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Amore e morte, scienza e conoscenza: Senigallia Notizie intervista Mina Welby

Colloquio sul marito Piergiorgio in attesa della presentazione de "L'ultimo gesto d'amore" - VIDEO

Mina Welby

Mina Welby è una donna molto lucida e molto disponibile a raccontare al telefono la propria esperienza. Dal rapporto con il marito Piergiorgio alle sue battaglie per l’autodeterminazione dell’individuo si può scorgere il filo che lega il suo passato e il suo presente: accettare le cose per come vengono, in modo normale, ma  coscientemente e scientemente. La sua etica e la sua forza d’animo sono singolari e degne di essere ascoltate.Mina (all’anagrafe Wilhelmine Schett, nata a San Candido nel 1937) conobbe Piergiorgio Welby quando era già affetto da distrofia muscolare. Da allora il loro rapporto è sempre stato vissuto nella coscienza di ciò che sarebbe dovuto accadere.

Il momento culminante fu nel 1997, quando Mina chiamò i soccorsi in seguito ad una crisi respiratoria del marito.
Per assicurare la sua sopravvivenza, egli fu attaccato ad un respiratore automatico in seguito ad una tracheotomia. Ciò lo spinse a chiedere più volte che gli venisse “staccata la spina”, ma la sua richiesta non fu subito accolta in quanto pareva contrastante con le leggi in vigore.
Fino al 2006, quando chiese ufficialmente  di porre fine all’accanimento terapeutico. Il 20 dicembre secondo la sua volontà, è stato sedato e gli fu staccato il respiratore.

Nel 2011, ospite del programma “Vieni via con me” su Rai 3, Mina lesse un elenco delle ultime frasi pronunciate dal marito che suscitò la solidarietà, ma anche le polemiche per il tema sotteso e scottante dell’eutanasia esposto su un media pubblico.

Mina Welby sarà a Senigallia l’8 maggio a presentare il suo libro “L’ultimo gesto d’amore, in cui rievoca quei fatidici giorni di dicembre, ma anche fatti, aneddoti precedenti del rapporto con Piergiorgio vissuti con passione e intensità nonostante la presenza condizionante della distrofia muscolare.

L’ultimo gesto d’amore” è il titolo del libro. Amore come rispetto della volontà di Piergiorgio, amore vissuto nella sua malattia, amore come fonte di volontà e speranza senza fine…una sorta, per così dire, di “Eros e EU-Thanatos”. Come ha fatto a superare i primi momenti di disappunto, a cambiare idea e quindi a supportare la volontà di Piergiorgio?

Adesso mi è facile pensarlo, ma in quel periodo io inizialmente non riuscivo a capire. Vedendo come comunicava in particolare col professor Marino (Ignazio, oggi senatore del PD, ndr) tre giorni prima della morte capii quanto grande fosse la sofferenza di Piergiorgio e capii quanto stesse male. Fino a quel momento egli nascondeva ciò senza farmi soffrire. Lì io ho capito e mi sono detta: “Devo essere d’accordo con lui. Se il medico darà esecuzione alla sua volontà non potrò essere contraria, non può morire senza sapere che io sono d’accordo con lui“. Mi sono resa conto che lui aveva fatto una battaglia in solitudine.

Piergiorgio WelbyPiergiorgio sosteneva che “chi non è capace di vivere non è nemmeno capace di morire“: è quindi possibile spiegare in poche parole a un pubblico generico il concetto scomodo di “eutanasia”, che fa discutere, in base alla sua esperienza?

La morte di Pierorgio non è stata eutanasia, nel senso stretto del termine. Eutanasia vuol dire dare la morte a una persona con intenzione, su sua richiesta. Piergiorgio aveva chiesto di interrompere la terapia che teneva viva la sua sofferenza, ma non si trattava di somministrare qualcosa che lo facesse morire. Questo è importante sapere.
Per un uomo la somministrazione di un prodotto che fa morire sarebbe suicidio assistito; l’interruzione di terapia è praticata normalmente dai medici e non è eutanasia. La persona ha diritto di non volere terapie che ritiene essere non giuste per la sua vita. L’articolo 32 della nostra Costituzione prevede che nessuno è obbligato ad accettare terapie che non vuole.

