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Concessioni balneari, la Comunità europea rimescola le carte

Rivoluzione delle licenze, all'asta ogni 6 anni: in crisi secondo l'Alvip il futuro del settore

Michele da Ale

Spiaggia di Velluto e ombrelloni a SenigalliaIn un paese, l’Italia, che da troppo tempo attende riforme, ormai storicamente definite irrimandabili, è ora una direttiva della comunità Europea ad intervenire riformando il meccanismo delle concessioni per gli stabilimenti balneari. L’industria balneare forte di circa 30.000 aziende, ora per il 90% a conduzione famigliare, rappresenta, una delle eccellenze più dinamiche e competitive, a livello internazionale del turismo nel nostro paese.

Basti pensare che, a fronte del nostro patrimonio culturale, il settore balneare esprime 1/3 della ricchezza prodotta dall’ intero comparto turistico. Il settore, superata la crisi economica, non senza sacrifici, adattatosi alla nuova realtà del mercato, ha nel complesso retto meglio di tanti altri. Pare però che ciò debba cambiare, con il decreto Milleproroghe il governo prevede dal 2015 di adottare la direttiva europea per le concessioni insistenti sul demanio marittimo.

Fino ad ora le concessioni, ogni 6 anni, venivano rinnovate automaticamente e ciò ha permesso, anche ai piccoli imprenditori, di pianificare nel tempo importanti investimenti nelle strutture.
Ora, con lo scopo dichiarato di permettere a tutti di disporre di questi beni pubblici, se ne prevede una nuova assegnazione all’asta ogni 5/6 anni.

Il meccanismo dell’ asta richiede comunque sempre un investimento base nelle strutture di 200/300 mila euro più le spese di gestione, con l’ obbligo di produrre reddito per ammortizzare l’ investimento e reperire risorse per l’ asta successiva oltre che per il proprio sostentamento, senza la certezza che la concessione venga riassegnata.
La prospettiva non è di certo incoraggiante per le piccole imprese a conduzione familiare, ma di sicuro interesse per i grandi gruppi finanziari desiderosi di investire inserendosi in un settore ancora redditizio, con l’ acquisto di più concessioni.

Basandosi su varie esperienze precedenti non è difficile prevedere che una riorganizzazione in grandi gruppi industriali, anche del settore balneare, sarà basata su una diffusa precarizzazione del lavoro, con calo dell’ occupazione e dei redditi da un lato e della qualità e competitività dall’ altro. Vi saranno poi problemi anche per artigiani e commercianti legati all’ indotto degli stabilimenti, le grandi società tendono sempre più a cercare all’estero fornitori a basso costo.

Tutto ciò andrebbe ad incidere sulla vita di circa 60.000 famiglie e su un indotto che tra diretto ed indiretto conterebbe oltre 400.000 persone che dall’oggi al domani si trasformerebbero in precari, perciò diventerebbe un problema sociale.

Dovrebbe spettare alla politica la tutela delle condizioni di vita e del lavoro dei propri cittadini.
Dovrebbe forse spettare alla politica la tutela di migliaia di piccole realtà locali capaci dal secondo dopoguerra ad oggi, grazie anche ad un particolare spirito di accoglienza tipicamente italiano, di contribuire quanto poche altre alla ricchezza del paese.
Si progetta invece di cancellare questo modello tradizionale, pagante per il nostro paese, sostituendolo con un nuovo sistema redditizio solo per poche grandi imprese, senza avere alcuna cura degli effetti devastanti che ciò può avere sul tessuto sociale.

Per questo motivo il 29 Marzo 2011 a Roma, in Piazza del Popolo gli operatori balneari protesteranno contro un Governo che finge di non capire la portata del danno che sta per infliggere al paese e l’A.L.Vi.P. (l’Associazione dei Lavoratori Vittime del Precariato) sarà al loro fianco.


dal Responsabile A.L.Vi.P. Marche
Carlo Tortarolo

Alvip Senigallia
Pubblicato Giovedì 10 marzo, 2011 
alle ore 17:43
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Commenti
Ci sono 2 commenti
Anonimo2011-03-11 07:01:15
è giusto che vengano messe all'asta le concessioni che vengono poi date in subaffitto perchè secondo me chi ha la concessione deve anche lavorare nella struttura e non guadagnare cifre considerevoli sul subaffitto della concessione falsando così anche il mercato
mob 2011-03-11 15:00:34
forse
Forse è come ha scritto l'autore del commento sopra, ma forse sarebbe anche giusto poter avere un tempo per venir remunerati degli investimenti...che ne so dieci anni. Se no, chi mai investirebbe 100mila euro se poi 5 anni dopo potrebbero ancora non essergli tornati?
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