SenigalliaNotizie.it
Versione ottimizzata per la stampa

L’Italia non finisce a Senigallia: breve ricerca sul dialetto gallo-italico

Il nostro idioma rintracciabile anche in altre regioni, dal nord al sud della penisola

Senigallia.org

La Rocca roveresca di SenigalliaUna delle prime nozioni impartite all’alunno di una scuola elementare senigalliese (almeno negli anni Settanta) da sempre è stata: "Senigallia si chiama in questo modo perché fondata da popolazioni di origine celtica; i Galli Senoni". I Galli, nome con cui i Romani denominavano i Celti, si insediarono infatti nelle Marche settentrionali nel IV secolo a.C, e fondarono la città di Senigallia a scapito dei Piceni che fino a quel momento avevano avuto il controllo di tutto il territorio marchigiano.

Alla guida di Brenno le tribù galliche impartirono ai romani una memorabile sconfitta nel 389 a.c. e si ritirarono da Roma solo dopo il pagamento di un oneroso riscatto.
Dopo la battaglia del Sentino del 295 a.C., però, i Romani acquisirono il controllo di tutta la regione e anche della zona fino a quel momento occupata dai Galli Senoni.

L’area occupata che andava dal Nord dell’Esino alla città di Rimini (Ariminum) venne chiamata dai Romani "Ager Gallicus".
Iniziò da quel momento l’espansione romana verso l’Adriatico.
Ecco quindi spiegata la differenza sostanziale tra i dialetti parlati a nord dell’Esino (gallo-marchigiani) e i dialetti marchigiani centrali e meridionali.

Senigallia, nell’area dialettale gallo-marchigiana, rappresenta a sua volta una un mondo a sè stante.
Senigallia e la sua zona (Corinaldo, Monterado, Ripe), pur appartenendo indubbiamente all’area gallo-italica che caratterizza i dialetti di gran parte dell’Italia settentrionale, subisce influssi non trascurabili dei dialetti marchigiani centrali e dei dialetti di derivazione egubina della zona di Pergola, che si fanno ancor più marcati nelle aree limitrofe di Corinaldo, Ripe, Monterado, San Lorenzo, Castelleone di Suasa e in parte nella zona di Ostra.

Forse, per questo, a volte negli stadi o nei raduni di certe forze politiche circola da qualche anno quello che non oseremmo definire un proverbio né un modo di dire ma più che altro uno slogan che è uno sfottò goliardico e un po’ razzista: "L’Italia finisce a Senigallia". A livello idiomatico sicuramente Senigallia rappresenta una frontiera tra due mondi linguisitici profondamente diversi, specie per noi che in questi luoghi viviamo.

Le Marche (forse per questo l’unica regione al plurale) hanno addirittura al loro interno tre aree linguistiche e sono prive di un vero e proprio dialetto marchigiano che caratterizzi la regione come avviene per il veneto o per il toscano.

Crediamo non ci sia niente di più distante tra il dialetto pesarese e il dialetto sambenedettese ad esempio, e questo fa in modo che non si possa parlare di "dialetto marchigiano" e forse è anche questo il motivo per cui nella nostra regione non c’è un sentimento regionalistico così marcato come in altri luoghi.

Ma Senigallia è veramente l’ultimo baluardo dell’idioma Gallo-Italico?
In linea di massima questa considerazione può essere giusta, ma se andassimo ad analizzare la questione nel dettaglio ci accorgeremmo che non tutto è come appare.
Lo sapevate, ad esempio, che isole linguistiche gallo-italiche esistono, anche se in declino, in certi comuni e frazioni del promontorio del Conero come Varano, Passignano, Camerano, Poggio e alcune zone di Numana e Sirolo?
In queste aree linquistiche si sono conservate fino all’ultimo dopoguerra peculiarità tipiche dei dialetti a nord dell’Esino; tra tutte, la caduta delle vocali atone, specie quelle finali che nel dialetto anconetano rimangono invece ben salde nella pronuncia.

Tutto questo trova la sua origine secondo gli storici, in migrazioni e stanziamenti di popolazioni gallo-celtiche in epoca pre-romanica. Le incursioni gallo-italiche nella penisola però non si fermano qui. In fondo il promontorio del Conero è solo una ventina di chilometri a sud del fiume Esino.
La Basilicata, la Sicilia e la Sardegna però sono a migliaia di chilometri dalle regioni in cui si parlano lingue appartenenti alla famiglia delle lingue gallo-italiche.