Quindi contro il cosiddetto “accanimento terapeutico”.

Addirittura si studiò se fosse un caso di tale tipo, e si disse che non lo era perchè la respirazione artificiale non è accanimento, bensì mantenimento di vita. Ma non si tratta nemmeno di questo: quando uno chiede di non sottoporsi a terapie non per questo esse dovrebbero essere accanimento, ma semplicemente finalizzate a mantenere la vita. Ma nel caso di Piergiorgio, la vita era talmente difficile perchè era gran sofferenza, si sentiva soffocare nonostante la respirazione artificiale.
Posso capire quelle persone che, ad esempio, non vogliono la tracheotomia. Io dico: se non la vogliono, parlino col suo medico e non si facciano ricoverare perchè, una volta arrivati in Pronto Soccorso, si viene “intubati”. Da qui sarà molto difficile che un medico le lascino morire. E gli si dia un medicinale che le faccia addormentare. Quando nel 1997 Piergiorgio ebbe la prima insufficienza respiratoria, io avrei dovuto fare questo, ma non avevamo parlato col nostro medico. Pensavamo che morire sarebbe stato molto più facile di quello che in raeltà si è poi rivelato.

Suo marito, in una famosa lettera al Presidente Giorgio Napolitano (riportata nella parte finale del libro), definì l’eutanasia – singolarmente – come “morte opportuna“, ovvero un “approdare a un porto”; e addirittura come “processo di apprendimento”. Può chiarire e approfondire tali concetti?

La “morte opportuna“, per Piergiorgio, era quella delle persone anziane quando sono stanche del vivere e sentono di aver completato la propria vita; o la presenza di malattie molto gravi, spesso genetiche (come appunto la distrofia muscolare o la SLA), quando si esaurisce il fisico. E’ un periodo di declino della nostra vita. Dopo la tracheotomia, io e mio marito abbiamo riflettuto su tale concetto. Lui era solito dirmi: “Nel 1997, quando mi portasti in ospedale, non ero ancora pronto”. Lui concepiva la morte come una parte della vita, voleva “vivere la morte”.

Dopo la morte di Piergiorgio (2006), si è battuta affinchè fosse creato il registro dei testamenti biologici al X Municipio di Roma. Un evento che ha avuto successo, tanto da essere ripreso in altri Comuni d’Italia (e di recente anche a Senigallia). Com’è nata la sua battaglia?

Sapevo che in Germania già esisteva – prima che divenisse legge di Stato – un database telematico nel quale più di 8 milioni di Tedeschi Mina e Piergiorgio Welby in una vecchia fotoavevano rilasciato le proprie volontà per la fine della loro vita. Sentii che anche in Italia erano stati fatti approcci di tal genere, senza però essere pubblicizzati. Conoscevo un notaio a Firenze che, al prezzo di 1 euro, autenticava le volontà dei cittadini.
Allora mi chiesi: perchè ciò non si potrebbe fare allo sportello del proprio Comune? Feci questa proposta a un convegno del mio Municipio, e il presidente Sandro Medici acconsentì.
Avemmo difficoltà perchè una mozione dovette essere ritirata in quanto non tutti erano d’accordo; ma alla fine si fece una delibera di Giunta, votata e subito applicata. Dopo una settimana ci fu un “assalto” di persone che volevano depositare il testamento biologico, e di ordinazioni.
Con Beppino Englaro  avevamo depositato 8.000 firme di cittadini al Comune, ma esse non sono state mai prese in considerazione nè in commissione nè in aula. Ora, però, stiamo raccogliendo 50.000 firme per un referendum al fine di estendere il registro dei testamenti biologici a tutta la città. Le prime 100 firme sono state appena depositate, aspettiamo la risposta e i moduli.

Il ddl Calabrò nel 2008 (sorto in seguito alla vicenda di Eluana Englaro), affermava che “idratazione e alimentazione artificiale non possono essere subordinate alla volontà del paziente“, e quindi “non oggetto di dichiarazioni anticipate“. Un provvedimento di fronte al quale lei ha ritenuto che “bisognasse far qualcosa“. Perchè?

