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43 anni fa la strage di Piazza Fontana

Come ogni 12 dicembre a Milano tante celebrazioni e una grave assenza: il nome dei colpevoli

Strage di Piazza Fontana a Milano nel 1969

Sono le 16.37 del 12 dicembre 1969. All’interno della Banca Nazionale dell’Agricoltura di Piazza Fontana a Milano esplode una bomba.
14 persone muoiono sul colpo, altre 3 perderanno la vita successivamente. I feriti sono 88.

Da quel momento, Piazza Fontana diventerà in Italia sinonimo di strage: non ci sarà nemmeno più bisogno di specificare dove si trovi la piazza, per far capire a cosa ci si riferisce.

Sono passati 43 anni: Milano ricorda ancora una volta, come ogni 12 dicembre, ma quei morti e le famiglie che li hanno sofferti non hanno ancora nemmeno visto realizzato il sacrosanto diritto di conoscere il nome degli assassini.

Quello di Piazza Fontana è “soltanto” uno dei circa 140 attentati compiuti in Italia tra la fine degli anni sessanta e l’inizio degli anni settanta. E’ il periodo della “strategia della tensione”, quella teoria secondo la quale tutti gli attentati terroristici fossero figli di un ben preciso disegno politico: “strategia della tensione” e “terrorismo di Stato” spesso così finiscono per sovrapporsi e confondersi, ancor più nel momento in cui nelle azioni stragiste si scoprono le partecipazioni – più o meno nascoste – di settori statali.

Per Piazza Fontana, sembra accadere proprio questo: in quel 12 dicembre ci sono tanti morti, ma anche numerose bombe (nell’arco di un’ora, altre tre ne esplodono senza gravi conseguenze per le persone a Roma, dove un altro ordigno viene scoperto e fatto brillare).

Poi, ci sono i misteri: prima i sospetti (infondati) sull’anarchico Giuseppe “Pino” Pinelli, che durante gli interrogatori subiti sotto la direzione del Commissario della Questura milanese Luigi Calabresi finisce giù dal quarto piano e muore; quindi, altre accuse, rivelatesi del tutto fasulle, contro un altro anarchico, Pietro Valpreda.

E poi ancora indagini, nuovi sospetti, depistaggi, fino alla pista di destra, con i processi contro i militanti di Ordine Nuovo (Delfo Zorzi, Franco Freda, Giovanni Ventura, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni), condannati in primo grado ma poi assolti in via definitiva.

Sulla scia di Piazza Fontana, altri gravi fatti turbano l’Italia degli “anni di piombo”: alla tragica morte di Pinelli segue quella dello stesso Commissario Luigi Calabresi, assassinato – secondo la sentenza finale di un ennesimo interminabile iter giudiziario – dagli esponenti di Lotta Continua Ovidio Bompressi, Leonardo Marino, Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri.

Ancora oggi, a 43 anni di distanza da quel pomeriggio milanese, i dubbi non sono svaniti, e una memoria condivisa su quel periodo forse non vi sarà mai.

Rimane soltanto una certezza: Giovanni, Giulio, Eugenio, Pietro, Carlo, Calogero, Carlo, Paolo, Luigi, Vittorio, Gerolamo, Mario, Carlo, Oreste, Angelo, Carlo e Attilio sono morti senza aver fatto nulla, e ai loro genitori, figli, fratelli ed amici, non si è voluto dire nemmeno chi è stato e perché.

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