Mappa linguistica dei dialetti in ItaliaEbbene, in Basilicata nei comuni di Potenza, Picerno, Pignola e Tito (quadrilatero gallo-italico potentino) si parla un dialetto settentrionale assai simile ai dialetti settentrionali delle Langhe e del Monferrato.
Si narra, infatti, che nel Medioevo guerre e carestia fecero migrare da quelle terre verso la Lucania gruppi di contadini piemontesi che arrivarono nel quadrilatero potentino e ivi stabilirono la loro dimora.
Nel golfo di Policastro si stabilirono invece migranti di origine ligure che qui trovarono a Trecchina caratteristiche orografiche conformi alle zone che avevano lasciato.

La stesso fenomeno, ma in aree molto più estese, si è verificato in Sicilia dove il gallo-italico siciliano è una realtà viva e vitale.
Dialetti di derivazione Gallo-Italica si parlano in centri anche molto grandi della provincia di Enna (Piazza Armerina, Nicosia, Sperlinga, Aidone), della provincia di Messina (San Fratello, Acquedolci, San Piero in Patti, Montalbano in Elicona, Novara di Sicilia) in un quartiere della provincia di Catania (Randazzo) e in alcune zone del siracusano.
Qui la migrazione è avvenuta in periodo normanno nel secolo XI per la volontà dei popoli conquistatori di ripopolare quelle zone con coloni e soldati provenienti dal Nord Italia specie dal Piemonte, dal Ponente Ligure, dalla Lombardia e dall’Emilia.

In Sardegna un’area gallo-italica è costituita dal dialetto tabarchino dell’Isola di Carloforte, dove dopo mille peripezie si insediarono un nucleo di pescatori di corallo liguri originari di Pegli.

Tutto questo per dire che l’Italia non finisce di certo a Senigallia, come piacerebbe agli inventori di sana pianta della Padania (ovviamente ci riferiamo a quelli meno intransigenti poiché per i duri e puri il confine naturale della Padania rimane il Po).

Di certo, l’Italia linguisitica gallo-italica ha come suo limite meridionale la nostra città, ma, come abbiamo visto, è un confine non definito e si trovano delle enclavi gallo-italiche in molti luoghi della penisola.

E pensate allo sbigottimento di chi scrive quando, cercando documenti sui dialetti gallo-italici siciliani, si è trovato di fronte ad una poesia in dialetto piazzese di Piazza Armerina intitolata "Na sera d’autunn"….

di Simone Tranquilli

Simone Tranquilli
Pubblicato Mercoledì 14 dicembre, 2011 
alle ore 11:36
Come ti senti dopo aver letto questo articolo?
Arrabbiato
In disaccordo
Indifferente
Felice
D'accordo