Prima che venisse stilata la legge, sul “decreto salva-Eluana” del Governo Berlusconi avevamo iniziato la prima raccolta firme per il registro a Roma, racogliendo in un pomeriggio, nel corso di una grande manifestazione in Piazza Farnese, oltre 1.000 firme. In un mese ne raccogliemmo quindi 8.000.
Le persone sapevano e capivano che idratazione e alimentazione artificiale erano dei trattamenti sanitari e non unicamente “sostegno vitale”.
Ma io mi chiedevo in parallelo: se queste sono sostegno vitale, perchè non lo è anche una cura antibiotica o una ventilazione artificiale? Perchè si può staccare un respiratore e non un sondino?
Questo era il punto del nostro contendere.

Nelle pagine del libro lei afferma di essere credente. Come riesce a conciliare la sua fede con i veti opposti dalle gerarchie cattoliche prima e adesso? Come viene vissuta la sua fede?

Mina Welby, "L'ultimo gesto d'amore"- colloquio con Pino Giannini (Edizioni Noubs, 80 pp.)Vivere vuol dire anche accettare il morire. Quando delle terapie sono futili e troppo pesanti per il malato si possono anche interrompere. Non si vuole così procurare la morte, ma si accetta di non poterla impedire.
Non è suicidio programmato. E’ diritto naturale della persona il poter morire quando è ora. E per Piergiorgio era l’ora.
Quando, nel 2002, egli ebbe il secondo peggioramento della malattia, disse di farsi mettere un sondino per farsi nutrire: non era ancora pronto a morire.
Credo che accettare il morire faccia parte della nostra fede. Vivere bene non significa godere di benessere, ma anche accettare inconvenienti quotidiani. Non accettare la sofferenza, ma fare in modo di superarla. Noi l’abbiamo fatto, ma quando abbiamo capito che non c’era più la possibiità di non soffire, Piergiorgio ha detto “Basta!”: non c’era più nulla da inventarsi.

Interessante è la sua definizione di “etica” in conclusione del libro: “non chiedere niente a nessuno“, cioè “libertà“. Quali consigli si sente di dare a chi vive la vostra medesima esperienza o a chi si accinge a fare ricerca e chiarezza in questo campo?

Io posso dare la mia testimonianza. Mio padre non tornò dalla prigionia in Jugoslavia e mia madre accettò la sua morte. Io avevo 10 anni, ma ero molto attenta alla sofferenza di mia madre: di notte la vedevo fare i suoi lavori in casa con la finestra aperta perchè inizialmente non credeva che suo marito fosse morto. Anni dopo vidi un paraplegico portato dall’ospedale a casa sua, in mezzo all’allegria dei suoi fratelli. Prendere in modo normale le situazioni difficili della vita è stato il mio atteggiamento nel rapporto con Piergiorgio.
La mia etica è accettare le cose come vengono, trovare le ve d’uscita con coscienza e conoscenza; anche pregando, ma mettendosi nell’ordine dele cose e meditando sull’importanza dela vita e su ciò che possiamo dare col nostro corpo agli altri.
Il motto dell’Associazione “L. Coscioni”, di cui faccio parte (co-Presidente, ndr) è infatti: “Dal corpo del malato al cuore della politica“, per aiutare e suggerire agli altri: non è tanto difficile, ce la puoi fare anche tu.

Per saperne  e approfondire di più, Mina Welby presenterà il suo libro “L’ultimo gesto d’amore” alla Biblioteca Antonelliana di Senigallia in un incontro organizzato dall’Associazione “Luca Coscioni” e il Comune di Senigallia.
Saranno presenti Stefano Gemini, segretario provinciale dell’associazione “Luca Coscioni”; il dott. Stefano Pagliarini, segretario dell’associazione Radicali Marche;  e il dott. Carlo Girolametti, Consigliere comunale di Senigallia.

