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Cuoco non pagato prende dalla cucina due strumenti: il giudice gli dà ragione

Non vede i soldi e non viene messo in regola, ma denunciato dal ristoratore per estorsione

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Mattia Calvisi

Oltre al danno la beffa. Si potrebbe riassumere così la storia di Mattia Calvisi, il cuoco 31enne di Senigallia lasciato senza stipendio dai titolari della cooperativa in cui lavorava senza contributi. Visto che non lo pagavano, ha pensato di prendersi due strumenti come “garanzia“: denunciato per estorsione, è stato prima arrestato dai Carabinieri e infine liberato dal giudice.

Una storia cominciata ai primi di dicembre 2011, quando il giovane cuoco viene contattato dall’Amministratore della Cooperativa “La Spesa sull’Aia” per lavorare nel ristorante che la cooperativa gestisce, il “Vintora” a San Marcello. Calvisi accetta, ma col passare dei giorni si accorge che qualcosa non quadra: il ristorante non va bene; alcuni soci della cooperativa che rifornivano l’attività dei prodotti si lamentano di non essere pagati, alcuni dipendenti dello staff precedente vantavano crediti non riscossi e lui non riesce più a contattare né l’amministratore delegato, né il presidente della cooperativa.

Dopo un mese circa di attività in nero, Calvisi viene finalmente rassicurato che verrà assunto con un contratto a chiamata per regolarizzare la sua posizione – cosa che poi non avverrà -, ma dei soldi ancora nessuna traccia: oltre allo stipendio mancante, il cuoco aveva anche anticipato oltre 500 euro la compravendita di alcune merci per poter far andare avanti il ristorante.

Quando arriva l’ondata di neve e maltempo dei primi di febbraio, lui si reca a vedere in che stato si trovavano i prodotti e scopre che il locale era stato dato in gestione ad altre persone: temendo allora di non esser mai pagato, si preoccupa allora di prendere due strumenti da cucina come “garanzia” dei soldi che ancora deve ricevere e solo poco tempo dopo viene contattato dall’a.d.

Dopo qualche telefonata, i due si riescono a mettere d’accordo e venerdì 17 febbraio ci sarebbe dovuto essere il pagamento dello stipendio con la restituzione del forno e della planetaria prelevati. Ma all’incontro trova anche i Carabinieri di Morro d’Alba che lo arrestano per estorsione.

Passa una notte in cella a Jesi prima che il giudice, sabato mattina, nel processo per direttissima, lo liberi derubricando il reato in esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

Difeso dall’avvocato Daniele Regni e da Francesca Angelini, il giovane è intenzionato a far dissequestrare lo stipendio – mentre i due strumenti da cucina sono stati regolarmente restituiti -, a farsi conteggiare i contributi non versati e soprattutto a chiedere i danni per una vicenda che lo ha fatto finire in una cella di Jesi, stretta, sporca e fredda, con una tavola di legno per letto e 4 coperte insanguinate per la notte.

Una storia che dovrà concludersi solo dopo che il Pm deciderà se contestare nuovamente il reato di estorsione o la sola denuncia, a piede libero, in capo al giovane che per andare avanti e mantenere la figlia è dovuto ricorrere all’aiuto della madre.

Non mi giustifico per ciò che ho fatto: sicuramente ho sbagliato a prendere l’attrezzatura da cucina, – afferma il giovane senigalliese – ma mi sentivo preso in giro oltre che danneggiato. Fortunatamente il giudice ha riconosciuto le mie ragioni. Ma i soldi, quelli per cui ho lavorato, ancora non li ho visti e per questo andrò avanti“.

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