Commenti
Ci sono 12 commenti
à 2011-12-14 13:57:45
Quilly...
... essendo tu, com'è noto, ignorante come una capra e non avendo mai letto un libro in vita tua, da dove hai fatto il copia-incolla?
Paolo 2011-12-15 08:31:44
copia-incolla
Non conosco nessuno dei due contendenti, comunque ringrazio l'autore dell'articolo (anche se si fosse servito del copia-incolla) per averci erudito sull'argomento.
MARIO CAMMAROTA 2011-12-15 09:42:36
A PROPOSITO DI CURIOSITA' LINGUISTICHE
HO TROVATO IL TESTO FORTEMENTE INTERESSANTE.IN PARTICOLARE CON RIFERIMENTO ALLE ENCLAVI GALLO-ITALICHE AL SUD. A TITOLO DI MERA CURIOSITA' POSSO DIRVI, PARLANDO E CONOSCENDO DISCRETAMENTE LA LINGUA ROMENA, CHE IN QUESTO IDIOMA UOMO, NEL SENSO DI INDIVIDUO MASCHIO SI DICE "BARBAT".NON DI RADO HO SENTITO DIRE, DA PERSONE DELL'IMMEDIATO ENTROTERRA SENIGALLIESE, A DEFINIRE IL PROPRIO MARITO, LA CURIOSA ESPRESSIONE "BARBATO". QUESTO IN EVIDENTE CONNESSIONE CON IL TERMINE "BARBA". VEDETE QUINDI QUANTE COMMISTIONI INASPETTATE LA DIFFUSIONE DELLA LINGUA LATINA DETERMINA NEI LUOGHI PIù DISPARATI. CIO' SUGGERISCE , EVIDENTEMENTE, UNA PIU' PRUDENTE E ATTENTA RICONSIDERAZIONE DEI COSIDDETTI CONFINI ETNICI, CON BUONA PACE DEGLI ALACRI MA NON SEMPRE BEN INFORMATI ATTIVISTI PADANI. MI ASPETTO DA VOI ULTERIORI APPROFONDIMENTI SUL TEMA DEI DIALETTI, E IN PARTICOLAR MODO SULLE ENCLAVI DIALETTALI E LINGUISTICHE CHE SPECIALMENTE MI ATTRAGGONO. SALUTI CORDIALI E COMPLIMENTI!
livio 2012-02-06 01:21:15
La differenza tra il Senigalliese e l'Anconetano qual'é fondamentalmente?:il primo tronca gran parte delle parole togliendo la vocale finale,il secondo no.Esempio:(arruginito),in dialetto senigalliese é:ruginit,in anconetano:ruginito.La differenza é abissale per questo?Non mi sembra.Se poi consideriamo che l'accento,il modo di parlare é praticamente uguale,com'é possibile che si possa dire che il dialetto gallo-italico si fermi drasticamente a Senigallia, escludendo totalmente Ancona dalla zona dove si usano parole gallo-italiche,addirittura come fosse una città umbro-romana?.Se il troncamento finale delle parole fosse una prerogativa basilare per stabilire la gallicità di un dialetto allora anche il dialetto campano e il dialetto pugliese lo sono,in quanto anche loro troncano la maggior parte delle parole.E il dialetto veneto dove il troncamento é quasi inesistente allora,come fa ad essere considerato gallico?Ne é stato dispensato?E' chiaro,che i fattori per stabilire se un dialetto é gallico non sono quelli summenzionat,ma altri,tipo:storici,grammaticali,fraseologici, ecc.In quanto al fatto che sono considerati gallo-italici,non é dovuto al fatto di essere discendenti di quei antichi galli,ma sono così definiti perché,come é avvenuto per la lingua italiana questi dialetti hanno assimilato termini francesi durante l'epoca Napoleonica.Ciao a tutti con simpatia,Livio.
livio 2012-02-07 01:53:00