Commenti
Ci sono 6 commenti
Andrea Cesanelli 2012-05-07 11:32:32
un'ottima testimonianza utile a far chiarezza sul tema importantissimo del Fine Vita e della libera scelta, speriamo sia occasione di riflessioni obiettive a molti e che la cosa ci aiuti a far cambiare la mentalità un po' antiquata di questo paese.
O. Manni
Paul Manoni 2012-05-07 12:43:01
Si, si Andrea...Speraci!
Con le idio-supercazzole di Perini sul registro delle Unioni civili, a me sembra proprio che anzichè andare avanti ed adeguarci al resto dei paesi d'Europa, qui si sia ingranata la marcia indietro, che on tutta probabilità ci porterà ad un novello MEDIOEVO!
O. Manni
Paul Manoni 2012-05-07 12:47:13
Complimenti sentitissimi a Simone.
Alla fine ne e' nata una eccellente intervista a Mina!
Ringrazio infinitamente anche la redazione di "Senigallia Notizie".
Andrea Cesanelli 2012-05-07 14:28:03
caro Paul la crisi economica può avere due risultati: rimbuttarci nel medioevo con riduzione di diritti e intontimento delle coscienze con vecchie superstizioni inutili o dannose oppure può dare al popolo italiano lo sprone a darsi quel colpo di reni che spesso le situazioni drammatiche stimolano e projettarlo ad una fase di civilizzazione avanzata, io non so cosa accadrà e personalmente sono pregno di pessimismo della ragione, ma nel mio piccolo lotterò sempre per la seconda opzione
Valeria Bellagamba 2012-05-08 00:18:38
Intervista molto interessante, esaustiva e completa. Bravo!
O. Manni
Paul Manoni 2012-05-08 09:45:15
Il DDL Calabrò, per fortuna e' fermo in un cassetto del Parlamento, e nessuno ha intenzione di tirarlo fuori e risolevare ancora il vespaio, ma io tutt'oggi, a distanza di quasi un anno dal passaggio alla camera, mi chiedo come sia stato possibile, approvare un testo di quel genere.
Secondo i politici che lo hanno votato, un sondino nasogastrico non e' da considerare una cura, e quindi non e' possibile inserirlo tra i trattamenti sanitari rifiutabili attraverso un Testamento Biologico, coerentemente all'Art. 32 della Costituzione comma 2. Tutto questo e' stato deciso da una classe politica sostanzialmente incompetente in materia sanitaria, ed occorre ribadirlo, SENZA INTERPELLARE UNA COMMISSIONE MEDICA SCIENTIFICA.
Un medico ti infila una sonda nel naso per alimentare artificialmente, attraverso una macchina quindi, il tuo corpo di persona morta, e tutto questo non e' da considerare un trattamento sanitario (!).
Capite perchè e' assolutamente allucinante una legge liberticida come il DDL Calabrò. 18 anni ha dovuto aspettare Beppino Englaro, per eder riconoscere a sua figlia, quelle che erano le sue volontà e quello che era un suo diritto. Dopo tutto questo tempo, l'unico schifo di legge che e' stata capace di partorire la politica, nonostante l'Art. 32 precedentemente citato sia già più che sufficente ad assolvere qualsiasi esigenza in materia di fine-vita, e' stato il DDL Calabrò!?
Ma come fanno a non vergognarsi tutti quanti questo nauseabonda andazzo!?
Auguriamoci che il Presidente della Repubblica non firmi per manifesta incostituzionalità questa Legge oscena qualora la votassero anche al Senato; nel caso la sottoscrivesse, suppongo che si possano innescare a livello individuale da parte dei parenti dei malati valanghe di ricorsi alla Magistratura ordinaria, quindi fare ricorso alla Corte Costituzione e se non bastasse anche alla CEDU per violazione dei diritti umani; se nemmeno in tali sedi si ottenesse il giusto riconoscimento di quello che e' un diritto, non rimane che il referendum abrogativo, che potrebbe anche avere succcesso; i risultati dei sondaggi sul Testamento biologico, parlano di una percentuale che sfiora l'80% dei cittadini italiani a favore. Quelli degli ultimi referendum invece, indicano che i cittadini sono stufi di far la parte del “popolo bue” e di sentirsi trattare dai politici con l’equivalente della famosa battuta del Marchese del Grillo: “Io so’ io e voi ‘un siete un ca..o”.
Ci vediamo stasera alla Bibblioteca! ;)
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