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“Eran 300, giovani e forti. E sono morti!”: Mercantini, poeta patriota a Senigallia

Una scuola, una via e una targa ricordano la presenza in città dell'autore di celebri liriche risorgimentali

Autorà - Autoricambi Senigallia
L'insegna che ricorda l'abitazione di Luigi Mercantini

Si chiude il mini-excursus di Senigallia Notizie sui personaggi a cui la città ha scelto di dedicare le proprie scuole secondarie di primo grado (medie).


Dopo Giulio Fagnani, Giovanni Marchetti e Aroldo Belardi, l’attenzione si concentra su un poeta e patriota italiano tra i più celebri dell’Ottocento, Luigi Mercantini, che a Senigallia visse per alcuni anni, come ancora testimonia una targa posta sulla sua vecchia abitazione, che si affaccia sull’attuale Piazza Garibaldi.

Nato nell’ascolano, a Ripatransone, nel 1821, Mercantini, dopo aver insegnato ad Arcevia, si stabilì a Senigallia nel 1842, chiamato per insegnare eloquenza in seminario e poi nel ginnasio dal cardinale Testaferrata; in città appoggiò le prime riforme del neo-pontefice Pio IX, fu ufficiale della Guardia Civica e vivace sostenitore del movimento liberale locale.

Nel 1848 compose l’Inno alla Guerra, molto diffuso tra i volontari italiani nelle campagne del Lombardo Veneto, segnalandosi tra i più ferventi protagonisti della poesia patriottica legata a temi risorgimentali. Partecipò alla difesa di Ancona, assediata dagli austriaci nel 1849, dopo la quale lasciò l’Italia per Corfù e Zante, dove conobbe altri patrioti in esilio.

Rientrò in Italia nel 1852, come rifugiato politico in Piemonte, dove continuò a guadagnarsi da vivere come insegnante e giornalista. Risalgono agli anni 50′ i suoi lavori poetici più celebri: La spigolatrice di Sapri (“Eran trecento, eran giovani e forti. E son morti!”) dedicata nel 1857 al martire risorgimentale Carlo Pisacane, e L’Inno di Garibaldi, commissionato dallo stesso generale – conosciuto personalmente – l’anno successivo.

Col tempo Mercantini, in linea con altri patrioti del periodo, allentò le sue iniziali posizioni repubblicane, per avvicinarsi a quelle filomonarchiche, in nome del raggiungimento dell’obiettivo prioritario dei moti insurrezionali, l’Unità d’Italia: non è dunque sorprendente l’incarico di primo direttore del Corriere Adriatico (1860), allora Corriere delle Marche e sorta di gazzetta ufficiale del Regno di Sardegna nel periodo in cui i Savoia estesero il loro controllo sulla regione, ormai non più sotto il controllo pontificio.

Eletto deputato a Fabriano nel 1861, Mercantini rinunciò alla carica per l’incompatibilità col ruolo di insegnante di storia ed estetica all’Accademia delle Belle Arti di Bologna.

Morì nel 1872 a Palermo, città dove si era trasferito per insegnare letteratura italiana all’Università.

A Senigallia – oltre alla già citata targa e a una scuola – lo ricorda pure una via.

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