

Se non riusciremo a gestirli, i cambiamenti climatici accresceranno il rischio di conseguenze gravi, generalizzate ed irreversibili per l’essere umano e gli ecosistemi del nostro pianeta.

Le emissioni costanti di gas serra provocheranno un ulteriore riscaldamento e delle alterazioni di lunga durata di tutti gli elementi del sistema climatico, aumentando così il rischio di conseguenze vaste e profonde che colpiranno tutti gli strati della società e l’ambiente naturale.

In questi anni gli scienziati dell’Ipcc hanno fornito dati e scenari che, sempre con un maggior grado di certezza, confermano che il cambiamento climatico è reale, è causata da noi, e sta già causando danni sostanziali a noi ed al nostro ambiente.

Questi rapporti ribadiscono un punto fondamentale: dobbiamo agire, subito!
L’aumento del livello del mare e gli estremi climatici, come ondate di calore, inondazioni e siccità, saranno sempre più frequenti e se non si interverrà subito le fondamenta stessa della nostra società, tra cui la sicurezza alimentare, le infrastrutture, l’integrità degli ecosistemi e la salute umana, saranno in pericolo, con un impatto più immediato sui più poveri e più vulnerabili, con la crescita di conflitti violenti e milioni di rifugiati climatici.

Le Nazioni Unite hanno stimato che, negli ultimi 20 anni, circa il 90 per cento delle grandi catastrofi planetarie è stato strettamente connesso con eventi climatici, ed hanno causato enormi perdite umane (606mila persone) ed economiche (tra i 250 e i 300 miliardi di dollari). In Italia, solo per le alluvioni, negli ultimi sette anni abbiamo avuto danni economici per oltre 10 miliardi di euro e centoventisei morti.

Vanno anche considerati i dati relativi ai profughi e rifugiati di natura ambientale e climatica, che nel 2013 arrivava a 22 milioni di persone, e che, sempre secondo le stime dell’ONU, raggiungerà i 250 milioni nel 2050.

Nonostante gli appelli delle associazioni, delle Organizzazioni non Governative e dei giuristi, però, ancora oggi lo status di rifugiato climatico non viene riconosciuto a livello internazionale, e ciò impedisce a milioni di persone la protezione giuridica necessaria alla propria sopravvivenza e al proprio sviluppo.

Nel 2009, alla Conferenza per il Clima di Copenaghen venne istituito il Green Climate Fund, che prevedeva il finanziamento di 100 miliardi di dollari da parte dei paesi industrializzati per quelli in via di sviluppo al fine di incrementare le loro azioni nella riduzione delle emissioni, nell’utilizzo delle rinnovabili e delle tecnologie pulite e nell’adattamento ai cambiamento climatici.
Ad oggi quel fondo non arriva a 10 miliardi di dollari!

La Conferenza per il Clima si svolgerà a Parigi, proprio dove ci sono stati gli attacchi terroristici che ci hanno profondamente impressionato e colpito.
Deve essere chiaro a tutti che affrontare i cambiamenti climatici significa affrontare una delle minacce maggiori alla sicurezza globale.

Pochi giorni fa, il Presidente Obama ha citato uno studio della National Academy of Sciences che dimostra come la reiterata siccità in Siria tra il 2008 e il 2010 (a cui è seguita una riduzione della produzione di frumento), causata dai cambiamenti climatici, sia uno dei fattori scatenanti della guerra civile in Siria oltre che dello sviluppo del terrorismo, i cui effetti tragici stiamo vedendo sulla pelle dei abitanti di quella area e, anche, come impatto, su tutti i Paesi occidentali.
Oggi il mondo che abbiamo davanti a nostri occhi è profondamente cambiato rispetto a quello di qualche decina di anni fa, e siamo consapevoli che tanti cambiamenti stanno avvenendo molto in fretta.

In solo due generazioni le attività umane hanno oltrepassato la capacità della Terra di sostenere le nostre società in modo stabile. C’è da essere preoccupati, molto preoccupati.

Il testo negoziale da cui si parte a Parigi, prevalentemente a causa della mancanza di volontà politica da parte degli attori chiave, non consente ancora di assumere impegni concreti, vincolanti, di riduzione delle emissioni clima-alteranti.

Al summit sul clima del 2013, per superare lo stallo nel negoziato, fu scelto di lasciare alle nazioni la facoltà di decidere in che misura si volevano impegnare per contenere l’effetto serra.
160 Paesi, che rappresentano il 93% delle emissioni globali, hanno comunicato ufficialmente i loro obiettivi, gli impegni e le azioni che i Governi nazionali intendono adottare per la riduzione delle emissioni globali di gas serra post-2020. Più dell’80% di queste dichiarazioni contengono obiettivi quantificabili. Adesso che sono stati resi noti, possiamo affermare che gli impegni volontari manifestati dai Paesi non saranno sufficienti a contenere il riscaldamento al di sotto dei due gradi centigradi della temperatura media globale rispetto ai livelli pre-industriali e cioè entro i limiti indicati dall’IPCC per evitare pericolose interferenze con il sistema climatico.