Caro Simone,nel tuo commento mi sembra di ravvisare delle affermazioni non proprio veritiere.Ad esempio tu affermi che:Dopo la battaglia del Sentino del 295 a.c. della regione.....che andava dal Nord dell'esino alla città di Rimini e che venne chiamata "Ager Gallicus". .... Ecco spiegata la differenza sostanziale tra i dialetti parlati a Nord dell'Esino (gallo-marchigiani e i dialetti centrali e meridionali).Senigallia ,nell'area gallo-marchigiana,rappresenta a sua volta un mondo a se stante.Dunque che cosa mi meraviglia di queste affermazioni:1)la conquista romana di certo unificando le terre a sud e a nord dell'Esino contribuirono ad unire e non certo a dividere le due zone sia politicamente,sia linguisticamente.2)Il dialetto romagnolo e quello gallo-italico senigalliese (ed anche Anconitano)ha un'origine neolatina,al pari della lingua italiana e del dialetto toscano.Questi dialetti ,secondo Friedrich Schurr eminente linguista,acquisirono i loro caratteri distintivi fra il VI e VIII secolo d. c.( ben 900 anni e oltre la comparsa dei galli Senoni in quelle zone)quando ciò che restava dell'Esarcato(rimanendo sotto l'influenza Bizantina) si trovò isolato politicamente e culturalmente dal resto della Val Padana che finì sotto il dominio Longobardo.(fu in quel periodo di ben 400 anni che si formò l'alleanza,non solo militare detta Pentapoli trale città di:Rimini,Pesaro,Fano,Senigallia e Ancona).Quindi in conclusione queste parlate o dialetti sono basilarmente neo-latini,di cui del resto del latino abbiamo ampi testi letterari e benché sia considerata una lingua morta essa é ancora oggi una lingua usata dagli studiosi di tutto il mondo e usata per determinare termini scientifici,addirittura lingua ufficiale di uno stato nazionale e sovrano(la Città del Vaticano).Ma per contro su quali testi letterari,libri conosciamo quale fosse di preciso la lingua ,la cultura dei galli-Senoni.?Lo studioso Guido Laghi ha individuato 2 termini derivati dalla lingua degli Ostrogoti che sono entrati nel Romagnolo (ma anche penso nel Senigalliese e nell'Anconitano)Trincare e ronfare(trinchèr,trincà-runfèr,rònfà)ovvero bere smodatamente e russare.Come ho già detto si chiamano gallo-italici quei dialetti assunto termini francesi sotto il dominio Napoleonico,come del resto li ha assimilati la lingua italiana.Ma la base formatasi dei linguaggi lungo la costa adriatica nei secoli VI,VII,VIII ,e l'influenza del dialetto veneto accomunano ancora oggi i territori ex Bizantini(detta Romània)e che andavano dal Po a Bologna lungo la costa adriatica fino a Senigallia ed Ancona comprese.(queste sono le vere ragioni e regioni gallo-italiche ,altro che essere discendenti dei galli o presunti tali).Ciao Livio.
Francesco89 2013-01-31 15:22:52
Il discorso e' questo fondamentalmente: i dialetti galoitalici "puri" finiscono, secondo la maggior parte delle classificazioni, anche prima di Senigallia, all'incirca a Marotta, mentre il senigalliese E i dialetti vicini sono considerati di transizione, di una "zona grigia", mentre l'anconetano e' considerato il più settentrionale di quelli centrali.

