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Lezione di Cinema, parliamo di Scola

Screenshot pone l'accento sul grande maestro italiano

Ettore Scola

Il mio precedente articolo, ricorderete, voleva essere la denuncia di un problema, una richiesta di aiuto, un invito alla Movimentazione delle menti Italiane per far si che autonomamente (visto che non possono contare sullo Stato neppure da questo fronte) si avvicinino alla Storia del Nostro Cinema e sempre in allegra solitudine riescano a crearsi un bagaglio culturale dignitoso riguardo questa “sfumatura” dell’arte chiamata Cinematografo.

A tale proposito, mi sento in dovere di veicolare i vostri sguardi sull’immenso panorama Cinematografico Italiano consigliandovi letture e film, in modo da scremare l’abbondante ed ingarbugliato marasma di concetti e dogmi che concernono questo mondo, tanto affascinante quanto complesso.

Un piccolo ma prezioso consiglio che mi sento di dare a chiunque volesse cominciare ad innaffiare il proprio bagaglio di conoscenze con un po’ di celluloide misto argento, partendo da una base pari a zero o avendo qualche briciolo di rimasuglio di casuali “sentito dire”, o strascichi di conversazioni sul Neorealismo e la Commedia all’italiana, é quello di non partire dal principio, da quando tutto incominciò in quel di Francia e raggiunse la penisola stivaliforme in groppa a carretti da fiera assieme a baracche e burattini, ma di iniziare con lo studio dei Cineasti più noti e brillanti che contribuirono a far apprezzare internazionalmente il nostro Cinema.

Ora vi starete chiedendo il perché di questo studio non-cronologico, ve lo concedo e mi impegno a rispondervi con una banalissima frase : “perché altrimenti vi annoierete a morte e cadrà il vostro interesse prima di raggiungere De Sica e Zavattini“.

Anche il Cinema, se vi si approccia male, può risultare noioso e come era estremamente tedioso studiare i fossili e i dinosauri prima di arrivare alla Rivoluzione Francese (si ne ho volontariamente saltati un gran bel po’) anche in questa affascinante MATERIA che io adoro ci sono cose apparentemente soporifere e legnose, che possono risultare tali se avvicinate prematuramente.

E allora io direi di partire senza perdere troppo tempo in giustificazioni miste a perbenismi e vi invito a farlo con una delle personalità a mio avviso più affascinanti dell’orchestra Cinematografica Italiana, tale Ettore Scola.

Per raccontarvi di lui, della sua brillante carriera iniziata giovanissimo come vignettista e battutista per uno dei giornali che segnarono la storia del cinema facendo un po’ da grembo materno a moltissime personalità influenti del grande schermo italiano, ovvero il Marc’Aurelio, dovrei impiegare almeno almeno, stando stretti e risicati, dieci articoli. E voi cari amici capite bene che questo non è possibile, perciò ho deciso di segnalarvi un meraviglioso libro, divorabile senza impegno in tre quattro giorni, che vi permetterà di assimilare la giusta quantità di conoscenze riguardo a questo sceneggiatore, regista e produttore che con film come C’eravamo tanto amati, Una giornata particolare, La famiglia, La cena e tanti altri ha saputo descrivere con la sua macchina da presa, in maniera trasparente e sensibile un’Italia che cambia, una storia che si rincorre, una vita che si accende, si compie e si spegne con grande classe e pochi moralismi.

Ed anche quando la sua penna non correva ancora in compagnia del proprio obbiettivo cinematografico, ma al servizio di quello di grandiosi colleghi come Dino Risi o Antonio Pietrangeli, ecco che Scola sapeva comunque distinguersi tratteggiando, da acuto caricaturista quale era, i profili dei tanti “Mostri” che popolavano la palude Italiana, dei tanti viaggiatori di ferragosto che per “Sorpassare” la Regola, giungevano prima alla Morte, delle tante donne che lui, “conosceva bene” e che infatti riusciva a descrivere come solo le pareti delle loro intime stanze avrebbero potuto fare.

Ettore Scola, un grandioso Maestro del Cinema del quale vi invito a leggere le gesta raccontante da colleghi e critici nel libro “Trevico – Cinecittà” (a cura di Vito Zagarrio) sperando che possano questi brevi saggi scritti e raccolti sapientemente stimolarvi ad una più attenta indagine nei confronti della sua Opera. L’opera di un artista che anche ad ottantadue anni ha saputo regalarci un piccolo gioiello cinematografico “Che strano chiamarsi Federico” ( 2013), un atto di stima e di amore in omaggio al grande Fellini, suo modello e amico per la vita.

Giulia Betti
Pubblicato Domenica 22 febbraio, 2015 
alle ore 14:00
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