La stima che si fa, sulla base dei contributi arrivati, è che l’aumento della temperatura media globale arriverebbe a 2,7 gradi, contro i 3,8 o 4,5 stimati dall’IPCC in assenza di politiche correttive.
E i 2 gradi vengono considerati dagli scienziati come un valore limite tra un cambiamento climatico pericoloso e uno molto pericoloso, che comporterebbe lo scioglimento dei ghiacci in Groenlandia ed Antartico occidentale, una siccità e una desertificazione molto estese in vaste aree del globo (Africa, Australia, Europa Mediterranea, Stati Uniti) e la conseguente estinzione di molte specie animali e vegetali.

In questo contesto in Italia si sta già registrando un trend di aumento di temperatura pari a più del doppio di quello globale, con un aumento di 1,4°C rispetto al trentennio 1971-2000 e di 2,4°C rispetto alla media dal 1880 al 1909. Anche per il 2015 dobbiamo annotare un nuovo record e quest’anno si avvia ad essere registrato come quello più caldo da quando, alle fine del 1800, si sono iniziate a registrare le temperature atmosferiche.

Secondo il Centro euro-mediterraneo per i cambiamenti climatici entro la fine di questo secolo la temperatura italiana rischia di arrivare a più 7,5 gradi in alcune aree del Sud. Con queste temperature sarà impossibile fare agricoltura, scompariranno i ghiacciai alpini sotto la quota di 3.500 metri con tutte le conseguenze sulla disponibilità di acqua. Nei prossimi trent’anni rischiamo di avere un’agricoltura con un taglio delle rese del 50 per cento nelle coltivazioni di riso, grano e mais, un aumento insostenibile di consumi di acqua, un allargamento degli attacchi parassitari.
I cambiamenti catastrofici del clima che, se continua questo trend, stiamo volontariamente scegliendo di imporre ai nostri figli e nipoti – e a innumerevoli generazioni dopo di loro – non potranno plausibilmente essere annullati per centinaia di anni o più.

Dalla World Meteorological Organization (Wmo) viene un ammonimento chiaro: “Il tempo gioca contro di noi. Il biossido di carbonio resta per centinaia di anni nell’atmosfera ed ancora più a lungo nell’oceano. L’effetto cumulativo delle emissioni passate, presenti e future di questo gas si ripercuoterà sia sul riscaldamento del clima che sull’acidificazione degli oceani.
Le leggi della fisica non sono negoziabili” !

E’ ancora possibile fermare il peggio – praticamente senza alcun impatto sulla crescita, come hanno chiarito gli scienziati dell’Ipcc – ma se non agiamo subito le generazioni future non potranno adattarsi alla rovina climatica che stiamo per consegnargli se continua la nostra inerzia decisionale.
Per contenere il livello della temperatura al già elevato valore dei 2 gradi, che produrrà in ogni caso conseguenze poco prevedibili sulle condizioni climatiche globali, è necessario un abbattimento drastico delle emissioni gas serra alteranti con il progressivo abbandono delle fonti di energia fossile e il contestuale raggiungimento del 100 per cento di energia proveniente da fonti rinnovabili entro il 2050.

È necessario, dunque, pianificare un abbandono graduale di tali risorse e procedere a una riconversione del settore energetico, edilizio, agricolo, zootecnico, dei trasporti che consenta di raggiungere la neutralità emissiva nel più breve tempo possibile.

Questa è l’unica strategia che potrà darci risultati concreti non certamente la cosiddetta geo-ingegneria o ingegneria climatica, una vera e propria manipolazione del clima di cui sono ignoti gli effetti su larga scala. Questi progetti, assieme allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio, sono proposti, non a caso, dai responsabili del riscaldamento globale per non ridurre le emissioni inquinanti. Il rimedio sarebbe peggiore della causa e le conseguenze non governabili.

Perché l’appuntamento di Parigi non fallisca vogliamo che gli accordi che verranno decisi siano vincolanti e globali, con obiettivi determinati, monitorabili e aggiornati. Che si imponga la riduzione e il progressivo azzeramento delle emissioni di gas a effetto serra e l’attivazione di misure che pongano come limite massimo di innalzamento delle temperature la soglia di 1.5°C.
Vanno progressivamente abbandonate le fonti di energia fossile e contestualmente va raggiunto il 100 per cento di energia proveniente da fonti rinnovabili entro il 2050.

Con l’Enciclica “Laudato si’”, la prima dedicata all’ambiente, Papa Francesco rivolge un appello a tutti noi: “L’umanità è chiamata a prendere coscienza della necessità di cambiare stili di vita, di produzione e di consumo, per combattere questo riscaldamento o, almeno, le cause umane che lo producono e lo accentuano“.
Per raggiungere l’obiettivo di salvare il nostro ecosistema, e noi stessi, si impone l’urgenza di un accordo globale tra i responsabili politici sui rischi dei cambiamenti climatici.
E’ ancora possibile fermare il peggio, disponiamo ancora per poco tempo di opzioni utili a mitigare e ad adattarci a questi cambiamenti.

L’essere umano è passato dall’essere una piccola presenza su un grande Pianeta a una presenza devastante su un Pianeta che scopriamo sempre più piccolo e interconnesso. Si tratta di un cambiamento radicale che necessita di una nuova consapevolezza.

La nostra casa è diversa, anche l’aria che respiriamo è diversa.
Siamo tutti nella stessa barca, condividiamo un pianeta, condividiamo un’atmosfera, condividiamo un sistema climatico: è ora di agire, subito!

da Marco Lion
La Città Futura Senigallia
www.lacittafutura.info

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