Il fatto del mantenimento delle vocali finali e' fondamentale per distinguere le famiglie linguistiche, per cui l'anconetano, pur avendo una cadenza tipo il senigalliese, e quindi un pi' galloitalica, mantiene le vocali come nell'Italia centrale e quindi e da far rientrare tra questi...i dialetti del sud pure nn le mantengono, ma non c'entra niente...;)
Francesco89 2013-01-31 18:13:35
Se a Senigallia si ha un 70% di elementi gallici e un 30% di centrali, per ancona potrebbe dirsi il contrario...
livio 2013-05-12 11:57:00
rimango dell'idea che il discorso sia fortemente da approfondire, mi rimando al prox commento
libero 2013-07-04 15:08:50
il prof. Tagliavini di Bologna nella sua carta dei dialetti (facilmente reperibile nel web) indica la zona a Sud di Pesaro, fino a Sud di Ancona costiera, una zona di transizione, graduale dal gallico all'umbro.
Nel dialetto anconetano, come in quello senigalliese la s è spesso dolce, caratteristica tipicamente gallica, che scompare nelle campagne di Ancona e a Sud di Camerano, tranne alcune aree ad esso circostanti.
livio 2013-10-09 22:45:00
Vorrei far notare ,riguardo la cartina dialetti del Tagliavini ,che la zona tratteggiata parte non da Pesaro ma dalla provincia di Rimini compresa ,questo perché evidentemente anche nel riminese si parla un dialetto romagnolo di transizione ;cosa che non avviene per il resto della Romagna . Comunque, riguardo al dialetto romagnolo ,vorrei aggiungere che in realtà si dovrebbe parlare di dialetti romagnoli e non dialetto romagnolo come fosse un'unica lingua, visto che ne esistono varie forme. Quindi sono da considerarsi dialetti romagnoli tutti quelli sia della Romagna(a partire da Bologna) fino ad arrivare nelle Marche, Ancona e zona sud di essa comprese . Ciao,Livio.
livio 2013-10-30 23:53:27
3 caratteristiche basilari(ma ve ne sono anche altre)che distinguono i dialetti settentrionali da quelli centro-meridionali sono:1)Uso dell'articolo determinativo EL , E'(forma tronca).2)Sdoppiamento delle doppie (ad eccezione della S).3)Le parole che in italiano hanno le vocali UO (es.vUOle)diventano O (vOl,vOle);le parole derivate da esse dove la O non è accentata diventano U .(es. vUlemi )per intenderci vogliamo in italiano.Nei dialetti centro-meridionali invece l'articolo IL diventa LU,LO,U,O,IL,ER... .Poi non vi è lo sdoppiamento delle doppie;spesso vi è al contrario un rafforzamento delle stesse (es.immondizia e mondo diventano 'MMoNNeZZa ,MMoNNo ,dove la D viene tolta per rafforzare questa caratteristica.La UO rimane spesso tale con con un suono ancora più accentuato (es.scUUOOla).I dialetti definiti gallo-romanzi delle regioni Romagna e Marche seguono le caratteristiche menzionate sopra tipiche delle regioni settentrionali.Notate infatti come la frase:"mio figlio vuole la minestra prima di andare a scuola.Noialtri vogliamo il minestrone prima di andare a lavorare."Viene tradotta in Romagnolo:"E'mi fiol e vol la mnestra prema d'andè ma la scòla.Nielt(r)vulèm(i)e'ministròn prèma d'andè a fadighè."Come potete notare le 3 regoline sono rispettate.Che dire allora del dialetto Anconetano?Quali regole esso segue?Le settentrionali gallo-romanze o le centro-meridionali?Notate la frase sopra menzionata tradotta in Romagnolo ora tradotta in dialetto Anconetano:"El mi fiolo vole la mnestra prèma d'andà (m)a la scola .Nialtri vulèmi el ministrò prèma d'andà a fadigà."Notata qualche similarità?Le caratteristiche sono le stesse.Di conseguenza i dialetti parlati nelle regioni Romagna e Marche settentrionali fino ad Ancona e zona a sud di essa,sono da considerarsi settentrionali o (gallo-romanzi).Qualcuno potrebbe obbiettare:che dire allora del troncamento della vocale finale di molte parole e della pronuncia della lettera A come fosse una E ?Non è questa una caratteristica peculiare per stabilire la gallicità o settentrionalità di alcuni dialetti?Ebbene apparentemente parrebbe di si,ma in realtà non lo è,se consideriamo ad esempio che queste caratteristiche sono le stesse del dialetto pugliese,che visto sotto le 3 REGOLE è tutt'altro che settentrionale;(ad es.la parola il mare ,in romagnolo si traduce E'MèR,in pugliese:LU MèR.).Che dire poi degli altri dialetti settentrionali,come ad esempio il VENETO,dove la A rimane tale e la stragrande maggioranza delle parole non vengono troncate della loro vocale finale?.E'più settentrionale il pugliese del veneto?.Il dialetto anconetano ha tra l'altro nel suo idioma tantissime parole o idiomi di derivazione sia veneta che romagnola,quindi metterne in dubbio la sua settentrzionalità o gallicità può essere dettata solo da motivi che esulano dalla realtà delle cose e che non voglio nemmeno commentare.In ultimo eventuli linee tracciate su cartine geografiche da pseudo studiosi dialettali,che di certo non hanno la elevata competenza del Tagliavini,vorrei dire a questi che le loro divisioni in questo caso non corrispondono alla realtà dei fatti,come sopra ho cercato di dimostrarvi.Ciao a tutti con simpatia,Livio.
marco47 2016-07-04 15:00:05
quella che è oggi l'isola gallo-marchigiana del Conero, da ricordi diretti risalenti agli anni '50, era congiunta a Senigallia, o meglio, a Casa Brugiata, dalle parlate della campagna anconitana, dove i contadini parlavano il cosidetto anconetano di campagna. Esiste anche un po' di letteratura in proposito, dei sonetti e degli scritti lasciati da Palermo Giangiacomi e da Duilio che distinguono il vernacolo anconitano dall'anconitano di campagna e collocano quest'ultimo tra le parlate di tipo romagnolo. Le stesse scenette messe in onda dalla Rai Regionale tra gli anni 50 e primi '60, che vedevano quali protagonosti, Cesaro, un contadino anconetano e sua moglie Cesira, una portolota anconetana. La lingua di Cesaro, contadino che lo sceneggiatore, credo Bordicchia, collocava dimorante nella campagna di Gallignano, era chiaramente afferibile alle parlate galloitaliche marchigiane.
Io stesso, nato nell'area del Conero, quando mi trovo a parlare con gli amici di Senigallia, mi esprimo in dialetto e le due parlate sono perfettamente compatibili.
ATTENZIONE!
Per poter commentare l'articolo occorre essere registrati su Senigallia Notizie e autenticarsi con Nome utente e Password

Già registrato?
... oppure Registrati!


Scarica l'app di Senigallia Notizie per AndroidScarica l'app di Senigallia Notizie per iOS

Partecipa a Una Foto al Giorno





Cronaca
Politica
Cultura e Spettacoli
Sport
Economia
Associazioni
Fuori dalle Mura